La sequenza iniziale di un film è un passaggio delicato, quello con cui si tasta subito il polso dell’opera e dell’autore. Con La giusta distanza, Carlo Mazzacurati si conferma il regista italiano dalle aperture più squisitamente cinematografiche. Merito delle sue dense ricognizioni iniziali sulla materia ancora grezza del film e anche di un gioco di scrittura che si diverte a seminare indizi da decifrare a posteriori. Non è casuale, quindi, che la lunga ripresa aerea sul delta del Po si arresti su un’anonima corriera in marcia attraverso la campagna, un simbolo che sarà rivelatore dello svolgimento, in forma di giallo, e della conclusione. E si gioca ai rimandi quando, sempre nei primi minuti, viene letta distrattamente la notizia della tragica scomparsa di un imprenditore agricolo con lo stesso nome (Tornova) dell’allevatore corrotto al centro del film d’esordio di Mazzacurati, Notte italiana. L’ultimo lavoro del regista padovano riparte geograficamente dai luoghi del suo primo film per indagare nuovamente una certa provincia italiana che, vent’anni fa, si era rivelata disonesta e immorale, dietro alla facciata del forte sviluppo economico del nord-est. A raccontare i fatti quotidiani del piccolo paese veneto di Concadalbero è il diciottenne Giovanni, l’unico cronista adeguato, dato che “la barista è cinese, la farmacia non c’è e la maestra è malata”. Per sostituire la vecchia maestra, si stabilisce in paese la giovane ed avvenente Mara, ricevendo immediatamente le attenzioni dei paesani. Il meccanico tunisino Hassan ne rimane affascinato, tanto da cedere alla tentazione di spiarla di notte nella sua abitazione. Scoperto da Giovanni, da Mara e da una sua amica, quel voyeurismo, mosso dalla solitudine, genera diffidenza e paura nei confronti di Hassan. Ma la nuova maestra sarà l’unica ad accorgersi che l’uomo tunisino, in realtà, è la persona più sincera ed onesta conosciuta in paese. Così, i due si legano gradualmente, fino ad intrecciare una relazione sentimentale. Una sfilata di personaggi seriamente ridicoli punteggiano la storia, perché Mazzacurati è un maestro nell’inventarsi dei perfetti cialtroni, e certamente ci assicura che la materia da cui attingere è copiosa. Quando Hassan viene ritenuto colpevole di omicidio, un teste importante, autorevole, è nientemeno che un veggente televisivo, Tiresia, molto accreditato in paese per il suo talismano della fertilità. Il gioco del disvelamento della realtà contro il sentire comune, compreso quello, possibile, dello spettatore, e la messa a nudo degli uomini senza qualità morali, sono presenti in Mazzacurati fin dai suoi esordi. Qui, l’operazione si svolge nell’ultima parte del film assumendo i caratteri di un giallo, un accertamento finale di una provincia italiana chiusa in se stessa, sola e diffidente. Le caratteristiche carrellate “ricognitive” ricche di emozioni, che portano alla mente quelle di Bertolucci quando filmava la pianura padana, e la coraggiosa scelta di un’attrice sconosciuta per il ruolo principale, anziché i soliti visi noti e pieni di cliché, confermano Mazzacurati come uno dei registi italiani più liberi, da collocare senz’altro nel novero dei pochi autori di cinema che raccontano, con umanità, un pezzo della nostra storia. SCHEDA FILM TITOLO ORIGINALE: La giusta distanza REGIA: Carlo Mazzacurati SCENEGGIATURA: Doriana Leondeff, Carlo Mazzacurati, Marco Pettenello, Claudio Piersanti FOTOGRAFIA: Luca Bigazzi MONTAGGIO: Paolo Cottignola MUSICA: Tin Hat PRODUZIONE: Italia ANNO: 2007 DURATA: 110 min.
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