I più grandi di tutti PDF 
Valentina Rossetto   

Con I più grandi di tutti Carlo Virzì torna alla regia dopo il debutto con L'estate del mio primo bacio (2006), affrontando un soggetto che conosce da vicino: le rock band della scena underground anni Novanta. I Pluto sono un gruppo originario di Rosignano Solvay, cittadina industriale del livornese, che all'epoca avevano avuto un certo seguito ma che oggi sono “i più grandi di tutti” solo per il giornalista Ludovico Reviglio (Corrado Fortuna), che decide di intervistarli e di produrre un documentario su di loro per un'importante rivista musicale. Per farlo, contatta il batterista del gruppo, Loris (Alessandro Roja), al quale chiede di rintracciare gli altri membri. Lo spunto narrativo è quello di The Blues Brothers. L'idea di riformare una band, proprio come avevano fatto i fratelli Jake e Elwood nel film di Landis, si manifesta nelle stesse parole di Loris quando, per giustificare la sua irruzione nella vita di Sabrina (Claudia Pandolfi, ex bassista dei Pluto), dice che è “in missione per conto di Dio". Proprio come in The Blues Brothers, nel ritrovare i suoi compagni, Loris scopre quanto diverse siano diventate le loro vite e allo stesso tempo quanto manchi loro (ma anche a lui) l'esperienza della band. Mao (Marco Cocci), il cantante, vive di espedienti, facendo il barista nei locali notturni, Rino (Dario Cappanera), il chitarrista, fa l'operaio, Sabrina si è trasformata in una signora borghese, mentre Loris ha messo su famiglia ed è alla perenne ricerca di un lavoro.

“Volevo raccontare quello che c'è dietro un musicista rock, ciò che uno si aspetta di trovare e ciò che invece non trova. Spesso si resta delusi. C'era un mio amico giornalista che una volta andò a intervistare Mick Jagger. Pensava di trovare una cosa, e invece gli capitò di conoscere un settantenne conformista e un po' noioso. Se accade con i Rolling Stones, figuriamoci con i Pluto. In genere succede questo: quando si parla di rock, c'è sempre un filo di retorica, se non addirittura di mistificazione. Io invece volevo dissacrare, desideravo narrare la vicenda di 4 inadeguati. Sono i miei 'soliti ignoti' un po' rocchettari ...”, dice Carlo Virzì. Proprio la divergenza tra i ricordi dei Pluto e quelli di Ludovico rappresentano l'aspetto più interessante del film. Divergenza che emerge subito quando Loris riceve la mail del giornalista e si stupisce che qualcuno possa interessarsi alla sua ex band. Tale stupore è accentuato nel primo incontro tra i due, in cui quanto più Ludovico insiste a collocarli nello stesso panorama di Afterhours, Subsonica, Litfiba e Negrita  tanto più Loris sembra perplesso e spaesato. Forse lui e i suoi compagni non ricordano bene quella che era stata la loro carriera? Forse hanno sottovalutato il loro ruolo nel panorama musicale di quegli anni? Questo scollamento è reso perfettamente nella sequenza in cui si parla dell'audizione di Rino per entrare nella band di Vasco. Ludovico ricorda che si esibì frantumando persino dei vetri con la potenza della sua performance, infine si rivolse a Vasco dicendo che non intendeva far parte del suo gruppo ma che era venuto solo per avere l'onore di incontrarlo. Ironicamente, Virzì inserisce su questo ricordo leggendario un flashback di Rino che ci mostra la verità: lui timidissimo e impaurito in una stanza insieme ad altri ragazzi pronti per l'audizione, che non risponde quando viene chiamato e perde così la grande occasione della sua vita. Un registro ironico che Virzì utilizza sempre quando i Pluto si scontrano con i ricordi feticisti del loro intervistatore, tanto che è difficile anche per lo spettatore capire se i membri della band si sottovalutano oppure se sia Ludovico a mitizzarli.

Per Virzì, tuttavia, non è molto importante sciogliere questa contraddizione, quanto mostrare i meccanismi di creazione del mito da parte dei fan e dei giornalisti. I quattro protagonisti rappresentano diversi atteggiamenti nei confronti del rock, dell'idea di gruppo e dei suoi obiettivi. Mao è il front man un po' superficiale e, come lo descrive Marco Cocci, non è proprio una bella persona nella vita, ma è carismatico e trascinatore sul palco. Rino è il rocker duro e puro, virtuoso della chitarra, schivo e sempre un po' in disparte. Sabrina e Loris sono i tipici musicisti che suonano per divertirsi, badando a poco altro, entrambi impegnati a mediare tra le due posizioni rappresentate da Mao e Rino, l'uno legato a idee effimere e un po' modaiole, l'altro musicista tutto d'un pezzo che vuole fare le cose sul serio e professionalmente. Un'altro punto di vista, in questo caso esterno, è quella di Ludovico, prima fan entusiasta e poi giornalista, che però non riesce mai a guardare i Pluto in maniera distaccata e professionale, perché per lui sono legati a un momento felice della sua vita, perso per sempre con l'incidente che lo ha costretto su una sedia a rotelle. In un'intervista, Corrado Fortuna dice che il sentimento che più di tutti guida il suo personaggio è la gratitudine, Ludovico è un fan che si può permettere di organizzare un concerto alla sua band favorita per ripagarli di quanto gli hanno dato e per aiutarli in qualche modo a ritrovare se stessi. 

Tutti gli interpreti si calano al meglio nei ruoli assegnati e sono allo stesso tempo credibili e ironici, a volte anche un po' grotteschi. Virzì sceglie come attori due musicisti (Cocci e Cappanera) e riesce a sfruttare le ottime capacità della Pandolfi (batterista nella vita) e di Alessandro Roja. Anche i personaggi di contorno sono ben riusciti, così come i due cameo di Franz (al secolo Francesco Villa, che interpreta il compagno di Caterina) e Catherine Spaak (madre di Ludovico). Il merito di Carlo Virzì, la cui regia è sicuramente debitrice della lezione del fratello, è quello di riuscire a mettere in scena la storia di un gruppo rock lontano dalle false band che del genere adottano in modo superficiale solo l'estetica. Si tratta di un tipo di film sconosciuto al cinema italiano, ma caro alla cinematografia americana e anglosassone, si pensi, ad esempio, al già citato The Blues Brothers, a The Commitments di Alan Parker, a Almost Famous di Cameron Crowe o ai recenti successi di Jack Black, School of Rock e Tenacious D. Carlo Virzì ha dichiarato in più interviste che con I più grandi di tutti ha voluto colmare questo vuoto. Il risultato è una commedia ben riuscita, a tratti amara, che affronta l'argomento senza retorica (sarebbe stato facile scadere nel modello “come eravamo” caro a tanti registi italiani) grazie alla profonda e partecipata conoscenza da parte del regista dell'ambiente, sia in quanto musicista (ha realizzato le colonne sonore di molti film del fratello), sia perché in passato ha militato in una band sul modello dei Pluto. 

Titolo originale: I più grandi di tutti; Regia: Carlo Virzì; Sceneggiatura: Carlo Virzì; Fotografia: Ferran Paredes; Montaggio: Simone Manetti; Scenografia: Roberto De Angelis; Costumi: Maria Cristina La Parola; Musiche: Carlo Virzì; Produzione: Indiana Production Company, Motorino Amaranto, Rai Cinema; Distribuzione: Eagle Pictures; Durata: 99 min.; Origine: Italia, 2011

 


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