Quando c'era Silvio: no future for us PDF 
Fabio Fulfaro   

Sono passati più di quattro anni, si era alla vigilia delle elezioni del 2006, quelle vinte al fotofinish dal centrosinistra (ma sarebbe stata una vittoria di Pirro), e questo documentario incentrato su anima e corpo di Silvio Berlusconi già riusciva a dare un quadro completo e credibile di una delle figure più controverse del nostro panorama politico. I vizi privati, il culto del corpo, la megalomania, la maleducazione, le frequentazioni sospette, il machismo supponente, il totale disprezzo delle regole, l'uso privato del potere pubblico, il conflitto di interessi. Era già tutto lì, documentato da Enrico Deaglio e Giuseppe Cremagnani, con precisione, senza affidarsi alle semplici opinioni, ma producendo atti, carte, fatti concreti. La somma di prove filmate e documentate è talmente inconfutabile che si rimane a bocca spalancata: gli amici di Silvio Berlusconi si chiamano Marcello Dell'Utri, Cesare Previti, Vittorio Mangano. Con questo simpatico gruppo di amici, agli inizi degli anni Settanta, inizia la scalata imprenditoriale, con investimenti di somme incredibili di denaro. Se mostri ai fan di Forza Italia le carte processuali che mostrano il coinvolgimento di Dell'Utri e Mangano nell’organizzazione mafiosa ti rispondono che sono dei perseguitati politici, che sono loro i veri eroi di questo paese, altro che Falcone e Borsellino. Se sottolinei la miriade di leggi fatte ad hoc per risolvere i falsi in bilancio e le frodi fiscali, per regalarsi un’immunità nel caso il corso degli eventi precipiti, ti viene risposto che sei un comunista in malafede e cerchi di complottare contro l'Imperatore. Se poni l'accento sulla macroscopica incongruenza del conflitto di interessi di un uomo che ha in mano almeno cinque reti televisive e gran parte della carta stampata e nel frattempo è capo del governo (situazione unica al mondo), ti viene ribattuto, con una ingenuità disarmante, che il grande Silvio ha venduto tutto e non compare in nessuna delle suddette proprietà.

Lasciamo perdere i vizi privati, i deliri pseudo-virili di un’andropausa incipiente, la riduzione della donna a puro oggetto sessuale di intrattenimento (la scena dell'organizzazione della claque a Putin è di una tristezza infinita), i trapianti di capelli, i tacchi alti, il lifting. Tralasciamo la rozzezza dei modi. Guardate come accoglie Gorbaciov e Bush: li tocca, dà pacche sulle spalle, li adula, li guarda negli occhi per vedere se i suoi complimenti (stesse parole ripetute ad entrambi) sono andati a segno, li titilla, li solletica con belle donne, champagne, cibi prelibati. Non sembra un politico, dà semplicemente l'idea di un furbacchione che ha bisogno di un po' di amici con cui fare affari e per questo scopo è disposto a comprare pure la fiducia e il rispetto. Con la consapevolezza che il potere economico di cui dispone salta alla grande gli ostacoli della diffidenza e del rispetto delle leggi. Silvio Berlusconi proprio nei filmati che lo ritraggono in privato lascia trasparire una certa insofferenza alle regole scritte del buon vivere civile: una bella pacca sulle spalle, una bella cantatina con Apicella (ascoltate il testo della canzone, è un orribile accozzaglia di luoghi comuni), una barzellettina un po' sconcia, un regalino sottobanco, una telefonata di raccomandazione e anche il nemico più incallito passa dalla sua parte, dimenticando magagne giudiziarie e conflitto di interessi. Karl Marx parlava della volubilità del sottoproletariato, ma la sensazione è che il popolo italiano sia fondamentalmente affascinato da questi uomini di successo, potenti, virili, circondati da donne compiacenti e galoppini solerti, che promettono favori e scalate professionali, sesso e soldi, come in un grande paese dei balocchi.

Il grande inganno berlusconiano è stato far credere che un pezzo di cielo era alla portata di tutti, che la sua elezione avrebbe comportato un miglioramento dei conti dello Stato, un cambiamento di rotta rispetto ai governi precedenti. Invece le porcherie si sono moltiplicate, le collusioni quasi esibite come medaglie al valore, la furbizia si è sostituita all’intelligenza, istillando nell'italiano medio la pericolosa equazione, “se lo fa lui lo posso fare anche io”. Senza scomodare la Fenomenologia di Mike Bongiorno di Umberto Eco (ma guarda caso Mike è diventato un'icona sacra in questa povera italietta senza più intellettuali e filosofi), diventa chiaro il successo della immagine mass mediatica di Silvio Berlusconi: è un po' il rovesciamento del motto “You Can” tanto caro ad Obama. Qui, piuttosto, siamo più vicini alla volontà del superuomo nietzchiano: “siccome sono l'unico che posso, voi dovete votarmi”. E l'elettore di rimando “Se lui è riuscito a fregarli tutti, li frego tutti anche io ... quindi lo voto perché l'alternativa a questo folle sogno è fare i conti con la realtà e rimboccarsi le maniche”. E sappiamo quanto l'italiano sia maledettamente pigro e attento esclusivamente al proprio portafoglio.

