Russische Filmwoche in Berlin PDF 
Elisa Cuter   

Il cinema russo contemporaneo, questo sconosciuto. Per molti “cinema russo” è sinonimo esclusivamente di cinema sovietico, di Ėjzenštejn e Vertov, tutt'al più di Tarkovskij. Ma cos'è successo negli ultimi trent'anni in Russia? È una domanda a cui è difficile rispondere anche guardando il programma della Russische Filmwoche in Berlin, la settimana del cinema russo di Berlino. La manifestazione, molto seguita nonostante quest'anno fosse concomitante con l'analoga rassegna dedicata al cinema francese, ha presentato una selezione di dieci film, tutti usciti negli ultimi dodici mesi, fornendo una panoramica completa delle diverse e più recenti tendenze nazionali. Ne emerge un quadro eterogeneo, quasi sintomatico della vastità del paese da cui provengono le opere. E forse proprio in questa vastità può essere ricercato uno dei fili conduttori dalla rassegna. Se questa, infatti, aveva l'obiettivo di tastare il polso alla situazione della cinematografia russa - e da quanto visto si può decretare che questa gode di buona salute (in calce al programma era presente anche una selezione delle opere, spesso molto originali, di tre scuole e università di regia e cinematografia moscovite, tra cui la prestigiosissima VGIK, la più antica accademia del suo genere) -, il paese ritratto da quelle stesse opere sembra invece non stare troppo bene.

La sensazione è di assistere al dramma di una società complessa, profondamente diversificata a seconda che ci si trovi nelle periferie o nelle grandi città, e, in virtù di questo, più o meno giovane, più o meno multiculturale, più o meno moderna, ma in tutti i casi profondamente abbandonata a se stessa. In due sensi: dal punto di vista della sensazione di isolamento dall'Europa, modello a cui guardare in virtù di una modernizzazione cosmopolita per lo più forzata e grottesca - come evidenzia il primo esilarante episodio di Rasskazy del giovane regista Mikhail Segal, uno dei film di punta della rassegna, in cui due giovani si fanno consigliare da un “wedding planner” all'avanguardia per organizzare un “matrimonio europeo” -, e da quello del senso di solitudine della popolazione ritratta dalle opere presentate rispetto alle questioni di ordine interno. Il film che ha chiuso la rassegna, ad esempio, Avariinoe sostoyanie di Vsevolod Benigsen, è composto da una serie di racconti tragici e pulp il cui comune denominatore sembra essere la presenza di uno Stato profondamente corrotto, di forze dell'ordine temute dai normali cittadini ma totalmente incapaci di tenere testa alle bande criminali che rendono le piccole città teatro di un vero e proprio far west. Si tratta di un film che, sebbene particolare nelle scelte narrative, è emblematico della forte presenza del cinema di genere nella Russia contemporanea. Che sia forse per supplire a questa stessa assenza di polizia o meno, i thriller e i polizieschi sembrano affollare il palinsesto russo, e sono stati ben rappresentati nella rassegna berlinese da Stalnaya babochka di Renat Davletyarov e Razgovor di Sergej Komarov. 

Ma se Avariinoe sostoyanie può esemplificare una certa tendenza nei gusti del pubblico russo, il già citato Rasskazy, anch'esso film a episodi, è l'occasione per parlare di diverse tematiche che sembrano accomunare quasi tutti i film in catalogo. Cornice dei racconti (“rasskazy”, appunto) è il libro di un giovane scrittore che viene inizialmente cestinato dagli editori. Ma nel corso del film, varie persone che lavorano nella casa editrice di Mosca a cui il manoscritto era stato presentato (dalla giovane editor alla signora delle pulizie) iniziano a leggerlo, diventando i protagonisti dei diversi episodi, che sembrano voler indagare alcuni aspetti controversi della nazione in chiave di commedia satirica. L'elemento satirico si trova anche in un'altra opera, Pocha noch ne razluchit, del regista Boris Khlebnikow, non a caso coetaneo di Segal. Le storie presentate da quest'ultimo sono molto diverse tra loro, si va da una vicenda di corruzione alla storia incredibile di una sensitiva utilizzata nella ricerca di persone scomparse, un racconto che non esita a sorridere anche del passato rurale tradizionale, fatto di fiabe, superstizioni e Baba Yaga. Ma l'intento dissacratorio non si limita a farsi gioco del passato “remoto” (o presunto tale): è forse tempo di iniziare a ridere e discutere anche del più recente passato comunista. Il quarto e ultimo racconto, la storia d'amore tra un uomo di mezza età colto e nostalgico e una giovane attraente quanto superficiale e ignorante sulla Storia del suo paese, è emblematica del conflitto tra le generazioni (tema presente anche nel poetico e malinconico film sull'adolescenza Nichtstuer, di Andrej Sajzew), oltre a regalare l'esilarante scena in cui il protagonista porta la sua partner all'orgasmo interrogandola sulla storia della rivoluzione d'ottobre, in una sorta di citazione della famosa sequenza d'amore di Reds di Warren Beatty, ma con tutt'altro spirito.

Come in tanti dei film presentati, l'aspetto di grottesca surrealtà è evidenziato anche dalla fotografia stilizzata e quasi fumettistica, priva di profondità di campo, che sembra rendere i personaggi delle figurine bidimensionali, tipi umani che si muovono in storie esemplari. Il fatto che nel film i lettori diventino a loro volta protagonisti sembra esemplificare bene il desiderio di raccontare storie rappresentative, in cui chiunque possa riconoscersi e identificarsi per riflettere sul proprio paese. Un'autocritica non troppo dolorosa, sicuramente alleviata dalla satira e dalla trasfigurazione horror o noir, ma evidentemente quanto mai necessaria, e che tradisce il forte radicamento nel suo paese di questa cinematografia. Cosa che, proprio per questo, la rende ancora più interessante agli occhi del pubblico europeo.

 


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