Dopo mezzanotte PDF 
di Maurizio Ermisino   

Il pubblico al cinema è interessato solo ai personaggi, non ai luoghi dove si svolgono le storie. Non era così agli albori della settima arte, con le prime lanterne magiche, che riproducevano soltanto i luoghi, strade, palazzi. Ce lo dice la voce narrante di Silvio Orlando all'inizio di questo Dopo mezzanotte, con cui Davide Ferrario ritorna a Torino dopo l'ottimo Tutti giù per terra. È invece attento ai luoghi dove gira Ferrario, che ambienta questo film, che è insieme una bellissima storia sentimentale ed un atto d'amore verso il cinema a Torino, in uno dei luoghi più suggestivi dove si possa ambientare una storia del genere: il Museo Nazionale del Cinema alla Mole Antonelliana.

Martino (Pasotti) lavora proprio qui come guardiano notturno: ama riprendere volti e luoghi con una vecchia macchina da presa a manovella, ama il cinema muto di Buster Keaton e come lui parla poco e si muove in modo buffo con capitomboli e botte. E vorrebbe che la sua vita, l'amore, il mondo fossero come quello del cinema muto. Amanda (Inaudi) è fidanzata con Angelo (Troiano), ladro d'auto, e lavora in un fast food, dal quale dovrà fuggire dopo un "inconveniente" col proprio capo. Per rifugiarsi proprio nel vicino Museo del Cinema, dove incontrerà Martino.

Il film, presentato al Forum dell'ultima Berlinale, gioca con lo stile del cinema delle origini: delle lanterne magiche recupera i bellissimi giochi di luce, utilizzando quelli presenti all'interno della Mole, ma creandone altri anche all'esterno, tra i palazzi e le piazze di Torino. Dal cinema muto utilizza in modo sobrio qualche gag slapstick, le didascalie che venivano messe tra un'immagine e l'altra, lo schermo nero che si chiude ad iris intorno ai personaggi ad ogni cambio di scena.

Se la forma è una riuscitissima commistione tra un cinema d'altri tempi e le tecnologie moderne (il film è girato in digitale ad alta definizione), l'atmosfera che si respira nel film è decisamente nouvelle vague, tra Rohmer e Truffaut. Di Rohmer ci sono gli incontri casuali e sospesi tra le persone, di Truffaut la leggerezza con cui vengono trattati temi in bilico tra sentimento e dramma, come il ménage a trois tra i protagonisti che richiama Jules et Jim, la sincera passione del protagonista per la cultura, in questo caso il cinema. Una passione che riempie la vita, fa sognare, com'era per i protagonisti di The Dreamers di Bertolucci. Da ricordare la bellissima sequenza della dichiarazione d'amore sotto forma di film muto.
Nei momenti in cui è in scena Angelo ritroviamo qualche tocco delle atmosfere e dei dialoghi surreali di Marco Ponti, la sua cultura pop (come nell'esilarante scena su Ricominciamo di Adriano Pappalardo). A tratti ritroviamo la difficoltà di vivere, di arrivare a fine mese e trovare il proprio posto nel mondo che era presente in Tutti giù per terra.
Bravissimi tutti gli interpreti, da un Pasotti taciturno ma espressivo, a Francesca Inaudi, intensa e di una bellezza insolita per i canoni del cinema attuale, a Fabio Troiano, surreale e stralunato, a Francesca Picozza, l'amica sciampista, che potrebbe trasformare il triangolo in quadrilatero.
La voce narrante di Silvio Orlando dona calore alla storia, la avvolge di magia e le dà i toni di una favola, e anche questa si rivela una scelta azzeccata e fuori dagli schemi.

Il risultato è un film delicato, poetico, divertente, dall'atmosfera sospesa e sognante, che ci si sente di consigliare caldamente a chi ama il cinema.
Perché, come ci ricorda la voce di Orlando, le storie finiscono, ma il cinema continua. E continua a regalarci sogni bellissimi come questo. Con buona pace dei fratelli Lumière, che avevano definito il cinema "un'invenzione senza futuro".

 


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