Salt PDF 
Maurizio Ermisino   

Ricordate la leggendaria sequenza in cui Fantozzi prendeva l’autobus al volo? Qualcosa di simile, ma con esiti ovviamente opposti, accade in una delle scene cult di Salt. Qui Angelina Jolie, l’agente Evelyn Salt del titolo, prende al volo un tir gettandosi da un cavalcavia. Angelina raddoppia, anzi triplica, e di tir al volo ne prende addirittura tre. Più o meno come in Wanted, dove girava sul tetto di un treno in corsa. Salt, che potrebbe essere considerato la versione realistica di Wanted, meno fumetto e più fantapolitica, è prima di tutto un film di Angelina. Una declinazione al femminile del film d’azione, un genere a sé stante dove Angelina non ha rivali. O ne ha soltanto una, Milla Jovovich, ormai legata quasi esclusivamente a una singola franchise, quella di Resident Evil.

Ma Salt, oltre che un film con Angelina, è anche un film di Phillip Noyce, regista di fiducia dei thriller politici tratti da Tom Clancy, quelli dell’analista CIA Jack Ryan. E la trama sembra riallacciarsi proprio alle atmosfere tecno-paranoiche di quei racconti. Evelyn Salt scampa alla prigionia in Corea del Nord. A liberarla è il suo compagno, un entomologo che non la crede un agente CIA, e che la sposerà. Qualche anno dopo, in America, a Washington, nel quartiere generale della CIA, Salt interroga un ex spia russa. Lui le parla di quella che si credeva una leggenda: alcuni agenti russi, durante la Guerra Fredda, sarebbero stati addestrati, da piccoli, a imparare l’inglese prima ancora del russo, per sembrare così americani da potersi  facilmente infiltrare nel sistema a stelle e strisce per anni, pronti a distruggerlo non appena fosse arrivato l’ordine. Il russo le dice anche che ora una di questi agenti è pronta ad uccidere il presidente russo in vista in America. Fino a qui niente di strano (si fa per dire). Se non che il russo fa anche il nome dell’agente pronta a uccidere: si chiama proprio Evelyn Salt. Da qui in poi quella a cui crediamo di assistere è una versione muscolare e ipercinetica di Intrigo internazionale, o di molti altri film di Hitchcock: lo schema è quello noto di un innocente in fuga accusato ingiustamente di qualcosa. Il punto è proprio questo: se nei film di Hitchcock era chiaro dall’inizio che il Thornhill/Kaplan di turno era innocente, e dovevamo solo capire perché mai fosse capitato in quella situazione e come sarebbe potuto uscirne, qui per gran parte del film restiamo nel dubbio: Evelyn Salt è davvero quello che dicono? Nonostante il film sia incentrato su di lei, in Salt non simpatizziamo con Angelina Jolie come avremmo fatto con Cary Grant. I suoi comportamenti sono incoerenti, gli indizi discordanti. Fino al colpo di scena, che arriva dopo un’ora, e che sembra chiarire le cose. Sembra, appunto.

Avrete capito che Salt è una di quelle pellicole che amano giocare con lo spettatore, portarlo in un luogo e spiazzarlo, con svolte che sembrano dettate più dall’esigenza di tenere viva l’attenzione che da una vera coerenza narrativa. Una di quelle pellicole che possono avvincere, ma anche infastidire. Upgrade della classica spy-story, che rispetto ai canoni del genere sposta in alto l’asticella della violenza, Salt sembra rifarsi in realtà soprattutto al modello del primo Mission: Impossible, quello diretto da Brian De Palma, con i continui cambi di identità, in cui ognuno indossava una maschera. Ma se parliamo di spy story, oggi il confronto non può che essere con 24, la serie tv in tempo reale e split screen che è molto più cinema di qualsiasi film di genere si possa vedere oggi sul grande schermo. È contro 24 che, per storia, suspense, ritmo, idee, oggi si deve battere ogni spy story e ogni thriller politico. E quasi sempre il rischio è di non farcela. Così, anche Evelyn Salt, super-donna e super-agente, è costretta a cedere il passo al più umano e dolente Jack Bauer.

TITOLO ORIGINALE: Salt; REGIA: Phillip Noyce; SCENEGGIATURA: Kurt Wimmer; FOTOGRAFIA: Robert Elswit; MONTAGGIO: Stuart Baird, John Gilroy; MUSICA: James Newton Howard; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2010; DURATA: 99 min.

 


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