In concorso al Cinemambiente Film Festival (Torino, 18-25 ottobre 2002) nella sezione Corto-Mediometraggi, il documentario di Paolo Bonaldi Porto Marghera: inganno letale (coprodotto dalla Stefilm di Torino) ricostruisce la vicenda di Gabriele Bortolozzo, operaio al Petrolchimico e obiettore di coscienza alle lavorazioni del Cloruro di Vinile Monomero, cancerogeno responsabile di centinaia di decessi e infermità tra i dipendenti dello stabilimento quanto tra gli abitanti della Laguna Veneta.
Dal documentario di Bonaldi, sorretto in gran parte da interviste e immagini di repertorio, emergono chiari i limiti di un lavoro smaccatamente istituzionale e la scelta, forse inevitabile al fine di limitare il minutaggio e ottenere i finanziamenti necessari, di far ruotare tutto attorno all'ostinazione ed ai meriti (comunque innegabili) di chi ha trascinato i dirigenti del Petrolchimico in tribunale, ignorando le solite mafie, le solite autorizzazioni e sovvenzioni concesse senza verifiche, prima e dopo le due guerre mondiali, che hanno permesso l'aberrante sviluppo del polo chimico più esteso d'Europa, a ridosso di un ecosistema ineguagliabile e forse unico nel continente.
Impressione che è come rinfrancata dalla sensazione che si ha uscendo dalla sala, e cioè che la camera faccia di tutto per tenersi ben lontana dal moloch Marghera, respinta non soltanto dai prevedibili divieti di accesso imposti dagli attuali detentori del Petrolchimico, ma soprattutto da quell'intento un po' buonista e, come già detto, istituzionale, che serpeggia qua e là nel documentario, inclusa la nota al margine sul tragico destino di morte che insiste a compiersi nei, citando il Silvio nazionale, "Paesi meno fortunati", che chiosa il documentario.
Annacquato da struggenti quanto prevedibili sonate di pianoforte, dal collage di filmini Luce e Rai gravati di mancanze, dalle ossessionanti sequenze in slow motion degli operai (tra cui Bortolozzo) in uscita dal Petrolchimico, dalle foto di famiglia, dagli spezzoni di Carosello (questi sì agghiaccianti di per sé) che pubblicizzano le bacinelle Moplen, dall'assenza di periferie cresciute in un baleno e persino dai Pitura Freska, lo skyline di Porto Marghera è ridotto a semplice imperfezione controsole dell'orizzonte, sbirciata dal limite estremo della Giudecca o dal Ponte della Libertà, gremiti dal via vai di turisti.
Lavoro che probabilmente non rende giustizia all'impegno di coloro che si sono battuti (Bortolozzo compreso) per far uscire il Petrolchimico dal cono d'ombra del Miracolo italiano, con scioperi, manifestazioni, boicottaggi e libri che, in chiusura, mi permetto di segnalare a chi volesse leggere qualcosa di più sull'argomento.
BIBLIOGRAFIA MINIMA
Petrolkimiko a cura di Gianfranco Bettin, Baldini&Castoldi, Milano 1998
Giuseppe Volpi di Sergio Romano, Marsilio, Venezia 1997
Processo a Marghera di Nicoletta Benatelli, Gianni Favarato e Elisio Trevisan, Ediciclo Editore, Venezia 2002
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