A questo punto occorre fermarci, trattenere il respiro e provare a farci delle domande: com’è possibile che la maggioranza degli italiani non abbia ancora capito con chi abbia a che fare? Com’è possibile che nonostante tutte le evidenze di questi anni disgraziati (altro che Notte della Repubblica), se si dovesse tornare a votare, Berlusconi rivincerebbe le elezioni, anche se con uno scarto minore? Com’è possibile che i giovani del Popolo delle Libertà continuino a difendere il grande Silvio di fronte ad una evidenza così schiacciante, pur avendo al loro interno un altro esponente come Fini, apparentemente più equilibrato, che non si fregia di amicizie equivoche ed è anche più apprezzato in Europa? La figuraccia di Berlusconi con Schultz (con a fianco il viso terreo di Gianfranco Fini) riproposta in questo documentario rimarrà una delle più incredibili dimostrazioni di dilettantismo politico e di inciviltà che si siano viste in un aula parlamentate. L'editto bulgaro contro Luttazzi, Biagi e Santoro e le censure di questi giorni contro Rai Tre sono la dimostrazione lampante di un uomo che, non potendo sostenere un contraddittorio (perchè non potrebbe essere mai in grado di sostenerlo), preferisce tappare la bocca ai suoi avversari con le buone (offerte di passare alla sua squadra) o con le cattive (rimozioni, tagli di fondi, vernissage e silenziatori). L'idea è quella di creare un falso consenso mediatico che dà l'illusione allo spettatore televisivo e al lettore di giornale di vivere ancora in un paese normale.

Credo non ci siano dubbi del perchè Silvio Berlusconi sia sceso in campo nel 1994, dopo la bufera di Mani Pulite e le stragi di mafia: tenuto conto dei procedimenti a suo carico e dello stato precario dei conti Fininvest aveva bisogno di andare al governo per disegnarsi delle leggi ad hoc come quella Cirami (che spostava una serie di processi in altra sede, facendo perdere tempo prezioso e mandando alcuni reati in prescrizione come quello del Lodo Mondadori e All Iberian 1), come quella sul falso in bilancio (con questa legge il processo All Iberian 2 e il processo SME Ariosto 2 si sono conclusi con l'assoluzione semplicemente perche la nuova legge depenalizzava il reato!) e come quella del lodo Alfano (con quest'ultima l'importante processo che ha già portato alla condanna dell'avvocato David Millis rimane in sospeso finchè il mega Silvio avrà l'immunità della carica istituzionale che ricopre). Per non parlare dell’immane figuraccia del novembre 2002, quando, chiamato a testimoniare nel processo contro Marcello Dell'Utri (condannato in primo grado per associazione mafiosa), si è avvalso della facoltà di non rispondere. Queste non sono opinioni di una parte faziosa, colta dal risentimento perchè Silvio ha i soldi e le donne, come in maniera molto banale il presidente del Consiglio tende a semplificare. Questi sono fatti, anzi FATTI con la maiuscola, provati da carte processuali, decreti legislativi e intercettazioni telefoniche.

Se questi sono i fatti allora il problema non è Silvio Berlusconi. Il problema è nella scarsa lucidità della maggioranza del popolo italiano che continua a votarlo ormai da quindici anni. Il problema è nell'assoluta inconsistenza dell'opposizione, che non solo non è riuscita a combatterlo con le armi della moralità e della coerenza politica, ma in taluni casi ha provato addirittura a stringere un patto con il diavolo con alleanze sottobanco che gridano vendetta al cielo. La classe dirigente della sinistra deve battersi il petto e gridare il mea culpa: invece di compattarsi contro il nemico comune per il bene del Paese, si è divisa, lacerata, dilaniata in mille correnti e correntine, con volta faccia che ricordano i trasformismi della Prima Repubblica, con doppi giochi e ammiccamenti, con il cartellino del prezzo bene in vista per le svendite di fine stagione. Tra Berlusconi e il nulla, il popolo teledipendente lobotomizzato da trent'anni di pessima televisione ha finito per scegliere il falso sogno di un imbonitore modello Mangiafuoco che ha fatto intravedere un paese dei balocchi inesistente, ipnotizzandolo con le tette delle veline e i gladiatori del pallone, con promesse di ricchezza facile e la falsa autonomia di un progresso tecnologico che ha lo ha reso rozzo e analfabeta (tra i cellulari di ultima generazione  e il digitale terrestre), egoista e razzista. Un paese diviso tra Nord e Sud, in cui l'ultimo obiettivo della classe dirigente che ci governa (Brunetta, Gelmini, Calderoli Bondi e via dicendo) è quello di azzerare definitivamente la cultura tagliando i fondi alle arti e allo spettacolo, facendo tabula rasa della ricerca e dell'università, dell’informazione e della scuola, con una bella pernacchia a tutti i principi della Costituzione e ai fondamenti della Democrazia.

Io credo che nel 2005 il titolo Quando c'era Silvio manifestasse un certo ottimismo nel prevedere un rapido declino dell'uomo che ha fatto retrocedere l'Italia agli ultimi posti nel mondo per quanto riguarda la libertà di informazione e le pari opportunità. In realtà aveva ragione Nanni Moretti quando, in tempi non sospetti, aveva dichiarato che il Cavaliere aveva già vinto la sua battaglia, impossessandosi di parte della carta stampata e di tre reti televisive. Questo gli ha consentito in circa trent'anni di bombardamenti mediatici e messaggi liminali e subliminali di creare una Italietta tra orrore e folclore a sua immagine e somiglianza. E anche se dovesse abdicare, il danno è ormai compiuto e ci vorranno davvero altri 150 anni per smaltirne le scorie radioattive. Sempre che non subentri qualcuno peggio di lui. No future for us.

TITOLO ORIGINALE: Quando c’era Silvio – Storia del periodo berlusconiano; REGIA: Ruben H. Oliva; SCENEGGIATURA: Beppe Cremagnani, Enrico Deaglio, Ruben H. Oliva; FOTOGRAFIA: Armando Bolzoni; MUSICA: Carlo Boccadoro; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2005; DURATA: 89 min.

 


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