No Man's Land PDF 
Fabio Fulfaro   

Qual è la differenza tra un pessimista e un ottimista? Il primo pensa che le cose non possano andare peggio di così. Il secondo è convinto di sì.

L'opera prima di Danis Tanovic sulla guerra civile in Bosnia Erzegovina uscì nel 2001, beneficiando dell'enorme impressione e sgomento mondiali dopo l'attentato delle Twin Towers dell'11 settembre. Il film vinse il premio come miglior film al Golden Globe, il premio come migliore sceneggiatura a Cannes e l'Oscar come miglior film straniero 2002 (battendo Il favoloso mondo di Amelie di Jeunet). A distanza di tempo il film mantiene intatto il suo grido contro la stupidità grottesca di una guerra fratricida, ma mostra anche qualche crepa e qualche ombra, soprattutto nella cifra stilistica.

Per avvicinarsi al film bisogna innanzitutto richiamare alla mente il periodo storico del conflitto nella ormai ex Jugoslavia. Dopo la caduta del muro (1989) e il dissolvimento del patto di Varsavia (1991) i fragili equilibri della federazione jugoslava (tenuti insieme da Tito e dall'Unione Sovietica) vengono fatalmente a cadere. Iniziano le richieste di indipendenza di Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia-Erzegovina. L'esercito federale, controllato dai serbi, sferra un attacco alla Slovenia senza successo e contemporaneamente attacca la Croazia. Quando nel 1992 la CEE e gli Stati Uniti riconoscono la sovranità della Bosnia-Erzegovina scoppia il putiferio: i serbi non ci stanno e si riorganizzano. Milosevic dà vita ad una federazione serbo-montenegrina (col nome di Jugoslavia) che sferra un attacco contro la Croazia e la Bosnia per annettere quelli che considerava i propri territori popolati da serbi. Si arriverà ad un attacco massiccio alla capitale Sarajevo che richiederà l'intervento dei caschi blu ONU (UNPROFOR: Forze di Protezione delle Nazioni Unite). Il neuropsichiatra Karadze forma all'interno della Bosnia-Erzegovina una repubblica serbo-bosniaca che rivendica la propria autonomia lanciandosi in un'operazione di pulizia etnica che culminerà nel massacro di Srebenica (gran parte delle vittime sono bosniaci di religione musulmana). Il contesto storico in cui è ambientato il film riguarda proprio il momento di maggior confusione e atrocità del conflitto: nel territorio della Bosnia Erzegovina si fronteggiano due fazioni (quella serba e quella bosniaca), e proprio durante questi combattimenti tre soldati (due bosniaci, Ciki e Tsera, e un serbo, Nino) finiscono nella “terra di nessuno”, quella zona di neutralità che non dovrebbe rimanere indifferente davanti allo sterminio e all'assassino. Uno dei tre soldati, Tsera, scambiato per morto, viene posizionato su una mina balzante allo scopo di dilaniare e colpire gli ignari soccorritori che ne dovessero sollevare il corpo. Risvegliatosi, Tsera diviene spettatore inerme e impotente delle assurde tragedie quotidiane che si compiono in guerra: la totale inadeguatezza delle forze ONU, che riescono solo a far precipitare i fragili equilibri nella zona balcanica, le schermaglie tra Ciki e Nino, in cui è la forza del fucile a dettare regole e condizioni, l’indifferenza degli sciacalli della televisione, interessati solo allo scoop, il cinismo dei comandi militari, pronti a sacrificare vite umane sull'altare della propaganda politica.

Il tono dell'allora 32enne Tanovic varia tra il grottesco e il sarcastico, ma ogni accenno di riso e di variazione goliardica viene subito interrotto dallo scoppio improvviso della follia sanguinaria, generata da quell'orrore, da quel "cuore di tenebra" nascosto da sempre all'interno di ogni essere umano. Certe figure, come quella del comandante Dubois (e della sua segretaria Marta "coscialunga") o del soldato Marchand delle forze ONU, sono volutamente caricaturali e riflettono la totale incapacità dell'uomo di mostrarsi razionale nei momenti di tensione. Il soldato Marchand è uno dei pochi che smette di essere neutrale di fronte alla barbarie. La cosa più grottesca è che proprio mentre i due soldati nemici si riconoscono nelle proprie debolezze e condividono la stessa lingua (che paradossalmente li isola dalla comunicazione con le forze ONU) l'intervento del carro armato delle Nazioni Unite riaccende la miccia dell'odio fratricida tra serbi e bosniaci. La giornalista che insegue il suo scoop navigando tra le frequenze radio delle Nazioni Unite non è interessata al destino dei tre soldati, vuole solo raccontare una storia in esclusiva per vincere la concorrenza delle altre reti televisive, mostrando così un cinismo inquietante nel manipolare la buona fede del soldato Marchand e allontanandosi alla fine dalla zona della no man's land senza nemmeno accertarsi della verità.

Tanovic mantiene uno stile asciutto e antiretorico, ma scivola spesso in certi luoghi comuni bellici ipertrofizzando le debolezze dei suoi protagonisti. In alcuni momenti di umorismo nero ricorda l’Altman di M.A.S.H., in altri le follie balcaniche del Kusturica di Underground. In effetti, nel pieno delirio della battaglia, risulta davvero paradossale l’esclamazione del soldato ONU che aprendo il giornale dice: “Che casino in Rwanda!”. Il regista afferma di essersi ispirato a Beckett e al suo Aspettando Godot, e anche l’inizio del film, avvolto da una nebbia shakespeariana, richiama la formazione del 40enne regista bosniaco all’accademia teatrale di Sarajevo. Nonostante i notevoli pregi, la confezione sembra fatta apposta per soddisfare un po’ tutti i palati: nessuna variazione sul tema, nessun acuto, epilogo abbastanza prevedibile e leggermente ruffiano. Finire nella terra di nessuno significa rischiare di scomparire tra l'oblio e l'indifferenza. E nell'immagine di quel povero serbo crocefisso a una bomba non è difficile intravedere il destino della povera Jugoslavia, pronta a esplodere in tanti stati e staterelli, ognuno con la sua autonomia. O forse il destino di ogni singolo soldato intrappolato in un gioco di potere in cui riveste il ruolo di semplice pedone. Facilmente sacrificabile. Everything is political.

TITOLO ORIGINALE: No Man’s Land; REGIA: Danis Tanovic; SCENEGGIATURA: Danis Tanovic; FOTOGRAFIA: Walther Vanden Ende; MONTAGGIO: Francesca  Calvelli; MUSICA: Danis Tanovic; PRODUZIONE: Bosnia Erzegovina; ANNO: 2001; DURATA: 98 min.

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.