Milano Film Festival 2005: Panoramica PDF 
di Paolo Fossati   

Il traguardo della decima edizione consacra il Milano Film Festival mostrandone la natura di evento culturale poliedrico, atteso dagli amanti di un cinema lontano dal circuito mainstream e inteso soprattutto come punto di convergenza della sperimentazione linguistica legata all'audiovisivo. Momento di riflessione collettiva, condiviso da autori e spettatori. È un vero sguardo d'insieme sullo stato di salute del cinema quello che quest'anno gli organizzatori sono riusciti a proporre ad un pubblico eterogeneo, che ha mostrato interesse dinanzi alle opere di giovani registi, invitati ed accorsi nel capoluogo lombardo da tutto il mondo.

Se il nucleo della kermesse è stato come sempre il concorso internazionale per cortometraggi (45 opere presentate su 1500 pervenute) a cui si è affiancato quello dei lungometraggi (6 titoli scelti su 400 iscritti), non si sono certo rivelate di minor interesse le numerose altre proposte: rassegne, incontri, workshop, concerti, dj set. L'atmosfera che si è creata tra il Piccolo Teatro ed il Castello Sforzesco fra il 16 ed il 25 settembre ha risvegliato il desiderio di interazione culturale in una città intenta a mettere in scena simulazioni di attentati terroristici, trasformata improvvisamente in un set hollywoodiano sotto gli occhi degli ospiti stranieri (l'esercitazione antiterrorismo di venerdì 23, svoltasi a pochi passi dal Teatro Strehler, ha dato a cittadini e turisti coinvolti l'impressione di trovarsi dietro le quinte di un colossal: comparse - truccate per l'occasione – interpretavano il ruolo dei feriti, suoni di sirene, traffico in tilt, concitazione generale, elicotteri... insomma, scene degne di essere inserite nei contributi speciali del DVD di un "disaster movie"!).

Fortunatamente dietro l'angolo - nel backstage di questa realtà - una boccata d'ossigeno e di vero cinema rianimava gli sguardi attoniti di migliaia di spettatori, esercitandoli a riflettere con le numerose proiezioni del Festival. "Let the world be here" è stato lo slogan di questa edizione 2005, e per qualche giorno un intero universo di giovani cineasti provenienti da 76 paesi diversi hanno davvero reso Milano il fulcro di una riflessione sul valore del cinema come testimone della contemporaneità (specie nella rassegna fuori concorso "motion&picture against poverty"), come strumento per comprendere la storia (nello special screening Colpe di Stato) e, in modo più autoreferenziale, come arte che riflette su se stessa e sul proprio ruolo (con l'omaggio al Festival du Film Maudit, svoltosi a Biarritz nel 1949).

Gli spazi del Festival hanno creato possibilità d'incontro e confronto tra registi, stranieri ed italiani, permettendo loro di dialogare con il pubblico in luoghi esterni alla sala cinematografica, tra i quali la "Casa dei Registi", grande novità di questa edizione. In via Assab, infatti, nell'edificio di un'azienda di grafica smantellata, è stata allestita una zona ospitalità in grado di accogliere gli autori invitati al festival. Oltre alle stanze per il pernottamento gli artisti hanno avuto a disposizione uno spazio d'incontro/confronto arredato con attenzione al design e pronto per diventare un luogo creativo per stimolare le collaborazioni tra gli ospiti della struttura (che potevano usufruire anche di un'area attrezzata per proiezioni autogestite e un laboratorio per montaggio e postproduzione digitale).

Tentando, ora, di tratteggiare una visione d'insieme del panorama culturale sfilato sotto gli occhi degli spettatori è necessario segnalare tra i lungometraggi passati al Festival Sunless City, del regista russo Sergei Potemkin, un esordio folgorante: un film ambientato a San Pietroburgo che trasforma la metropoli in un caleidoscopio dove si mescolano amore, passioni artistiche, sofferenza e commozione. Incorniciati da inquadrature rigorose, composte con attenzione ai volumi e cura per le luci, i personaggi attraversano la città mostrando di esserne al contempo prigionieri e custodi. Inseriti nella contemporaneità, ma nostalgici, inseguono i propri sogni: l'ingegnere Egor cerca l'amore, la giovane Lucy desidera una vita da artista, suo fratello Alex ama la fotografia e la mette in atto come ricerca per bloccare il tempo e riconoscerne le tracce. L'Aids e la tossicodipendenza, però, tendono un agguato alle vite di questi giovani, rivelandosi tragiche esperienze con cui confrontarsi. Anche Las Mantenidas sin Sueños di Vera Fogwill e Martin Desalvo (vincitore del premio per il miglior lungometraggio) affronta il tema della dipendenza - qui si parla di cocaina - , ma è soprattutto un film lieve sull'universo femminile, che racconta un rapporto madre-figlia.

