Speciale NUOVO CINEMA GIAPPONESE - Lo yakuza PDF 
di Anna Sperone, Francesco Giugiaro   

Lo yakuza, un genere fortemente popolare in Giappone, nato intorno al 1960 e prodotto principalmente dalla casa cinematografica Toei [di cui seguirono l'esempio la Daiei e la Nikkatsu negli anni successivi], è caratterizzato da un certo numero di cliché e di valori tradizionali che derivano dalla mitologia di stampo teatrale del giri [la responsabilità] e del ninjo [l'inclinazione personale], ma è anche significativo perché riflette la consapevolezza dei cambiamenti sociali del Ventesimo Secolo. L'eroe dei film yakuza si trova a dover risolvere il conflitto esistente tra la propria nobiltà d'animo, il codice d'onore della famiglia e l'opportunismo dei cattivi yakuza che non rispettano i valori tradizionali.

Il mercato cinematografico giapponese, che ruota attorno al sistema dei serials, ha canonizzato la figura dell'eroe riproponendo situazioni simili e rendendo famosi alcuni interpreti, quali Tsuruta Koji e Takakura Ken [quest'ultimo lo ritroviamo in film come La prigione di Abashiri [Abashiri bangaichi, 1965] di Ishii Teruo, oggetto poi di una lunga serie di remake, o in Casa di scommettitori - Scommesse presidenziali [Bakuchiuchi - Socho tobaku, 1968] di Yamashita Kosaku. Da ricordare anche Lotta senza codice d'onore [Jingi naki tatakai, 1973] di Fukasaku Kinji, uno dei film maggiori tra gli yakuza Anni Settanta, quando salì alla ribalta un nuovo gruppo di registi che mantenne vivo il genere forse canonizzatosi un po' troppo in trame ricorrenti. Il genere ha subito un declino intorno agli Anni Ottanta, passando al mercato degli original video [film che vengono messi sul commercio in video senza passare dalle sale cinematografiche] ed è tornato prepotentemente alla ribalta nell'ultimo decennio, quando alcuni autori, in particolare Kitano Takeshi e Mochizuki Rokuro, si sono nuovamente cimentati con esso. Punto di massima della nouvelle vague del genere sono stati sicuramente Boiling point [3-4x Jugatsu, 1990] e Sonatine [1993] di Kitano, film che hanno rivitalizzato il genere e hanno dato vita al nuovo periodo d'oro degli yakuza eiga.

I film yakuza degli Anni Novanta si presentano come innovativi, mantenendo alcune caratteristiche fisse; ogni singolo regista ha, tuttavia, lavorato sul genere traendone spunti personali. Un'osservazione che deve essere fatta in merito al nuovo yakuza è che, paradossalmente, molti dei film considerati tali, in questi ultimi anni, non sono in realtà storie di mafiosi, ma sono pellicole che raccontano di uomini che si trovano invischiati nel mondo della mafia pur non facendone parte né per ideologia né per comportamento. Nella vasta produzione di yakuza dell'ultimo decennio sono sempre presenti i temi topici che mostrano con chiarezza la coesistenza di tradizione e innovazione. Il personaggio macchiettistico, la comicità che deriva da situazioni buffe, un po' naives, li ritroviamo spesso nel film yakuza.

Queste parentesi ironiche distendono la narrazione, smorzandone un po' i toni: pensiamo alle figure dello stupido gretto [il compagno di evasione di Takakura Ken] e ai vari detenuti stilizzati e un po' stereotipati de La prigione di Abashiri di Ishii Teruo o dell'effeminato [in Onibi di Mochizuki Rokuro l'amico gay dello yakuza che dorme in un pigiamino di seta rosa] o a quella dell'anziano capo yakuza che spesso, come in Chinpira di Mochizuki, può essere paragonato nei comportamenti a un bambino capriccioso ben lontano dalla figura del duro yakuza senza paura. E poi le situazioni comiche, o che fanno sorridere: per esempio in Chinpira di Aoyama Shinji, i due amici che giocano l'uno a fare il bambino e l'altro il papà , o in un film violentissimo e duro come Lotta senza codice d'onore, la perdita del mignolo tagliato dello yakuza e il suo successivo ritrovamento fra le galline in un pollaio. Questa scena ci ricorda un altro mignolo perduto, in Postman Blues di Sabu; nel film, il chinpira punito tiene appesa al muro la fotografia del maestro Takakura Ken e ritiene che fare lo yakuza sia un modo per provare emozioni forti e per mantenersi giovani. Sabu è un regista che nei suoi lavori gioca con le regole codificate dei generi [e in particolare quello yakuza], ottenendo situazioni molto comiche e spassose.

Comunque, a parte i momenti che sdrammatizzano, il film yakuza è intriso di un pessimismo che deriva dall'antico contrasto fra giri e ninjo, tra il bisogno di amare, di avere una famiglia, e le regole del gruppo, i vincoli d'amicizia che legano i componenti, il bisogno di vendetta per la morte di un amico. Una vendetta che arriverà sempre e che porterà il protagonista alla deriva, e con lui il suo amore e i suoi sogni di una vita onesta [questo è particolarmente sottolineato in Onibi, che ha un finale desolante e disperato].

