TOFIFE 2004 / Concorso Lungometraggi PDF 
di Davide Morello   

In un ampio panorama di generi o autori rivisitati, di originali storie, di abilità narrative e di gusto per la sperimentazione, la rassegna dei quattordici film in concorso al Torino Film Festival di quest'anno ha palesato un sentimento diffuso fra i giovani registi internazionali: una condizione esistenziale, un male di vivere che in senso più o meno esplicito è presente in tutte le pellicole. Solitudine, incomunicabilità, deleteria indifferenza, malinconia sono i temi dominanti anche nei film più spiccatamente ironici e parodistici. Nonostante questo denominatore comune, la varietà delle proposte ha accontentato tutti i gusti presentando sia lavori per un pubblico di nicchia sia altri indirizzati ad un contesto più commerciale.

Tralasciando il vincitore di questa edizione, l'argentino Los Muertos, cui vi rimandiamo in un articolo specifico trattato a parte, il coreano Hypnotized di Kim In-Sik, nel suo stile calligrafico, assembla realtà, fantasie, ricordi, verità e bugie creando un circuito spazio-temporale estremamente dinamico strutturato su meccanismi di ripetizione, falsi raccordi, deformazioni oniriche riconducibili ai vari gradi di visioni soggettive dei protagonisti. La donna paziente e l'uomo psichiatra combattono contro i traumi del passato, svolgono vite parallele e si scambiano i ruoli. Proliferano i simboli del doppio: il diretto riferimento al tema dell'inconscio, le gemelle, il suicidio, il transfert, i fantasmi, in un percorso circolare che conduce alla pazzia e quindi alla morte.

Un paradiso alienato del cinese Yang Fudong si apre come dichiarazione e manifesto poetico, illustrando i paradigmi della pittura paesaggistica cinese. Stratificazione delle forme, pari importanza fra spazi pieni e spazi vuoti e la ricerca dell'armonia sono gli elementi elaborati in questo film lirico, malinconico, dalla curata fotografia in bianco e nero.

Frammenti di un'esistenza vissuta in una cittadina in cui per due mesi consecutivi piove senza tregua: memoria e attualità, la vita di coppia, i desideri e le paure del protagonista. Il pieno e il vuoto, l'attività e la contemplazione. L'ipocondria con le continue visite in ospedale, la famiglia, gli avvicinamenti e gli allontanamenti nei rapporti umani, come nella scena del balcone nella quale lui e lei, in una soluzione di montaggio discontinuo, di spazi sconnessi, si attraggono e si respingono. Una narrazione non lineare, ma che, come le superfici disegnate dal pittore, si stratifica con figure ricorrenti, complementari, che formano un insieme omogeneo per evocazione di immagini e sentimenti.

Uno sguardo sulla vita adolescenziale in un quartiere periferico di Parigi è L'Esquive di Abdellatif Bechiche, ritratto divertente e ironico del giovane Krimo, conteso fra la sua ex fidanzata e Lidia, la ragazza di cui si è innamorato. Vicenda che coinvolge l'intera compagnia di amici, che porta il protagonista a dedicarsi al teatro in modo poco spontaneo e comico, con il solo scopo di avvicinare Lidia. Un microcosmo giovanile lambito da una situazione sociale difficile e potenzialmente opprimente: suo padre e il cognato di un amico sono in carcere, la polizia quando compare esibisce le sue cattive maniere con i giovani personaggi di cultura islamica. Un ritmo serrato di parole ed espressioni tipiche del linguaggio giovanile che si sovrappongono nei dialoghi-litigi che assumono la funzione di sketch; serrati i primi piani che si alternano nel costante utilizzo della macchina a mano nelle scene collettive, nei parchi e nei giardini del quartiere popolare, luoghi privilegiati della pellicola. Un'analisi degli atteggiamenti e dei comportamenti di una generazione in cui non mancano momenti di crisi.