Il premio per il miglior cortometraggio è andato allo spagnolo La Ruta Natural di Alex Pastor: 11 geniali minuti girati in 35mm che narrano la storia di una vita in modo palindromo. Un'autobiografia che traveste il passato da futuro. Tentiamo di spiegare: già il titolo originale è una dichiarazione d'intenti, le tre parole che lo compongono si possono leggere in entrambe le direzioni senza che il concetto espresso venga alterato (proviamo: "larutanatural"). Partendo da questo presupposto si scopre così un sottotesto che afferma che la ruota della natura può girare in due direzioni opposte ottenendo lo stesso risultato. La trama del corto gioca sull'idea paradossale che un uomo, dopo un incidente, ripercorra tutta la propria vita all'indietro (rivedendo i propri ricordi) convinto però che ciò che osserva accadere sia il futuro. La voce fuoricampo del protagonista commenta, così, sbigottita, immagini che scorrono usando la tecnica (inflazionata, ma qui assolutamente utile) del rewind: l'uomo si vede dapprima ringiovanire, poi anche rimpicciolire fino a tornare bambino... progressivamente perde forze e conoscenze (come accade agli anziani), finché si ritrova neonato e teme l'attimo della propria nascita, che nel vortice di questo gioco palindromo finisce per coincidere con la morte. La ruota della natura viene fatta girare al contrario, ottenendo lo stesso risultato. L'ovvia conclusione di essere mortali. Non solo la giuria, ma anche il pubblico ha accolto con lunghi e ripetuti applausi l'opera del regista di Barcellona, che poi ha conquistato anche il premio conferito dagli studenti.

Menzioni speciali sono andate ai cortometraggi Night in a Hotel, toccante racconto girato in un ottimo bianco e nero da Matus Libovic, che ha rappresentato il cinema slovacco; alle gonne svolazzanti di Skirter di Milos Tomic, dalla Repubblica Ceca; ai pupazzi che riflettono sulla teatralità della vita dell'ucraino Play for Three Actors, realizzato da Olexsandr Shmygun; al duro The Other American Dream, in cui il messicano Enrique Arroyo narra il dramma della misteriosa scomparsa di tanti emigranti che tentano di superare il confine settentrionale del Messico alla ricerca di una vita migliore negli Usa; a The Surprise del tedesco Lancelot Von Naso che esplora l'"inatteso" narrando la vicenda di un giovane che vuole riconquistare la sua ex fidanzata e, infine, al brillante The Absolute Moment, del regista greco Louizos Aslanidis, ironico racconto di una dilagante tendenza al suicidio diffusa in un'immaginaria società futura e appagata da un'azienda che crea un business organizzando il "momento" ai propri clienti. Il servizio fornito da tale società consiste nel mettere a disposizione degli aspiranti suicidi un burrone dove lanciarsi. Circondati da uno scenario naturale mozzafiato, solo dopo aver rispettato, ordinati, il proprio turno in coda (come se si attendesse di salire su una giostra da luna park) i paganti avranno ciò che desiderano. Personaggi grotteschi, tra cui si riconoscono tra gli altri Thelma & Louise (che insistono per saltare con la propria auto), sfilano dinanzi ad un pubblico entusiasta che osserva schierato sulla montagna di fronte e catturano l'attenzione degli spettatori in sala scatenando risate e riflessioni. Il premio dello staff, infine, è andato all'italiano Massimiliano Maci Verdesca per il suo In religioso disagio, storia di un chitarrista metallaro che, sotto il sole di una luminosa estate pugliese, riceve le stigmate. La piaga sotto i suoi vestiti rigorosamente neri scatena in lui riflessioni mistiche e nei suoi conoscenti reazioni diverse e inattese.

Oltre a dare spazio al cinema il Milano Film Festival ha organizzato incontri, tra cui l'interessante presentazione della Campagna delle Nazioni Unite "No Excuse 2015", introdotta dalla giornalista Giovanna Botteri, che ha condotto un dibattito nel quale sono intervenuti la coordinatrice della campagna Eveline Herfkens, il Presidente della Provincia di Milano Filippo Penati, l'amministratore delegato di Mtv Italia Antonio Campo Dell'Orto (accompagnato a sorpresa dalla band Le Vibrazioni, tra le prime a impegnarsi nella Campagna) e l'attrice Emma Thompson, in videoconferenza da Londra, che ha raccontato le sue esperienze di cooperazione allo sviluppo in Africa.

Infine, ancora, focus sui videoclip, incontri con i giovani registi italiani, un workshop con Stefano Benni, una maratona d'animazione, il concerto finale a sorpresa con Vinicio Capossela, il Festivalino con proiezioni per i bambini e un babysitting organizzato per i genitori che volessero seguire le proiezioni senza sapere a chi affidare i propri figli.

Dulcis in fundo, il primo esperimento-proposta di una "Borsa Democratica del Cinema": una serie di stand espositivi allestiti in un'area appositamente dedicata a favorire l'incontro e la relazione tra diverse realtà del cinema. Chi lo fa, chi lo promuove, chi lo diffonde.

 


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