Il papà di Giovanna PDF 
Francesca Druidi   

ImageGià con La cena per farli conoscere Pupi Avati aveva anticipato il tema del rapporto tra padre-figlia. Diego Abatantuono vi interpretava il genitore assente e immaturo che aveva privilegiato la carriera di attore rispetto al legame con le tre figlie, generate con madri diverse. Ma se in quella pellicola il regista bolognese aveva soprattutto gettato uno sguardo indagatore sulla crisi e sull’indebolimento della figura paterna nella società contemporanea, ne Il papà di Giovanna porta a una nuova intensità la strettissima e fondamentale relazione che esiste tra un padre e la propria figlia. Una “corsia preferenziale” all’interno degli affetti familiari, che Avati ha vissuto in prima persona nella vita reale con la figlia Maria Antonia.

Nella Bologna del 1938, Michele Casali (Silvio Orlando) è un insegnante d’arte del liceo classico Galvani. Allievo del grande Morandi, ma privo del talento del maestro, accarezzerà per tutta la vita l’ambizione di scrivere un libro sui ricordi che lo legano al celebre pittore, con il quale tenterà invano di mettersi in contatto nel corso degli anni. Sposato con Delia, una bellissima donna che però non lo ama (Francesca Neri), Michele ha instaurato una complicità privilegiata con la figlia Giovanna (Alba Rohrwacher), adolescente solitaria, problematica e non proprio avvenente, che frequenta la stessa scuola di cui è docente. Nel tentativo di spronarla a credere di più in se stessa, Michele finisce per alimentare eccessivamente in Giovanna la convinzione che esista una presunta simpatia con un compagno di classe, in realtà invischiato in una relazione con la migliore amica della ragazza, l’altolocata Marcella Traxler (Valeria Bilello). La tragedia è dietro l’angolo. Sentitasi tradita dalla compagna di banco, Giovanna pensa nella sua mente di ristabilire l’equilibrio sentimentale con il giovane, togliendola di mezzo. La uccide nella palestra della scuola. E se il delitto viene in un primo tempo ricondotto a una ritorsione contro il padre di Marcella, esponente di punta del fascismo, la verità viene presto a galla in tutta la sua dolorosa drammaticità. Nell'ambiente borghese in cui la famiglia Casali vive la vicenda provoca un forte scandalo che relega Michele Casali, sulle prime incredulo di fronte alla violenza del gesto della figlia, all’umiliazione e all’isolamento sociale. Pur di regalare alla figlia un momento di serenità, l’insegnante aveva concesso al “pretendente” di Giovanna un trattamento di favore in sede di scrutinio e per questo viene licenziato in tronco. Al fianco di Michele e Delia rimane solo il vicino di pianerottolo, l’affabile ispettore di polizia Sergio Ghia (Ezio Greggio, l’ennesima scommessa attoriale di Pupi e Antonio Avati), e la sua famiglia. Giovanna intanto non si pente, ma evita il carcere. Giudicata non sana di mente, è rinchiusa in un ospedale psichiatrico a Reggio Emilia dove resta fino all’età di 24 anni. Il nucleo familiare è però distrutto. Scesi tutti i possibili gradini della scala sociale, Michele non rinuncia a stare al fianco della figlia e si trasferisce appositamente da Bologna a Reggio, sopravvivendo con qualche ripetizione. Delia, invece, rimasta in fondo sempre esclusa dal legame simbiotico e quasi ossessivo creatosi tra padre e figlia, non riesce ad affrontare Giovanna, rifiutandosi di andarla a trovare prima in carcere e poi in manicomio. Rimasta a Bologna, vivrà un momento di felicità al fianco di Sergio, del quale era da sempre invaghita, con il beneplacito del marito Michele, consapevole dell’insoddisfazione della donna al suo fianco. Gli anni passano, anche la guerra finisce. Michele continua a prendersi cura di Giovanna, sopraffatto dai sensi di colpa e dal peso delle responsabilità che sente di avere nei confronti della figlia. L’uomo è infatti convinto di aver aggravato i disturbi della ragazza, con un atteggiamento ostinatamente iperprotettivo, esclusivo e spesso distorto nei suoi effetti. Forse le ferite aperte nella famiglia Casali potranno essere cicatrizzate soltanto attraverso una nuova possibilità di incontro tra Giovanna e sua madre, vittime di un rapporto distorto, reso probabilmente ancora più complicato dalla grande differenza fisica tra le due.

Dalla trama ricca di raccordi e suggestioni psicologiche emerge la capacità di Pupi Avati di cesellare, con peculiare partecipazione emotiva, un microcosmo - la Bologna degli anni Trenta - e i personaggi che lo animano, attraverso la cura dei dettagli e una particolare aderenza tra scrittura e recitazione. Centrale è stata, infatti, la possibilità per il cineasta emiliano di scrivere la sceneggiatura avendo già individuato gli attori protagonisti della storia. Delineando, in particolare, il frustrato e complesso personaggio di Michele Casali, terzo insegnante nella filmografia avatiana dopo il Carlo Delle Piane di Una gita scolastica e il Neri Marcorè di Un cuore altrove, sull’eclettismo e sull’umanità di Silvio Orlando, premiato non a caso con la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile all’ultima Mostra del Cinema di Venezia. Misurata ed efficace anche l’interpretazione di Alba Rohrwacher, dalla quale traspare tutta la patologica fragilità del personaggio di Giovanna, senza però scadere nel manierismo. I dialoghi tra padre e figlia costituiscono il cardine del film, il suo cuore struggente, grazie soprattutto alla bravura degli attori. Del film convincono, inoltre, i temi conduttori che, a dispetto del preciso contesto storico in cui è ambientata la vicenda, si caricano di una certa attualità e universalità: lo scollamento tra l’immagine che spesso i genitori si costruiscono dei loro figli e quella, invece, reale. Le dolorose insidie celate nel difficile mestiere di padre. E anche quel substrato di conformismo e di ipocrisia piccolo borghese che ben si sposa in quegli anni all’adesione - più o meno sincera, più o meno interessata - al fascismo, non appartiene esclusivamente all’epoca che anticipava in Italia lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

Al di là dell’inoppugnabile ricostruzione della Bologna degli anni Trenta e Quaranta - dimensione spazio-temporale che ha fatto da sfondo alla formazione di Pupi Avati -, a convincere meno è il quadro storico generale della pellicola, dagli strascichi del fascismo alle vicende belliche, tratteggiato in modo forse troppo superficiale e affrettato soprattutto nella seconda parte del film, quando si conosce il destino del personaggio di Ezio Greggio. A mancare è quello scarto verso la grande emozione capace di scuotere e attraversare lo spettatore, che difficilmente fa capolino nei film di Pupi Avati, maestro di una “medietà” cinematografica ormai consolidata, tesa in maniera fin troppo programmatica a smorzare i toni, anche quando, come nel caso di Il papà di Giovanna, vi sono tutte le potenzialità per un ottimo film. Che in ultima istanza rimane, invece, discreto.


TITOLO ORIGINALE: Il papà di Giovanna; REGIA: Pupi Avati; SCENEGGIATURA: Pupi Avati; FOTOGRAFIA: Pasquale Rachini; MONTAGGIO: Amedeo Salfa; MUSICA: Riz Ortolani; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2008; DURATA: 104 min.

 


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