Stephen Rebello intervistò Alfred Hitchcock nel 1980 a Hollywood, nell’ufficio-bungalow del maestro del brivido agli Universal Studios. Per lo scrittore fu uno di quei momenti che segnano una svolta in una vita, proprio come accade ai personaggi nelle sceneggiature. Proprio quel tipo di incontri che diventano propulsori per nuove idee e punti di partenza per viaggi che somigliano a missioni. La destinazione fu pubblicare, nove anni dopo, Alfred Hitchcock and the Making of Psycho. Ma non si trattava certo dell’unico traguardo da raggiungere: dopo una quindicina di anni, nel 2005, i produttori indipendenti Alan Barnette e Tom Thayer si resero disponibili all’adattamento cinematografico. Iniziò dunque un altro cammino, che in altri otto anni travagliati da trattative con diverse case di produzione e dallo sciopero degli sceneggiatori indetto dal sindacato Writers Guild of America, ha portato il film Hitchcock nelle sale. Sembra, insomma, che lo scrittore, con le proprie opere, abbia per contrappasso vissuto fatiche e successi produttivi, in sintonia con l’argomento del suo libro: la travagliata vicenda della realizzazione del film Psycho, nel 1959.
Un destino segnato dalla passione per Hitch, verrebbe da pensare, leggendo le dichiarazioni di Rebello. E in realtà pare proprio così, il fascino per la filmografia del maestro del brivido si era manifestato in Stephen precocemente, tanto da spingerlo fin da bambino, ciclicamente, a provare a telefonare all’ufficio di Hitchcock. La confidenza dell’autore, tratta dall’introduzione alla riedizione del suo libro curata da Il Castoro (in parallelo all’uscita del film, scegliendo questa volta il titolo: Hitchcock. L’incredibile storia di Psycho), è indice dell’approccio appassionato che segna tutta la narrazione. Il libro procede cronologicamente rendendo conto della genesi di un’opera che affonda le proprie radici negli sconvolgenti fatti di cronaca nera legati al nome del serial killer Ed Gein, divenuti materia letteraria e confluiti nel romanzo di Robert Bloch, Psycho. Narra poi come nell’estate del 1959 Alfred Hitchcock, all’apice del successo dopo innumerevoli capolavori, ultimo dei quali Intrigo Internazionale, abbia deciso di correre il rischio di affrontare l’adattamento di un testo così controverso. “C’è ragione di sospettare che, a cinquantanove anni, il maestro della suspense si sentisse costretto in un angolo dalla sua stessa fama, passata e presente. Quarantasei lungometraggi e tre fortunate stagioni televisive avevano messo Hitchcock nella condizione di dover stare molto attento a non ripetersi”.
La sensazione, da lettore, è quella di affrontare con Rebello un duplice viaggio, sia nel tempo (si “respira” la Hollywood di fine anni Cinquanta), che nello spazio attraversato per collezionare la sequenza di incontri con tutti coloro che lavorarono alla realizzazione del sogno di Hitch: raccogliendo le loro testimonianze lo scrittore confeziona un manuale di cinema appassionante come un romanzo. Pre-produzione, set, post-produzione. L’universo che prende forma, tra le righe, è evocato da un coro polifonico di voci. Sembra di ascoltare una sinfonia. E pagina dopo pagina ci si sente complici. Al fianco di un esploratore che deve convincere il sovrano ad armare una flotta per conquistare nuovi mondi. Un condottiero talmente coraggioso da decidere di investire tutto ciò che possiede per dirigere le sue schiere verso una missione che appare impossibile, ma che diverrà realtà grazie all’aiuto di valorose legioni. E di una grande donna, Alma, che dalle retrovie, oltre ad essere una fonte d’ispirazione, talvolta lo guida nonostante sia morsa dalla gelosia verso le giovani muse che lo ammaliano.
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