Match Point PDF 
Alessandra Mallamo   

Nell’analizzare il rapporto tra delitto e castigo, Allen si imbatte nel punto di equilibrio che regge in piedi il rapporto stesso: la calcolabilità. Tale principio assume significati diversi a secondo che sia preso in esame dal punto di vista del delitto e di chi lo compie, o del castigo e di chi li infligge. La scelta dell’autore ricade sul primo dei due casi possibili, colui che compie il male è, generalmente, anche colui che innesca la dialettica delitto/castigo secondo un principio termodinamico per cui ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. La calcolabilità, nel senso del castigo, è da intendersi innanzitutto secondo questa regola, infatti per ogni crimine è possibile calcolare un castigo adeguato, con le eventuali attenuanti (sottrazioni) o aggravanti (addizioni) che il caso richiede.

La calcolabilità nel senso del delitto assume connotazioni diverse, da un lato è volta a ridurre a zero le possibilità di imbattersi nel castigo, il mito del delitto perfetto, dall’altro mira ad ottenere col misfatto il massimo vantaggio possibile. In Match Point essa si configura come principio formale che organizza interamente il film dall’inquadratura alla diegesi, sotto questa luce l’opera può dirsi fortemente espressiva, e forse, spingendoci oltre, espressionista, nel significato che Wiene, Murnau e Lang hanno dato a questa parola. Dalle singole inquadrature si può individuare la struttura rigorosa delle forme, la nitidezza delle linee che attraversano il quadro, la rigidità degli spazi. La geometria è metafora della calcolabilità, è la rappresentazione visibile del principio che occupa la mente di Chris; la realtà è ricostruita tramite il suo sguardo ed è ridotta alla stregua di Res Extens, questo sguardo non si limita allo spazio materiale, come teorizza Cartesio, ma arriva ad investire lo spazio dei rapporti umani, organizzato secondo una misura che egli riconosce e domina grazie ai principi piccolo-borghesi cui aspira. La sua scalata sociale presuppone che adotti una nuova visione del mondo: dovrà abbandonare la dimensione “mitologica” del gioco, che comporta la tragicità del rischio, per una razionalità che possa controllare l’esistenza e mettere al riparo da ogni incognita, sembra così che la geometrizzazione dello spazio viene utilizzata da Allen per esprimere visivamente la realtà che Chris finisce per scegliere.

Il film quindi non attraversa il protagonista sul piano morale, piuttosto, seguendo tacitamente il suo stesso flusso di coscienza, si occupa di ridurre il mondo a struttura perfetta dove la perfezione delle forme coincide con la prevedibilità e viceversa. La scena iniziale della pallina da tennis speculare a quella dell’anello, eseguita come se fosse un montaggio alternato, sembra ribaltare l’equazione controllo formale = prevedibilità, invece alla fine lo conferma dal momento che tutto si svolge secondo i piani dell’assassino: il suo unico vero errore sembra quello di non aver tirato l’anello oltre la ringhiera del fiume mentre è proprio quello il tiro che segnerà il punto partita. Il vero delitto invece è Nora a commetterlo dal momento che, seppur estranea come Chris alla Londra “bene”, da quel mondo non si lascia ridurre. Essa rappresenta per il protagonista lo stesso caos primordiale raffigurato nell’opera che sta alle sue spalle quando la rincontra un giorno alla galleria d’arte. Nuovamente l’esterno interviene a rappresentare l’interno, Nora incorniciata dal quadro simboleggia il pensiero stesso di Chris alla sua vista, il ritorno del disordine, lo stesso che cerca di allontanare dalla sua vita e che, definitivamente espulso, lo legherà, proprio attraverso la premeditazione del delitto, all’alta borghesia londinese, che alta davvero non è mai poiché gestisce valori che restano perpetuamente “piccolo-borghesi”.

Come il povero Chris, che per tutto il corso della vicenda sprofonda nella sua vacuità travestita da superomismo. E, se è vero che incubi arrivano a turbare il suo sonno, la realtà, dopo l’assassinio, ricomincia a scorrere per lui in maniera ordinata, così come lui si aspettava.  L’ipotesi di attribuire al personaggio di Chris una connotazione tragica, dovuta al suo desiderio di mutare il suo stato sociale nonché all’ennesima falsa similitudine cui l’autore allude tramite le letture che gli attribuisce, si rivela l’ennesimo trabocchetto. In realtà egli ha molto poco della tragicità esistenziale di Raskol'nikov, protagonista di Delitto e Castigo , e sebbene l’opera di Dostoevskij sembra ispirarlo, anche quella è solo una funzione del suo calcolo, come ogni bravo borghese utilizza la cultura per i suoi fini e se ne disfa subito dopo. L’impresa di Chris manca di tragicità non perché elimina il piano morale, né perché è priva di castigo, non è tragica semplicemente perché, mentre l’eroe di una tragedia è costretto a scegliere tra due possibilità che avrebbero comportato in entrambi i casi la sua disfatta e la consapevolezza di tale disfatta, la scelta di Chris, innescata dal calcolo del profitto che può ricavarne, è meccanica, naturalistica e di classe.

 


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