I bambini ci guardano: come i figli osservano e raccontano i padri PDF 
Paolo Fossati   

L’esercizio di scrivere biografie dei padri, da tendenza editoriale, si sta trasformando quasi in un genere. Oltre ai libri di recente pubblicazione, Guai ai Baci di Ottavia Monicelli e Di figlio in padre di Manuel De Sica, la scorsa stagione ha salutato l’uscita di Sbagliando l’ordine delle cose di Alessandro Gassman, un’autobiografia scritta affrontando e raccontando le difficoltà del confronto con l’enorme carisma del padre Vittorio, e Walter ed io. Ricordi di un figlio di Simone Annicchiarico, dedicato al padre Walter Chiari.

Figli che raccontano la dimensione intima e privata di padri celebri. Si confrontano con la vita, la celebrità, le opere di artisti che hanno influenzato la cultura del secondo Novecento. I ricordi personali si specchiano, inevitabilmente, nella memoria collettiva. Questi racconti in soggettiva, scritti da osservatori “privilegiati”, affascinano i lettori non tanto per la possibilità di soddisfare curiosità morbose – non siamo nella dimensione del gossip, anche se qualche acquirente, fraintendendo, può avvicinarsi ai testi con tale proiezione mentale – quanto nel territorio del dissolversi delle illusioni. Si raccontano uomini dei quali ogni italiano (e ogni cinefilo straniero) conosce voce, gestualità ed opere, grazie alla magia del cinema. Se ogni generazione si confronta con i miti del passato, questi scrittori fronteggiano la sfida di un Apollo che voglia raccontare la vita di Zeus. E nel frattempo si mettono a nudo, evidenziando il gioco di scatole cinesi del nascere e vivere nella scia del successo. Il racconto di Ottavia Monicelli è un approfondito diario di un percorso di (auto)analisi, attraverso il quale l’autrice ripercorre la propria vita descrivendo un grande vuoto, quello di un’assenza. Soprattutto nella prima parte, Mario Monicelli viene descritto come un padre irraggiungibile e di conseguenza idealizzato. Poi, non senza traumi, la storia diviene quella di una figlia adulta che costruisce un rapporto di confidenza con il proprio genitore anziano, ma pieno di energie. Monicelli è un amico, un punto di riferimento, un compagno di bevute, cene e giochi intellettuali. Diventerà un nonno molto più affettuoso di quanto sia stato come padre. Ma non per questo cambierà la propria natura, rincorrendo irrefrenabile la vita e affrontando a viso aperto i fantasmi ereditati in gioventù dal proprio padre. Emergono l’ironia, la risolutezza e la sagacia monicelliane, mentre il cinema resta sullo sfondo delle pagine, evocato più dalla mente del lettore stesso che da citazioni esplicite, che sono rare ma efficaci, come l’indimenticabile descrizione dei nipotini nati nel nuovo millennio che cantano la melodia de L’armata Brancaleone.

Nel libro di Manuel De Sica, al contrario, si respira molto cinema. La struttura “da zibaldone” allinea frammenti di memoria, ognuno identificabile con un titolo evocativo. Lettere ed appunti di Vittorio De Sica arricchiscono il testo, in contrappunto con le parole del figlio. La lettura diviene così un viaggio che talvolta si interrompe per concedere spazio ai documenti: fiabe che inevitabilmente ricordano Vittorio De Sica nelle vesti di narratore, quando introduceva Carosello. Sembra di ascoltare la sua voce. L’almanacco elenca attori, attrici, produttori e film senza risparmiare aneddoti feroci riguardanti grandi nomi dello spettacolo. Il tono è confidenziale, ma la lettura diventa a tratti un compendio di storia del cinema: uno sguardo nel backstage di vite vissute sul palcoscenico, come accendere i riflettori e spostare l’inquadratura sul fuoricampo. Le riflessioni finali e forse più urgenti, anche in questo caso, sono sul futuro. I figli non sono altro che un ponte tra la vita dei propri padri e le generazioni successive, alle quali desiderano consegnare la memoria di un mondo che tende a scomparire, quello che un tempo i genitori attraversarono tra entusiasmi, gioie, tragedie e speranze.

 


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