Quando ci si appresta a guardare un film, i punti di vista sono molteplici e spesso discordanti. C’è l’occhio dell’osservatore profano, c’è quello dello spettatore affezionato, e poi c’è quello del critico. Questa triplice veste, tuttavia, non può e non deve modificare radicalmente il giudizio su una pellicola, sebbene alcuni aspetti restino comunque dei capi saldi, monoliti su cui poter contare per garantirsi una gradevole visione. Le opinioni riguardo il Magic Mike di Steven Soderbergh non sono di certo univoche, ma credo che si possa dire che difetti di alcune strutture portanti dell’impianto drammaturgico. La storia manca spaventosamente di continuità, difficilmente ci si riesce ad affezionare ai personaggi e spesso i messaggi di moralità o contro-moralità si fondono in una entropia etica da cui è difficile uscire.
Di fronte a questo genere di costruzione cinematografica, dunque, diventa difficile valutare quanto studiata possa essere l’inquadratura, quando l’autore sia riuscito a rendere originale un tema trito e ritrito, o quando la fotografia segua schemi di ragionamento tecnico-estetico. Tutto passa in secondo piano e il risultato è che la concentrazione nella visione dell’ultima fatica di Soderbergh viene a mancare. Guardandolo, ci si aspetta sempre il colpo di scena, il guizzo che ti porta a credere che lo stereotipo messo in scena non si esaurisca così come viene rappresentato. E ancora una volta ci si sbaglia. Il cinema non aveva certo bisogno di un altro eroe di trasgressione, che in fondo vuole solo riscattarsi. Perché è di questo che sembra parlare Magic Mike. Mike, il protagonista, indossa diverse maschere: prima muratore, poi esperto di pubbliche relazioni, e infine spogliarellista. Ma ben presto si scopre che quello che desidera veramente è accumulare soldi sufficienti per aprire la sua impresa di mobili personalizzati. Peccato che la pellicola non “risolva” la questione, ma al contrario sposti l’attenzione del riscatto su un nuovo amore. Come dire: quando si mette troppa carne a cuocere, il rischio è che gli scarti si presentino in misura maggiore alle aspettative.
Insomma, un film dove ci si può aspettare di tutto. Ma in quel marasma confusionario di innesti, non manca un cast di particolare levatura. Oltre al protagonista Channing Tatum, nel ruolo appunto di Mike, spicca Matthew McConaughey, nel ruolo dell’esperto spogliarellista alla guida dello strip club Xquisite; senza dimenticare Alex Pettyfer, nel ruolo di Adam, iniziato e deviato nel ruolo di spogliarellista dall’amico Mike. Ma ciononostante, da Soderbergh ci si sarebbe aspettati qualcosa di più, qualche virtuoso sperimentalismo. Invece è caduto nella tentazione dell’eccessiva eloquenza delle immagini, tralasciando un impianto narrativo su cui si doveva invece necessariamente puntare per non incappare nella banalità.
Titolo originale: Magic Mike; Regia: Steven Soderbergh; Sceneggiatura: Reid Carolin; Fotografia: Steven Soderbergh; Montaggio: Steven Soderbergh; Scenografia: Howard Cummings; Costumi: Christopher Peterson; Produzione: Iron Horse Entertainment (II), Extension 765, Nick Wechsler Productions; Distribuzione: Key Films; Durata: 110 min.; Origine: USA, 2012
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