La cosa che più colpisce del film di Pernilla August, Beyond, è la gradualità con la quale l’abile regista fa scivolare i protagonisti della sua storia, e con loro gli spettatori, da una condizione di apparente serenità alla tragedia più totale. Da come fa crescere, mano mano, pezzo per pezzo, l’inquietudine e il senso di disperazione e fallimento. Sebbene l’incedere della narrazione non sia basato su eventi che si susseguono in ordine cronologico, bensì sui ricordi d’infanzia di Leena, la protagonista, su continui flashback, su balzi in avanti e indietro del contesto narrativo.
Ciò che improvvisamente porta Leena – impersonata dalla conturbante Noomi Rapace – ad addentrarsi nel suo sofferto passato, in una serena mattina di Santa Lucia (in Svezia festa nazionale), è l’inattesa telefonata di sua madre che non vede da molti anni, ormai anziana e in punto di morte, che le chiede di poterla vedere un’ultima volta. Da lì Leena partirà per un duplice viaggio, e con lei gli spettatori: il primo nel suo passato, ripercorrendo, attraverso le immagini più significative che la sua memoria conserva, la sua infanzia; il secondo invece, prettamente fisico, insieme a suo marito e alle sue due bambine, verso l’ospedale in cui è ricoverata sua madre. Inutile dire che, tra i due, è il primo viaggio a essere quello più lungo (anche perché dura per tutto l’arco del film, anche quando Leena ha ormai raggiunto la madre morente e ha fatto ritorno nella sua casa d’infanzia) e più travolgente. La telefonata dell’anziana madre è solo il detonatore di un’esplosione d’immagini della memoria che pian piano si schiudono allo spettatore, coinvolgendolo emotivamente e trascinandolo nell’escalation di violenza che ha caratterizzato i primi anni della vita della protagonista. Attraverso i flashback, magistralmente gestiti per tutta la durata della pellicola, osserviamo l’arrivo nella nuova casa di Leena bambina con i suoi genitori, due migranti finlandesi, e il fratellino; il sole, la serenità dell’inizio di una nuova vita, i primi tentativi, riusciti, di un padre alcolizzato che prova a smettere di bere, e dunque l’incanto, l’illusione, e poi la delusione, la violenza, l’alcool, le botte, il degrado, l’isolamento. La mamma che piange dal dolore, che sanguina, la polizia e la famiglia che viene divisa. Ogni cosa è mostrata nelle sue più piccole sfumature, con grande profondità e semplicità, senza mai banalizzarne i contenuti o adoperare pietismi o altre facili scorciatoie. Beyond è così ben condotto che lo spettatore si trova a vivere, a partecipare visceralmente al dramma umano di Leena, soprattutto quando è ancora una bambina. Altrove è stato scritto che Beyond è un film sulla rimozione, quando forse sarebbe più giusto parlare di un film sul ricordo: il passato c'è ed è talmente ingombrante che la povera protagonista si è vista costretta a tenerlo nascosto, anche alle persone a lei più care e vicine.
Un film “piccolo”, raffinato, tutto giocato in interni, su primi piani, che tutto sommato non racconta una storia così originale. Ma forse è proprio per questo che è riuscito a guadagnarsi il Premio della Critica a Venezia: l'originalità non è nella storia, ma è nel modo di raccontarla per immagini, e, sotto di esse, in un’eleganza e pregnanza di contenuti. Bergman docet.
TITOLO ORIGINALE: Svinalängorna; REGIA: Pernilla August; SCENEGGIATURA: Pernilla August, Lolita Ray; FOTOGRAFIA: Erik Molberg Hansen; MONTAGGIO: Åsa Mossberg; MUSICA: Magnus Jarlbro, Sebastian Öberg; PRODUZIONE: Svezia/Finlandia; ANNO: 2010; DURATA: 92 min.
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