Il condominio e l’infezione morale: Cronenberg, De La Iglesia, Jeunet & Caro ed altri coinquilini. PDF 
di Mario Bucci   

In fondo è sempre andata così, l'uomo ha sempre cercato la comunità, la presenza tangibile dell'altro e di un progetto comune, per sentirsi invece solo al suo interno, per giustificare la propria solitudine, la propria individualità esistenziale. Da sempre allora, egli ha costruito attorno a sé un guscio dalla forma di un'abitazione che rispettasse la necessità di ritagliarsi un habitat a sua volta inserito nell'ambiente più complesso delle relazioni umane. Ha inventato così lo Stato per garantirsi un'immagine, la città per cercarne una propria e i palazzi per nascondersi. Il condominio diventa dunque l'insieme della comunione e dell'allontanamento, della collettività e dell'isolamento.

Il condominio isolato poi è il massimo, come se si trattasse di un esperimento di laboratorio nel quale si è impegnati ad isolare un elemento rappresentativo dell'intero codice genetico che si sta analizzando. Esso spesso sullo schermo quanto nella letteratura contemporanea ha rappresentato la catastrofe del progresso, l'utopia della salvezza, il mito di Babele, la critica all'Illuminismo, ma soprattutto la condizione umana che anche nelle sue più alte posizioni, agli ultimi piani dei migliori complessi residenziali, ha mostrato la sua bassezza, la sua irrinunciabile propensione al Male. Chiunque abbia mai cercato di raccontare una storia attraverso la figura del condominio, meglio ancora se isolato, non ha fatto altro che agire con una sublime freddezza all'isolamento del mondo attraverso la metafora del palazzo. E non si stanno tirando in ballo racconti riferiti ad un appartamento, dove spesso il legame familiare emerge e lega i rapporti, ma di quelli concentrati sul condominio, dove le realtà non sono consanguinee e la distanza è percepibile tanto da rendere impossibile la condivisione del domus.

Dicevamo, allora, il condominio come comunione ed allontanamento, una sorta d'orgasmo interrotto della collettività: la necessità dell'uomo di isolarsi, pur stando con gli altri, una sorta d'amore nel prossimo incapace di rinunciare al proprio ego. Un ego che si nasconde, ma che emerge, e l'azione con la quale si fa emergere è quella che prevede lo scarto. L'immondizia dalla quale resuscita una valigia piena di vecchie banconote, ne La comunidad – Intrigo all'ultimo piano (2000) dello spagnolo Alex De La Iglesia, è lo stomaco nel quale affondano le mani del professor Emil Hobbes ne Il demone sotto la pelle (1975) di David Cronenberg, alla ricerca del suo parassita, il suo tesoro scientifico. Per entrambi, al cuore dell'immondizia, delle frattaglie umane delle relazioni (immondizia come il corpo di Annabella Brown, amante cavia e vittima di Hobbes, quindi corpo scarto) c'è il tesoro maledetto: in un caso l'avidità e nell'altro la sessualità repressa ed il consumismo edonistico.

Due registi, entrambi legati alla contaminazione ed al pensiero mutante, Cronenberg e De La Iglesia, così diversi tra loro sul piano realizzativo e contenutistico ma così prossimi, come in questo caso, all'idea dell'isolamento e del contagio (l'azione mutante che irrompe). Il condominio di Cronenberg è il lusso della società, l'arca che salva dalla tempesta, ma soprattutto l'impossibilità di mancare ad un'infezione morale, un'immagine debitrice delle feroci parole scritte di James Ballard, disilluse da una società che avanza e progredisce senza purezza, anzi, che custodisce sempre con sé il verme dell'immoralità, il parassita del corpo, l'elemento aggiunto imprescindibile: l'ego. La comunidad di De La Iglesias invece è più barocca, clownesca, irriverente, ma soprattutto amorale, anch'essa contagiata dal suo parassita, il denaro. Entrambi i registi poi, in questa personale rappresentazione del condominio e dell'infezione etica, esprimono una comune condanna di questo tradimento della morale, con il denaro che si sparge oltre il condominio (la Comunidad è, infatti, anche il nome con il quale si chiama il quartiere più ricco di Madrid) e che lascia insoddisfatti i contendenti (ma contamina anche, e si spande per l'aria); con Cronenberg che, se è vero che parla di una contaminazione imprescindibile e quindi di una morale per sua stessa natura prossima sempre al contagio, è vero anche che per tutto il film fa apparire i condòmini come vittime, come esseri a loro volta perseguitati, infetti, contagiati (la scena dei due vecchietti nel corridoio, lenti, che non possono fuggire).

