Un cerotto sulla bocca di uno dei più noti personaggi dello showbiz, Lele Mora, e il suo veemente distaccarsi al suono della frase “E adesso parlo io”, introduce alla visione di Sexocracy, film ideato, scritto e prodotto dall’indipendente Luca Redavid, con la sua Innuendo Film (Bologna) e diretto dal filippino (bolognese di adozione) Ruben Maria Soriquez.
Non una narrazione spossante e autoreferenziale di quello che è la vita e il successo professionale di Lele Mora, oggi affidato alle patrie galere, ma una riflessione acuta e pungente su ciò che si nasconde dietro l’apparenza dell’odierna società italiana, dove donne, pubblica esibizione e politica si fondono indissolubilmente, dando allo spettatore la facoltà di interpretare e scegliere quale sia il giudizio da formulare. Da una parte, infatti, osserviamo un Lele Mora che senza remore racconta il mondo dello spettacolo dove “tutto funziona, perché chi mostra vende”, intrecciandosi a quello che è il suo rapporto con l’ex premier Silvio Berlusconi, non rappresentato come uomo politico, ma come imprenditore, animatore, amatore. Un diverso punto di vista, ma del medesimo prisma rappresentato, ad esempio, da Erik Gandini, in Videocracy; decisamente distante, invece, da quel Berlusconi Forever che, attraverso la penna di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, racconta la storia di un uomo politico decisamente opinabile. Dall’altra la storia di un’immigrata, un’orientale che, considerate le dote estetiche, potrebbe fare “spettacolo” (così come siamo abituati ad osservarlo), ma che preferisce la strada della famiglia, ricusando quella ossessionante voglia di apparire che, al contrario, alberga entro i corridoi della società di questo nostro Bel Paese. Con Sexocracy, dunque, ci si addentra in quegli spazi angusti del successo a ogni costo, della nudità perpetuante e del loro mischiarsi con la politica, tra Olgettine, Ruby Rubacuori (ritratta in una delle consuete cene a casa di Lele Mora), casting e guai giudiziari.
Ciò che si deve riconoscere all’autore, il bolognese Luca Redavid, è questa voglia di non inserirsi nel solco della polemica (che per quanto salutare, se reiterata, può sicuramente perdere il proprio valore originario), ma di lasciare aperte le porte dell’interpretazione. Con questa pellicola, Redavid ha arditamente cercato di farlo, dimostrando un particolare coraggio, se si considera che a una prima visione, per così dire “ideologica”, potrebbe sorgere naturale credere che il docu-film voglia sostanzialmente riabilitare la figura di Lele Mora e di Silvio Berlusconi. Un’analisi più approfondita della pellicola, tuttavia, vede emergere il diverso onere di cui l’autore si è fatto carico, ovvero riflettere egli stesso su alcune ipocrisie che caratterizzano la finta moralità. È la voce narrante (quella di una donna, scelta probabilmente non casuale) a offrire l’opportunità di insinuare dentro lo spettatore il tarlo del dubbio, quando dice: “ma oggi esiste veramente la donna oggetto?”. La pellicola, dunque, ci offre l’occasione di scardinare quell’ipocrisia che domina in un certo inconsapevole e moderno femminismo. Perché il dubbio sorge: è la donna a offrirsi o l’uomo a farne uso? I due elementi sembrano inscindibili e la liason è proprio la politica, quella berlusconiana, ma non solo.
Non a caso Sexocracy è stato selezionato al New York Film Festival, dove sarà proiettato in agosto, e al Life Film Festival di Los Angeles, a dimostrazione dell'estremo interesse suscitato dai fatti raccontati e dai temi toccati. Ad ogni spettatore la libera interpretazione, tuttavia, perché nulla può giustificare il reato di favoreggiamento alla prostituzione, il reato di bancarotta (per cui Lele Mora è in carcere) o la mercificazione del corpo femminile, sia esso consapevole o meno (che pure è rappresentato anche in questo docu-film). La produzione giornalistica, ma soprattutto quella della pubblica magistratura, parlano più di mille immagini cinematografiche. Ma provare a riflettere è un esercizio a cui dovremmo abituarci, senza le tare dettate dal preconcetto partorito da una moralità aprioristica.
Titolo originale: Sexocracy: The Man of Bunga Bunga; Regia: Ruben Maria Soriquez; Sceneggiatura: Luca Redavid; Fotografia: Francesco Dato, Lorenzo Gori; Montaggio: Ruben Maria Soriquez; Musiche: Kevin MacLeod; Produzione: Luca Redavid (produttore); Distribuzione: Indipendenti Regionali; Durata: 76 min.; Origine: Italia, 2011
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