Giacomo e Stefania si incamminano per una gita sul fiume Tagliamento. Immersi in una natura paradisiaca e scintillante, trascorrono la giornata tra tuffi, scherzi e confidenze, oziando sulle sponde assolate e ascoltando musica, nel tempo sospeso di un pomeriggio estivo.
L'inizio idilliaco potrebbe essere quello di una qualunque avventura di due adolescenti, ma per Giacomo non è un'estate come le altre: è la prima dopo l'intervento che gli ha restituito l'udito. Se il piano sequenza dell'incipit ce lo aveva presentato di spalle, con l'apparecchio acustico, intento a suonare rumorosamente una batteria, nella scena successiva Giacomo è finalmente libero dall'apparecchio ed è pronto a imparare suoni e rumori nuovi, circondato da una natura che sembra amplificare la sua e la nostra percezione. Nel silenzio della campagna, il ragazzo cerca la propria voce e per lui anche stonare We Will Rock You si colora dell'entusiasmo della prima volta, in un percorso verso l'età adulta dal duplice valore iniziatico. La ricerca del fiume e l'esplorazione dei luoghi abbandonati si accompagnano al piacere della libertà e della scoperta, ma la sensualità dei primi pruriti si stempera in una fisicità senza malizia in cui rincorrersi, attaccarsi e solleticarsi ha ancora il sapore dei giochi infantili. Allo stesso modo, così come l'improvvisazione canora e i tentativi con la batteria, anche l'insistita scurrilità verbale di Giacomo è terreno di gioco e sperimentazione: tutto serve a Giacomo per riappropriarsi di un nuovo mondo. L'intesa tra i due ragazzi (iperattivo lui, più posata lei) si dispiega come una delicata giostra della crescita, e culmina nello stupore incantato di fronte allo spettacolo dei fuochi d'artificio. In quella che è forse la scena più bella del film, Giacomo e Stefania corrono in bicicletta lungo una stradina di campagna (sulle note di una struggente Fifteen Years Ago del gruppo belga Dupap): è un momento di autentica gioia per gli occhi, un'immagine capace di imprimersi nella memoria visiva ed emotiva. D'altra parte la felicità, come ricorda Stefania, è fatta di piccole cose.
Opera prima di Alessandro Comodin, friulano formatosi all'INSAS di Bruxelles, il film è un piccolo gioiello a metà tra documentario e finzione che svela la realtà suggerendola con la grazia naturale di un soffio, cogliendone l'essenza e la poesia ma senza manierismi. Lo sguardo dilatato della macchina da presa pedina i personaggi, li segue in lunghe inquadrature ravvicinate: mostra con naturalezza e, cosa non trascurabile, senza mai annoiare. L'audio in presa diretta e l'indovinato commento musicale (per lo più intradiegetico) completano il quadro. Come l'emozionante Rumore Bianco di Alberto Fasulo (conterraneo di Comodin), L'estate di Giacomo si snoda lungo il Tagliamento, traccia visibile e materica di un memoria pulsante di luoghi e persone. Più che semplice sfondo, la natura edenica del paesaggio friulano funge da catalizzatore a questa educazione sentimentale e sensoriale e fa risplendere di nostalgica malinconia l'esperienza magica e liminale dell'adolescenza.
Titolo originale: L’estate di Giacomo; Regia: Alessandro Comodin; Sceneggiatura: Alessandro Comodin; Fotografia: Tristan Bordmann, Alessandro Comodin, Jean-Jacques Quinet; Montaggio: Alessandro Comodin, João Nicolau; Produzione: Faber Film, Les Films d'Ici, Les Films Nus, Tucker Film, Wallpaper Productions, Centre du Cinéma et de l'Audiovisuel de la Communauté Française de Belgique, Centre de l'Audiovisuel à Bruxelles, Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia; Distribuzione: Tucker Film; Durata: 78 min.; Origine: Italia/Belgio/Francia, 2011
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