Shooting Silvio PDF 
Matteo Marelli   

La riflessione su Shooting Silvio, opera prima di Bernardo Carboni presentata nel 2006 nei principali festival europei, impone di operare un distinguo tra ciò che il film è e ciò che ha rappresentato, sia dal punto di vista produttivo e distributivo che da quello mediatico. Il lavoro di Carboni è stato, infatti, fattore scatenante di un’aspra querelle d’ampia risonanza. Shooting Silvio, che precede, almeno in fase ideativa, Il Caimano di Nanni Moretti, vorrebbe raccontare della generazione nata e cresciuta nell’era berlusconiana, di chi ha assistito e vissuto la discesa in campo televisiva e politica di Silvio Berlusconi.

Berlusconi ha impresso dei mutamenti nell’universo culturale italiano di portata macroscopica. Con l’avvento della televisione commerciale, di cui Berlusconi, in Italia, può essere considerato il padre, si determina un radicale spostamento di traiettoria. L’interlocutore del mezzo televisivo smette di essere lo spettatore e diventa l’inserzionista, “per il quale si creano spettacoli che possano favorire il numero più alto di ‘contatti’” (1). Anche da un punto di vista estetico e percettivo si assiste ad una vera e propria rivoluzione. La televisione commerciale, con il suo andamento ischemico, strillante, incurante dei nessi, crea un nuovo ritmo di visione. Lo spettatore televisivo comincia a guardare la realtà con un occhio diverso: “tutto è frantumato, tutto è ‘corto’, tutto è facilmente dimenticabile” (2). Secondo lo studioso di storia e teoria dei mezzi di comunicazione Peppino Ortovela, la televisione commerciale ha avuto ricadute sociali e politiche di primo piano, culminate con la vittoria del “partito della Fininvest” e del suo proprietario. Berlusconi, con una condotta disinibita, approfitta del declino del ruolo dei partiti tradizionali, innescatosi con gli scandali di Tangentopoli, per imporsi come nuovo leader. La perdita di legittimazione sociale dei partiti decreta un bisogno di nuove modalità di comunicazione politica, e, in questo, Berlusconi è abile a sfruttare la “caduta delle mediazioni” favorita dal mezzo televisivo, che agevola forme di rapporto più dirette. Il rivolgersi personalmente allo spettatore/elettore, avviato dal presidente di Forza Italia, determina “un’ascesa del potere simbolico delle personalità a danno delle istituzioni” (3).

Questo, sinteticamente descritto, è il contesto che fa da sfondo a Shooting Silvio. Una realtà sociopolitica che è causa di insofferenza per Giovanni Crea, detto Kurtz, il protagonista del film, che si rifiuta di credere a quell’universo di valori forgiato e incarnato da Berlusconi. Animatore di serate del proprio salotto romano, in cui coinvolge giovani boriosi borghesi che snobbano tutto ciò che non sia radical-chic, sempre pronti a rispondere con esagerato entusiasmo ad ogni sua provocazione, Kurtz decide di farsi promotore di un progetto editoriale collettivo avente come tema portante quello di escogitare cento modi possibili per uccidere Berlusconi. L’idea del libro, nata in un primo momento come audace boutade, finisce per far precipitare Giovanni in una spirale di paranoia e ossessione che lo porta pian piano a pianificare un reale progetto di omicidio. Il lavoro di Carboni è pieno di difetti, arranca su una sceneggiatura verbosa e a tratti ingenua, infarcita di blandi citazionismi e di un fastidioso frasario che ricorda il peggior Moretti. Come spesso accade, trattandosi di un’opera prima, il regista, in piena ansia di prestazione, ostenta virtuosismi e sperimentazioni del tutto gratuite (come le riprese realizzate a colori ma poi desaturate in fase di montaggio per ottenere immagini in bianco e nero all’interno delle quali, il più delle volte, viene unicamente fatta emergere la tinta di rosso).

Shooting Silvio è un film che, per quanto appena detto, induce un leggero disagio nello spettatore, che però trova una sua ragion d’essere nella sequenza finale. Qui alcuni degli spettri filmici evocati escono dal vezzo d’autore per diventare parte integrante del racconto svolgendo un'importante funzione ipertestuale. La sequenza è quella nella quale Giovanni riesce a rapire Berlusconi. In macchina, dopo aver incappucciato il Primo Ministro con una maschera avente le fattezze del colonnello di Apocalypse Now, conversa con lui prima di sparargli. Da queste immagini si evince che è Berlusconi, dunque, il vero Kutrz, creatore di un modus vivendi che si fa beffe d'ogni regola costituita, sovrano di un regno nel quale è venerato come un dio, dove la cultura e l'etica trovano la negazione di sé. E Giovanni, di riflesso, è Benjamin Willard, veterano di missioni speciali, che deve mettere fine al suo comando, uccidendolo per potersi purificare. A suggerire questa analogia, oltre alla maschera fatta indossare al Premier, il trucco sfoggiato dal protagonista, che fa ricordare il modo in cui si presentava, proprio nelle sequenze finali, il giovane capitano del capolavoro coppoliano. Un trucco che, però, rievoca anche i personaggi di un altro film, i terroristi de La terza generazione di Rainer Werner Fassbinder. Esattamente come loro, le figure raccontate da Carboni sono figlie “della televisione e del cinismo, […] agiscono come secondo un copione di sceneggiato” (4). Estranee “alla realtà, sono condizionate dalla continua mediazione alla vita […] offerta dai mezzi di comunicazione di massa” (5). Come per i terroristi fassbinderiani, anche per Giovanni “l’unico significato che si può trovare alle sue azioni è l’azione stessa” (6).

