Il matrimonio è un affare di famiglia PDF 
Chiara Federico   

ImageUn titolo come Clubland, in uscita da noi con il fuorviante Il matrimonio è un affare di famiglia, potrebbe essere accostato per inadeguatezza forse solo al celebre caso di Eternal Sunshine of the Spotless Mind. E in un certo senso c’è qualcos'altro che accomuna queste due pellicole: la trasversalità geografica. Il film di Cherie Nowlan, di produzione australiana, immette nel suo corpus variegato una delle più fulgenti mattatrici britanniche (come, per Michel Gondry, francese, la location era New York e il cast prevalentemente americano, a parte l’inglese Winslet): Brenda Blethyn. Divenuta celebre sul grande schermo con L'erba di Grace e, successivamente, con l'australiano Segreti e bugie, l'attrice si presta nuovamente ad una commedia a doppia faccia, trepidante e struggente.

Brenda è qui una piccola e carnosa stella inglese dei club comici anni Settanta e Ottanta, che con il passare del tempo si affanna e si spegne riversando il suo sarcasmo sulle piccolezze degli uomini e le meschinità che si infiltrano in una donna non più giovane. Il titanismo del personaggio rabbuia le pennellate soffici e solari della prima parte del film, che racconta la nascita leggera, e non credibilissima, di una storia d'amore näif tra l'ingenuo Tim e l'insicura Jill, ragazza apparentemente estroversa con amica invadente al seguito. Quando il rapporto si approfondisce e le reciproche paure si stingono in un rapporto appassionato, goffo e possessivo insieme, le ombre minacciose increspano il viso della madre. L'ex attrice che rinunciò alla carriera in Inghilterra per seguire il marito in Australia ingaggia una battaglia spietata contro l'amore, contro la giovinezza. E lo fa in modo pervicace, severo, proiettando un’energia feroce dal fondo amorevole sull’oggetto di passione filiale. Eppure, nonostante il modo approfondito in cui la macchina da presa penetra nella quotidianità del suo cosmo lunatico, nella casa dalla tappezzeria stinta che splende inaspettata di notte, e nonostante la sincerità giocosa con cui la regista monta l’ansia furoreggiante degli incontri tra i due innamorati, qualcosa disturba. E non è solo nella mortuaria e struggente lividezza del tema, ma anche nella maniera insolita di combinare una serie di elementi diversissimi. La società australiana, seppur più spogliata e variopinta, somiglia a quella di un gelido borgo vittoriano in cui madri e fidanzate si contendono – letteralmente – l'amore di un ragazzo, e tanto più la prima si fa diabolica, tanto più l'altra erompe in pianti dirotti e si fa invadente, appariscente, sostitutiva. Il sottobosco desolante del regno di Brenda/Jean è fatto di simpatetici sipari: le colleghe in mensa, l'amica rozza ma di buon cuore, l'ex marito cantante alla "Elvis", e soprattutto l'universo dell'handicap: una delle prove più convincenti del film è forse quella di Richard Wilson, che interpreta Mark, figlio diversamente abile, curioso e impertinente. Pur nel rosario di comprimari che sorregge e tenta di riempire i vuoti un po’ isterizzanti dei protagonisti, tutti sembrano danzare in un carosello caramellato di inconsistenza, e i ragazzi handicappati seguono “i normali” nel macchiettiamo intristito.

Ogni fotogramma si satura di dolcezza, amore per il diverso, e sparge i suoi umori sugli angoli, sulla secchezza che dovrebbe accompagnare un bombardamento emotivo costante: sovraccarica l'occhio, l'umore. L'amore "terribilmente grande" si concretizza nel finale, e le coppie si ritrovano in ogni angolo come in una chiassosa commedia americana. Unico punto di contatto con la natura drammatica del film resta l'immagine finale: un profilo stagliato contro i sogni di gloria, sfumato dolcemente dai riflettori, che è come un pianto sommesso e delicato in un fragore vuoto.

TITOLO ORIGINALE: Clubland; REGIA: Cherie Nowlan; SCENEGGIATURA: Keith Thompson; FOTOGRAFIA: Mark Wareham; MONTAGGIO: Scott Gray; MUSICA: Martin Armiger; PRODUZIONE: Australia; ANNO: 2007; DURATA: 105 min.

 


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