Cloverfield PDF 
Eva Maria Ricciuti   

ImageNon molto tempo fa si è assistito alla nascita e allo sviluppo di due nuovi generi come la docu-fiction e  il biopic, ibridi a metà tra la realtà storica e la fiction, tra realtà e fantasia. Un modo insomma per far conoscere il passato alle nuove generazioni sfruttando un mezzo moderno e a loro congeniale come il cinema o più diffusamente la tv. Oggi, nell’era di Youtube, dello scambio pear2pear e dei reality, nell’era della notizia vissuta in tempo reale e assorbita ancor prima che sia conclusa e del voyeurismo estremo, a volte persino malsano, gli autori di serie tv adrenaliniche quali Alias e Lost hanno pensato di declinare alla stesa maniera un genere di nobili origini: la fantascienza. Nasce così quella che potremmo simpaticamente definire la docu-science fiction.

Cloverfield si potrebbe collocare proprio a metà tra la ricostruzione storica di una tragedia (molte delle immagini ricordano i filmati del crollo delle Twin Towers) e Godzilla, strizzando un occhio ad Alien e al pionieristico The Blair Witch Project. Un disaster-movie godibilissimo che sfrutta l’idea a dir poco elementare del filmato amatoriale che sfocia in testimonianza della tragedia. L’uso del digitale permette una resa immediata della concitazione della vicenda, con le immagini che spesso si sfocano e ballano al ritmo della musica prima e della corsa disperata poi, l’utilizzo del visore notturno (chiunque possieda una videocamera ha utilizzato nelle riprese notturne questo discutibile espediente che fa sembrare alieni gli amici di turno, conferendogli un colorito verdognolo), e i residui di un vecchio filmato sovrascritto che fanno capolino tra un urlo e l’altro. Flashback inseriti ad arte, che ci trasportano in un passato prossimo fatto di amore e promesse, irrimediabilmente perdute ma non tradite al presente e che rende ancora più stridente il paragone con il disastro in atto. Il formato snello della pellicola, solo 85 minuti per un budget di 30 milioni di dollari, consente di mantenere viva l’attenzione dello spettatore e non lo stanca, né dal punto di vista fisico (chi non ricorda il fastidioso effetto della macchina a mano di The Blair Witch Project), né dal punto di vista emozionale o psicologico. I personaggi, sebbene non perfettamente caratterizzati, si delineano da sé nello svolgersi della tragedia e acquistano un notevole spessore, dimostrandosi coerenti con sé stessi e mai scontati. Belli, ricchi, giovani, e di prossimo successo, sono tanto più veri quanto più simili al pubblico cui è destinata la pellicola per età, gusti e aspirazioni, e gli attori - volutamente sconosciuti per evitare il processo di riconoscimento e identificazione, e in modo tale da non incorrere nell’errore di far prendere all’interprete il sopravvento sul personaggio -, sono pressoché perfetti.

L’arte dell’autore (J.J. Abrams) e del regista (Matt Reeves) è suprema nel far salire la suspense fino al limite del sopportabile e mantenerla viva dall’inizio alla fine della pellicola, e, sebbene vecchio, il trucco di non svelare, se non in fugaci sprazzi, la natura fisica del mostro si dimostra efficace e coinvolgente. Tanto più emozionante e terrificante quanto più la nostra immaginazione è viva e fertile. Certo, dal punto di visto artistico Cloverfield nulla dà e nulla toglie alla storia del cinema, ma si rivela comunque un esperimento ben riuscito (sia come mirabile operazione di marketing, sia dal punto di vista puramente ludico), su cui varrebbe la pena scommettere, magari per la nascita di un nuovo serial tv generation.

 

TITOLO ORIGINALE: Cloverfield; REGIA: Matt Reeves; SCENEGGIATURA: Drew Goddard; FOTOGRAFIA: Michael Bonvillain; MONTAGGIO: Kevin Stitt; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2008; DURATA: 85 min.

 

 


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