Come detto, Shooting Silvio ha rappresentato un’interessante alternativa alle classiche operazioni produttive e distributive di carattere cinematografico. E questo, forse, è l’aspetto più interessante del lavoro di Carboni. Fattore determinante è stato l’iniziale rifiuto da parte delle case di produzione di sostenere finanziariamente la realizzazione di un film intenzionato a trattare un argomento, non tanto delicato, come l’assassinio di Silvio Berlusconi. Obiettivo principe, dunque, è stato quello di riuscire a trovare le risorse necessarie per poter girare. Con la collaborazione di una piccola casa di produzione indipendente, nata appositamente per supportare il film, la Mork & Berry Production s.r.l, sono state elaborate diverse strategie di finanziamento. Partendo da eventi promozionali come feste, dibattiti, D.J. set, gli ideatori del progetto sono riusciti a costituire una rete di stakeholders, cioè di finanziatori, che attraverso il versamento di una cifra, in questo caso di 690 euro, sono diventati produttori del film. Per recuperare il denaro impegnato, questi, hanno dovuto attendere i primi incassi, che sono stati integralmente utilizzati per restituire le quote versate. Un’altra forma di finanziamento è stata quella di coinvolgere persone interessate al progetto, ma impossibilitate a sostenere la spesa partecipativa, in operazioni di vendita di gadget, come t-shirt e spillette, attraverso le quali riuscire a ricavare la cifra necessaria. Questa moderna società di mutuo soccorso è stata capace di attirare l’attenzione dei più importanti quotidiani nazionali e, in seguito, anche della stampa estera: la rivista Le Point, il quotidiano Le Monde e la trasmissione televisiva Le vrai journal in Francia; il quotidiano The International Herald Tribune, e la radio BBC 2 in Inghilterra; la rivista The Hollywood Reporter e il sito della CNN negli Stati Uniti. Un’insolita operazione produttiva seguita da un progetto distributivo dislocato e partecipativo.

Una volta realizzato, Shooting Silvio è stato fatto girare come si trattasse di uno spettacolo teatrale, o di un tour musicale. Scaglionate nell’arco di diversi mesi, le proiezioni sono state inserite all’interno di un circuito di eventi comprendente feste e concerti. Conclusa la circolazione nelle sale, grazie ai buoni risultati ottenuti, Shooting Silvio ha trovato spazio nella programmazione di Sky. La piattaforma televisiva commerciale di Rupert Murdoch, per un accordo siglato con l’Anica – la società dei produttori cinematografici italiani che pretese certe regole a garanzia della concessione –, ha infatti il dovere di trasmettere tutti i film di nazionalità italiana che nelle sale hanno superato, con tanto di certificazione Siae, la soglia dei 20 mila biglietti venduti. Proprio il passaggio televisivo ha innescato un’accesa disputa politica del tutto ingiustificata, i cui effetti son stati quelli dell’immediata cancellazione del film dal palinsesto. Esponenti pidiellini, autonominatisi censori, hanno spadroneggiato sulle reti televisive e sui giornali gridando allo scandalo. Beatrice Lorenzin ha definito la messa in onda sulla rete Sky: “Un inno alla violenza e un incitamento implicito ad azioni efferate contro l'uomo e contro il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi”. Francesco Casoli, vicepresidente del gruppo Pdl, per via della scelta di programmare il film nei giorni seguenti il terremoto che ha interessato l’Abruzzo, ha commentato: “In un momento delicato come questo, è davvero scadente e di pessimo gusto trasmettere una pellicola del genere che predica solo odio contro il premier che sta affrontando i problemi reali mettendoci tutta la sua grinta e l’esperienza e trovando apprezzamenti ovunque, dalle massime cariche dello Stato fino all’opposizione”. Evidenti dimostrazioni di come sia bastato il titolo per creare allarme, dato che il lavoro di Carboni non prende nessuna posizione sull’operato di Berlusconi. Quella messa in atto dai due esponenti di governo è stata una bieca operazione di disinformazione, ulteriore dimostrazione di come l’attuale classe politica pratichi frequentemente lo sconfinamento in ambiti al di fuori delle proprie sfere di competenza, rendendosi colpevole di gravose azioni di abuso di potere. Convinto di essere diretta emanazione della volontà popolare, in virtù dei risultati di voto, il nostro apparato politico si sente insignito della possibilità di legiferare su qualsiasi questione.

Un atteggiamento che però può innescare risposte impreviste, come nel caso di Shooting Silvio, che, in seguito alla bagarre creatasi, è diventato oggetto di strenua difesa da parte di tutti coloro che cercano di porre dei limiti alle intransigenze della politica.

Note:
(1) Aldo Grasso, Storia della televisione italiana. I 50 anni della televisione, Garzanti Editore, Milano 2004, p. XIX
(2) Ibidem
(3) Peppino Ortoleva, Un ventennio a colori. Televisione privata e società in Italia (1975-95), Giunti, Firenze 1995, p. 59
(4) Davide Ferrario, Rainer Werner Fassbinder, Editrice Il Castoro, Milano 1995, p. 87
(5) Ibid.
(6) Ibid. p. 86

TITOLO ORIGINALE: Shooting Silvio; REGIA: Berardo Carboni; SCENEGGIATURA: Berardo Carboni, Carlo Durante, Daniele Malavolta; FOTOGRAFIA: Alessio Valori; MUSICA: Stefano Lentini; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2006; DURATA: 96 min.

 


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