Il nuovo eroe degli Anni Novanta, pur mantenendo le stesse caratteristiche morali dei suoi predecessori, ha tuttavia modificato la  propria prospettiva di fronte al mondo yakuza. L'universo della mafia giapponese è ora usato dai vari autori che in questi anni si sono cimentati nel genere per mostrare come l'uomo di fronte al mondo contemporaneo sia smarrito, alla ricerca di qualcosa che non riesce a trovare nei soldi facili della yakuza. Ichi, in Chinpira, è un ragazzo di periferia che vuole emigrare a Tokyo, la grande metropoli, allontanandosi dalla famiglia nella speranza di crescere. Ma il mondo che si troverà di fronte sarà inevitabilmente quello dello yakuza ed egli, con il suo compagno di giochi, vivrà in un mondo fantastico, nel quale essere uno yakuza è quasi un divertimento. Soltanto quando verrà a sapere del tradimento fatto dall'amico al clan [il furto di denaro dalla casa del capo], il suo sogno si infrangerà e allora la grande città si trasformerà in una metropoli violenta, nella quale egli dovrà agire con la consapevolezza delle proprie azioni. Aoyama non ha voluto in questo caso tratteggiare il mondo della mafia giapponese, ha semplicemente voluto dimostrare come nelle situazioni estreme Ichi sia costretto a scegliere quello che secondo lui deve essere fatto: ha fatto capire come egli sia entrato nel mondo adulto passando attraverso l'esperienza della yakuza. Una simile situazione ritorna in Kamikaze Taxi di Harada Masato: qui un ragazzo yakuza, che vede massacrare brutalmente dal boss la sua fidanzata, decide di vendicarsi e di diventare un kamikaze moderno. Prende la pistola, e con un gruppo di amici deruba il clan yakuza che gli si getterà all'inseguimento. Egli, unico sopravvissuto, in un taxi guidato da un giapponese di origini peruviane, dopo aver fatto visita alla madre morta, sarà ucciso, ma la sua furia sarà poi placata dal personaggio del tassista che alla fine completerà la vendetta lasciata incompiuta dal giovane. In questo film la storia del Giappone post-bellico si intreccia con quella delle problematiche degli immigrati sudamericani nella terra del Sol Levante, per costruire un affresco mitologico-filosofico nel quale il protagonista si muoverà alla ricerca della saggezza. Come in Chinpira, anche in questo caso il mondo yakuza è uno spunto per mettere in luce la debolezza dell'individuo nel mondo contemporaneo.

L'amore, che sembra avere una certa importanza nella narrazione, finisce poi per diventare secondario rispetto a certi valori, quali l'amicizia. Ma l'amore e il sesso [particolarmente accentuato dal regista Mochizuki Rokuro, ma anche nel film di Kinji, Lotta senza codice d'onore] sono comunque determinanti nell'economia del racconto, e forse anche nella definizione del carattere dell'eroe, della sua sensibilità, del suo lato romantico. Questa caratteristica è presente soprattutto nel nuovo yakuza, in cui la storia d'amore va spesso a sovrapporsi alle vicende della famiglia, lasciando più spazio ai sentimenti e ai momenti di intimità. Pensiamo ad esempio di nuovo a Chinpira di Aoyama, in cui la storia d'amore tra il giovane protagonista e la fidanzata di uno yakuza è spunto per l'intera narrazione, o ancora a Chinpira di Mochizuki in cui il protagonista Osamu vive una storia d'amore romantica e struggente con la compagna del suo superiore yakuza, con la scena finale dei due innamorati soli di fronte al mare, in una piccola grotta. Un caso a sé stante nel panorama del moderno cinema yakuza è rappresentato da Miike Takashi, il regista che più di ogni altro ha portato innovazioni stilistiche nel genere. Egli, che ha realizzato nella sua carriera un gran numero di film yakuza, vede la società giapponese come un'associazione a delinquere dove tutti i potenti sono dei mafiosi. Nei suoi film egli gioca con i cliché del genere, ironizzando e portando all'estremo tutte le caratteristiche principali dei film yakuza. Un esempio su tutti è quello di Fudoh -The New Generation [Gokudo sengokushi, 1996], nel quale un giovane, che ha visto il padre uccidere suo fratello per un regolamento di conti yakuza, nutre un forte desiderio di vendetta. Egli fonda un suo piccolo clan con alcune compagne di scuola e con un gruppo di bambini addestrati all'omicidio e incomincia la sua vendetta. Nel film, ispirato a personaggi del manga giapponese, si vengono a creare situazioni estreme, in bilico tra la favola e il film di animazione. Miike, che nel film ha messo duramente alla prova la censura giapponese sottoponendola alle visioni più estreme, dimostra di essere un artista temerario e di non mancare di spunti geniali e interessanti per il genere yakuza.

 


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