Manhunter: le superfici riflettenti - Michael Mann PDF 
di Alice Sivo   

Come spesso accade nel cinema di Michael Mann, Bene e Male non sono così lontani. In Collateral si trovano addirittura nello stesso taxi, in uno scontro obbligato che si trasforma in alcuni momenti in comprensione, confronto e addirittura scambio delle parti (lo spietato killer Vincent si mostra simpatico e affascinante mentre chiacchiera all'ospedale con la mamma del buon tassista Max che sarà di lì a poco costretto a interpretare la parte di Vincent, trasformandosi in un potenziale assassino).

Anche in Manhunter: frammenti di un omicidio Bene e Male si scontrano, si confondono, si compenetrano, si specchiano l'uno nell'altro. Vetri, specchi e schermi costellano, con i loro giochi di riflessi, il percorso che porta il poliziotto Will a confrontarsi col serial killer Dente di Fata.

Come Dente di Fata si riflette nelle sue vittime dopo averle uccise, infierendo su di loro con specchi frantumati, così Will entra nella mente dell'assassino specchiandosi in lui, cercando di pensare come lui, essendo – in qualche misura – l'assassino. Non a caso la soggettiva iniziale del killer che sale le scale per raggiungere la sua vittima è identica a quella del poliziotto che torna nella casa ad indagare. E' la macchina da presa a dircelo, fungendo anch'essa, ad un altro livello, da superficie riflettente.

Manhunter è un lungo e cupo processo di affermazione di identità, attraverso il conflitto e il superamento del doppio. Will perde la ragione spingendo all'estremo l'immedesimazione con Hannibal Lecktor e, a seguito della sua cattura, subisce un tracollo psicologico che lo porta ad avere "i pensieri peggiori del mondo", come confesserà al figlio. Riacquista faticosamente la propria identità grazie all'aiuto della famiglia e degli psichiatri e di nuovo rischia di perderla nel lavoro di identificazione con Dente di Fata e nelle visite a Hannibal, vere e proprie sedute di analisi, nelle però lo psichiatra è un cannibale. In questo processo Will fa i conti col suo doppio, con la parte di sé che si trova dall'altra parte dello specchio, con la sua porzione malata. Will parla da solo come se parlasse con l'assassino e addirittura, entrando nella casa della vittima, parla come se fosse lui l'assassino: "mi vedo rispecchiato e amato nello specchio d'argento dei tuoi occhi". Perché in fondo cacciatore e preda sono della stessa razza e per ritrovare il suo fiuto e catturare l'assassino, Will non deve far altro che annusare se stesso.

Le superfici riflettenti tracciano il percorso fisico e mentale di Will. La sua casa è trasparente, piena di vetrate, così come quelle delle vittime e quella del killer. Di fronte a un vetro segnato dalle gocce di pioggia, il poliziotto minaccia l'assassino: "regoleremo i conti per sempre", gli dice. Dall'altra parte non c'è altro che il suo riflesso: Will sta parlando a se stesso. Davanti a un poliziotto che lo guarda sconvolto e ammirato, ancora una volta Will si rivolge all'assente presenza dell'assassino: "per te vedere è tutto, la vista, i riflessi, gli specchi, le immagini ti permettono di fantasticare". In quel momento trova l'anello mancante che lo porterà dritto dall'assassino. Tocca la propria immagine riflessa in una finestra: è il penultimo passo prima della frantumazione definitiva della vetrata che lo separa da Dente di Fata. Will supera la barriera e passa letteralmente dall'altra parte, con un gesto forte e rumoroso. E quando la donna che ha salvato gli chiede chi sia, risponde finalmente con sicurezza "Graham, Will Graham": con l'uccisione del doppio, l'identità è di nuovo affermata.

Dall'altra parte dello specchio c'è un killer malato e sanguinario, protagonista di momenti di inaspettata fragilità e persino di tenerezza. Dente di Fata sceglie le vittime attraverso i filmini che vede e rivede ossessivamente sugli schermi dei suoi televisori. Le spia attraverso le enormi vetrate delle loro case. Si riflette in loro attraverso i frammenti di specchi che utilizza per massacrarle. La sua estetica della ipervisione si incontra col mondo di una donna cieca che per un momento sembra portare il killer a sensazioni alternative alla sua violenza malefica. La loro storia ha dei momenti di vero romanticismo e la scena in cui Francis/Dente di Fata conduce la donna a toccare la tigre addormentata riassume tutte le contraddizioni di un personaggio malato e cattivo capace di diventare sinceramente docile e di rendere felici le persone, ma destinato inevitabilmente a risvegliarsi e a tirare di nuovo fuori denti e artigli.

Manhunter è il gioco delle parti tra due menti speculari, complesse e fragili che si conclude davanti a un calmo orizzonte con il "cacciatore", sopravvissuto nella lotta per l'affermazione dell'identità, che si riflette nelle onde, come le tartarughe che ha aiutato ad arrivare fino al mare.

 


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