Con un uso insolito del digitale, il tedesco Make my day di Henrike Goetz, costruito su piani fissi, con una discreta ricerca della profondità di campo, sviluppa un ricco intreccio dalla consistente struttura. Film multietnico e multilinguistico: la protagonista di origine coreana vive a Berlino, si sposta a Parigi, città nella quale, tra gli altri, incontra un americano, che troverà nuovamente nella sua città in Germania, dove farà ritorno in seguito ad una fuga fallimentare, alla ricerca di un punto di riferimento morale e sociale. Se ne va di casa e poi vi ritorna dopo un vagabondaggio, divisa fra due uomini che la respingono e le fuggono, ospitata da un pittore dal quale è cacciata per poi farvi ritorno, allontanata da un campeggio per ritrovarsi infine con la tenda data alle fiamme da qualche personaggio oscuro. Un'incapacità di muoversi in un mondo moderno, al quale fanno da contrappeso un'impassibilità di fronte alle varie situazioni, un'indifferenza radicata, l'isolamento e l'egoismo nei confronti delle apparenti libertà e apertura sociale. Prende distanza critica l'affermazione del giovane americano che, ospite della protagonista e di un'amica, quando queste cercano di liberarsi di lui, assume posizione sul sadismo che appartiene ad una vita vissuta negativamente: dice loro che alla sofferenza non si reagisce facendo del male.

Rivisitazione moderna con le sue ovvie varianti stilistiche dell'intreccio trattato da Laughton in La morte corre sul fiume, Undertow di David Gordon Green propone attraverso un'abile regia, ma che non si allontana dalle forme più tradizionali, il tema della fuga di due fratelli che hanno assistito all'omicidio del padre. Uno zio viene ad abitare con loro dopo essere uscito di prigione, per impossessarsi di alcune monete d'oro nascoste dal fratello. Un alone di mistero e ambiguità avvolge le figure dei due adulti - il loro passato che non è dato a conoscere - vincolando segretamente i loro rapporti in un oscuro percorso che conduce alla morte.

Un ritmo incalzante di fughe e combattimenti che già nell'esordio raggiungono il loro effetto. Chris il fratello maggiore fra i due figli, corre inseguito dal minaccioso padre della sua ragazza terminando il suo percorso con un salto a piedi nudi su un chiodo. Aggressioni che si concludono in omicidi danno avvio e chiudono la fuga dei ragazzi. Suspense e azione scandiscono la dinamica del racconto, presente anche nei continui e lenti movimenti di macchina e zoom. Caratteristici i fermo immagine che fungono da punteggiatura e bloccano i gesti dei personaggi per dissolverli nell'inquadratura successiva.

Nella ricerca di uno spazio geometrico, il film dalla Malesia The beautiful washing machine di James Lee, in una sorta di commedia dell'assurdo, mette in mostra una civiltà dell'elettrodomestico in cui i rapporti umani si sterilizzano, dove si parla con la lavatrice fino a che questa si trasforma in una bella ragazza che poi è trattata come un vero e proprio oggetto. Ambienti asettici, svuotati dalla presenza umana, anche quando sono occupati da persone-automi, sono lo spazio domestico e quello lavorativo, il supermercato dove la norma sono il silenzio e le parole nel vuoto. Ridicole pubblicità televisive vincolano la vita dei personaggi in una parodia della società dei consumi che svela i suoi paradossi, dove il rapporto uomo-oggetto è sovvertito.

In Le farfalle sono appena un passo indietro di Mohammad Ebrahim Moaiery il paesaggio iraniano devastato dall'alluvione ricorda i temi del cinema di Kiarostami, così come il vagabondaggio dei protagonisti, un fratello e una sorella depressa che necessita di cure. Un viaggio segnato da tappe all'ospedale e dalla permanenza presso un parente. Il lato umano s'intreccia con una storia sentimentale fra l'uomo che li ospita e una sua possibile futura sposa, con il supporto fiabesco della leggenda. Il fenicottero è l'animale a cui è legata la realizzazione dei desideri e quando la bambina si sta per risollevare, il montaggio mostra il fenicottero che sta guarendo e riprendendo il volo. Un racconto didascalico che procede fra spirito di documentazione e interesse per la narrazione. Il referente torna ad essere la realtà, il tono da reportage dell'alluvione: una donna per strada cerca invano fra la gente disperata una bambina che troverà poco dopo seduta a terra serenamente.

