Shame PDF 
Giulia Palmieri   

Si nasce, si muore. Nel mezzo succedono delle cose. È la vita. Potremmo dire lo stesso dell’ultimo lavoro di Steve McQueen, che inizia e finisce raccontando uno spicchio di esistenza senza voler dare né giudizi né morali. Più che una parabola sulle ossessioni e sulle dipendenze umane, una spirale di decadimento e autodistruzione che nell’epilogo finale non trova necessariamente una risposta. It’s up to you. Sta a voi decidere. Come canta l’incantevole Carey Mulligan con voce tremante e disperata, mentre trasforma il medley del musical New York, New York in un sottile grido d’aiuto.

Shame è forse brutalmente meraviglioso per questo: fonde realtà ossimoriche per natura,  imprigionando il bello (Michael Fassbender) nella bestia (sempre lui) e costringendo la perfezione a guardarsi allo specchio fino a notare il marcio che spesso nasconde. Un film che parla di “loro”, i diversi, ma anche di “noi”, quelli che ben pensano e poi male agiscono. Steve McQueen sembra trovare nel tormento fisico ed emotivo il luogo migliore per imbastire la sua ricerca di senso, come già dimostrato in Hunger, inspiegabilmente non distribuito in Italia e vincitore  del prestigioso Caméra d’Or e del Sydney Film Prize. Lo scarto tra le due pellicole viene ridotto dalla scelta dello stesso interprete, grazie al quale i due film sono in qualche modo complementari: nel primo la prigionia è effettiva e totale, nel secondo essa è intimamente celata dietro a una libertà apparente. Nella città che non dorme mai, un benestante trentacinquenne può permettersi tutto, il sesso, forse anche l’amore. Ma non l’equilibrio che serve ad accettarli entrambi.

La carnalità che già dai primi minuti invade lo schermo è solo il mezzo che il regista usa per mettere a nudo l’animo del suo protagonista e condurre lo spettatore nella comprensione di un eccesso che non è mai volgare. Inquadrature oggettive, e pericolosissime carrellate ottiche su altre pellicole, sono qui eleganti e puntuali, al punto che una volta  che le luci si riaccendono in sala, è disturbante rendersi conto di aver osservato per un’ora e mezza ménage à trois, orge, masturbazioni e affini senza batter ciglio. Si lascia la sala con un profondo senso di malinconia, il classico pugno nello stomaco che si prova quando qualcosa ci spinge a riflettere sulla nostra condizione, e che è un po’ ciò che leggiamo negli occhi di Brandon per tutta la durata del film. E se la fragilità del protagonista sarebbe sufficiente a imbastire una trama densa, quella della sorella (Carey Mulligan) non può che completarla: Sissy spera ancora che ricominciare sia possibile e che solo i legami interpersonali siano la chiave per alleviare almeno in parte le sofferenze dell’anima. La disfatta che consegue l’impossibilità di recuperare quelli già naturalmente esistenti (come il rapporto con il fratello), e quella di crearne di nuovi, è il fardello del quale non riuscirà a disfarsi se non attraverso un gesto estremo. Basterà quest’ultimo a dare una svolta alla vita di entrambi? It’s up to you, New York, New York

Titolo originale: Shame; Regia: Steve McQueen; Sceneggiatura: Steve McQueen, Abi Morgan; Fotografia: Sean Bobbitt; Montaggio: Joe Walker; Scenografia: Judy Becker, Heather Loeffler; Costumi: David C. Robinson; Musiche: Harry Escott; Produzione: Film4, See-Saw Films, UK Film Council; Distribuzione: BIM; Durata: 101 min.; Origine: Gran Bretagna, 2011

 


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