Un altro condominio interessante è sicuramente quello di Delicatessen (1990) dei francesi Marc Caro e Jean-Pierre Jeunet, molto più vicini alle visionarietà grottesche del regista spagnolo, ma per certi versi anche a quelle del regista canadese, almeno nella traccia della carne e del cannibalismo. Il film francese, però, a differenza dei primi due, si conclude con una conquista dell'amore al palazzo della morte, dove tutti gli inquilini erano possibili vittime del macellaio, e con i due protagonisti che non solo suonano la loro canzone sul tetto, ma sono imitati da due ragazzini, una sorta di contagio del dolce sentimento. Dal condominio mutato, quindi, tutti e tre i film rilanciano un discorso, un'aggressione (le auto che escono dal garage all'alba e le banconote che volano verso l'intera città di Madrid) o una dichiarazione di pace (la musica della coppia). L'eccesso della diffidenza, di quella tetra paura che orrida si cela in ognuno di noi, la distanza dall'altro, la paura del coinquilino dalla quale parte Delicatessen è invece punto d'arrivo, diventa vera fobia, oltre l'assurdo, nel thriller psicologico L'inquilino del terzo piano (1976) di Roman Polanski, e vera ossessione di mancanza di partecipazione nel giallo hitchcockiano La finestra sul cortile (1954), sebbene questo film in particolare, ai fini del nostro discorso, in realtà risenta di una certa distanza, perchè Hitchcock si è mantenuto nella posizione dell'osservatore, almeno fino a che Lars Thorwald non entra nell'appartamento di Jeff (James Stewart).

Sentirsi spiati, spiare le ossessioni, le paure della confidenza che diventano mostri che entrano nella testa, fino alla follia finale di Polanski, dicevamo, a causa della quale dalla finestra ci si butta fuori. Polanski, tra tutti, è sicuramente il più originale, con il suo lancio dalla finestra ed il riconoscimento del proprio ego (incubo). In Italia, rimanendo nel tema del contagio ma anche dell'intrusione condominiale, occorre segnalare Demoni 2 – L'incubo ritorna (1986) di Lamberto Bava, improbabile, sceneggiato dalla ormai stanca coppia Argento-Sacchetti, pellicola sicuramente debitrice di Cronenberg, da Il demone sotto la pelle fino a Videodrome (1983). Nella pellicola di Bava i demoni entrano nel condominio attraverso la televisione, elemento estraniante del contemporaneo, improbabile dicevamo, ma per certi versi interessante e incompleto (se non fosse per gli effetti speciali di Stivaletti questo film forse non esisterebbe).

Tra i più recenti film, Condominio (1992) di Felice Farina, per certi versi più vicino a quello del regista spagnolo, The Upstairs Neighbour – Il vicino del piano di sopra (1993) di James Merendino, in pratica un plagio del film di Polanski, e Il mostro (1994) di Roberto Benigni, perché anche se la storia è quella di un maniaco creduto tale, il contesto rimane quello del condominio, dello sguardo (ancora una volta ritorna un elemento hitchcockiano) di chi ti vive accanto. Barriere rotte invece in The Hole – Il buco (1998) di Tsai Ming-Liang, film franco-tailandese dove il contagio è già all'ultimo stadio, ma proviene dall'esterno, e l'appartenenza diventa apertura, tra un appartamento e l'altro, verso la ricerca della salvezza.

 


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