Santa Maradona racconta quella fase di transizione che vivono quasi tutti i 25-30enni tra la fine degli studi universitari e la ricerca della stabilità lavorativa e famigliare. Un limbo di incertezze, dubbi, indecisioni e fallimenti. Il gruppo di amici protagonista del film si trova a condividere queste sensazioni, questo momento difficile della vita. Abitano lo stesso appartamento, vanno allo stadio insieme, giocano e scherzano con leggerezza, mentre colloqui di lavoro e amori impossibili scorrono loro accanto. Come sfondo una Torino industrializzata e ormai deputata a raccontare situazioni di disagio con i toni della commedia (vedi Tutti giù per terra) e i colori contrastati e accesi della MTV generation.

Marco Ponti mette insieme un cast di attori capeggiato da uno Stefano Accorsi che ci sembra abbia difficoltà a trovare sfumature recitative diverse dalle precedenti interpretazioni (L'ultimo bacio). Bella sorpresa Libero De Rienzo, frizzante e divertente, perfettamente a suo agio nei panni di Bart. I personaggi femminili sono deputati invece a ruoli "soliti" e marginali: Lucia (Mandala Tayde) è l'amica di Andrea con problemi di cuore inevitabilmente sottovalutati dai due protagonisti maschili.
Poi c'è Dolores (Anita Caprioli) oggetto del desiderio di Andrea, amore rincorso, trovato, lasciato e ripreso.

Quello che manca a questa pellicola è il tentativo di stupire. Ti siedi in poltrona in attesa di vedere che cosa ha fatto del film un piccolo cult e non trovi molto: il protagonista è intelligente, ma un po' nevrotico; il suo amico vive con apparente leggerezza e ironia, ma in realtà è il mentore del protagonista ed è anche saggio; c'è l'inevitabile storia d'amore difficile e il litigio tra i due amici che poi si spegne saldando ancor di più i rapporti tra loro. C'è la voce narrante fuori campo e il racconto avviene per flashback.

E allora? Dov'è il momento che ti spiazza, qual è quel dialogo che ti aiuta a vedere la situazione da un punto di vista che non avevi mai preso in considerazione?
E' vero, la situazione della generazione che Marco Ponti vuole rappresentare è questa, ma ce l'hanno già raccontata, e proprio in questi termini.
Troviamo un po' troppe strizzatine d'occhio e molte scelte accattivanti come le ormai inflazionate riprese velocizzate, gli innumerevoli affitti non pagati, i continui colloqui di lavoro falliti, la musica dei Subsonica e del loro progetto parallelo Motel Connection.

Poi ci sono alcuni momenti, anche divertenti, che non trovano il loro posto nel racconto, sembrano incollati lì solo per esserci. Ad esempio la scena allo stadio e quella al ristorante in cui Andrea incontra il fidanzato di Lucia: tutti e due gli avvenimenti sono come istantanee che vengono scattate e riposte in un cassetto, non hanno un seguito importante, non portano conseguenze notevoli, nonostante siano episodi alquanto forti.

Insomma qualche neo di troppo offusca quella che poteva essere un'opera prima più interessante e coinvolgente.
Quando si esce dalla sala è difficile dare una valutazione critica obiettiva della pellicola, perché è indubbio che ci si diverta e che ci si ritrovi in questo o in quell'altro personaggio (tutti abbiamo un amico come Bart), ma si sente anche un vuoto, qualche cosa difficile da interpretare subito, ma che viene alla luce solo ripensando a posteriori alle immagini viste sullo schermo. Sapevamo già tutto.