Il gatto se ne va di casa di Iguchi Nami è la storia di un'amicizia fra due ragazze che convivono nella casa di un'amica comune. Un sensibile ritratto della quotidianità di studentesse alla ricerca di un'occupazione, in storie d'amore inconcludenti, fra gelosie e rivalità. Piani fissi che inquadrano gli interni in angolazioni basse, sospensioni narrative e ironia caratterizzano questa pellicola che sembra riprendere lo stile registico di Ozu.

L'altro film giapponese, Casshern di Kiriya Kazuaki, apocalittico, fantascientifico, cibernetico, coniuga effetti speciali e animazione, mescola i colori intensi al bianco e nero in uno scenario di guerra ed esperimenti genetici. L'eternità attraverso la costante rigenerazione delle cellule e, come nella tradizione cartoon, nella lotta per il potere, l'uomo genera da sé i mostri che lo faranno soccombere e compie le sue riflessioni sull'assenza dell'amore, sull'utopia della pace e sulla bestialità della sua natura.
La strategia narrativa di Wong Ching Po in The left hand è quella di raccontare simultaneamente le storie parallele di due giovani fratelli che entrano nel giro della malavita e devono uccidere un boss e quella di due adulti boss che devono fare attenzione a non farsi uccidere. Pare che i quattro prima o poi debbano incontrarsi, e, infatti, si tratta degli stessi protagonisti visti da giovani e da adulti. Capovolgimento ironico di situazione e racconto che svela i suoi meccanismi facendo coincidere i tempi della storia, il passato e il presente.

Percorre in modo originale le figure del genere: l'opposizione famigliare, gli affari, i tradimenti, le vendette, i giochi di morte, la difesa dell'onore. Una tensione costante nella creazione dell'attesa: l'omicidio e la violenza sono sempre annunciate, dilatate nel tempo, ma non sono il fulcro dell'azione, non sono eccessive o gratuite.

Il francese Illumination di Pascale Breton narra la storia di Ildut ragazzo solo e sognatore. Dopo aver lavorato su un peschereccio torna a casa, va a far visita alla nonna, dove conosce la ragazza che va ad accudirla e di cui si innamora. Un personaggio timido, in disparte, anche quando grazie a Christina esce a divertirsi con gli amici: vive in un mondo puro e poetico, dice la ragazza. Il suo percorso, prima di giungere a lei, comprende il rifugio in una comunità misticheggiante nella quale vive ugualmente da alienato sino alla fuga che avviene nel momento in cui il capo spirituale gli indica una ridicola cura per liberarsi dalle sue ossessioni. Una storia divertente che lascia spazio alle visioni di un ragazzo spontaneo e talvolta ingenuo, considerato dai genitori e dal medico psichicamente turbato. I primi piani rivelano la forza espressiva del linguaggio e la centralità dell'attore; sono caratteristici i movimenti interni a inquadrature fisse con alternanza di messa a fuoco ed effetto flou che generano una profondità nell'immagine.

E il cinema italiano? Notte senza fine di Elisabetta Sgarbi presenta tre episodi tratti da altrettanti racconti sull'amore, sul tradimento e sull'incesto. Tre episodi di teatro filmato di cui i primi due sono composti da tre monologhi e il terzo da un dialogo.Ambienti bui dove fasci di luci e ombre contrastano la fotografia. Episodi filmicamente statici sull'amore perduto e su traumi generazionali, sulla gelosia di un uomo, sui suoi sogni turbati, su quelli della moglie, sui pensieri e sulle incomprensioni, dove la parola rivendica la sua centralità.

L'Iguana di Catherine McGilvray è caratterizzato da una particolare cura del costume e della scenografia. Un conte giunge su un'isola non segnalata sulle carte di proprietà di un'antica famiglia nobile ormai palesemente in decadenza. Un personaggio elegante, vampiresco, fa gli onori di casa circondato da due fratellastri dallo stile più popolare, e da una serva trattata come un animale, che vive nelle grotte sotto la casa. Si attua un meccanismo di indagine da parte del visitatore a causa di atteggiamenti strani e sospetti degli abitanti di quest'isola. Riti sotterranei e complotti accentuano il mistero della storia, che però sul piano filmico non sviluppa a pieno le sue potenzialità, sacrificando situazioni drammatiche e di tensione narrativa a favore di uno stile, ancora troppo presente in certi film italiani, da sceneggiato televisivo.

 


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