2046 PDF 
di Giuseppe Santagata   

Honk Kong, anno 1966. Chow (Toni Leung) è uno scrittore di romanzi erotici in mancanza d'ispirazione. Nella stanza di un infimo alberghetto, accanto alla camera 2046 - abitata in passato dall'unica donna mai amata -, si sblocca, riversando nella scrittura ricordi e passioni che lo guidano nella composizione di un romanzo ambientato nel futuro. Nel suo scritto un treno parte, una volta ogni tanto, per una destinazione misteriosa. Qui le donne sono androidi programmati per confortare gli uomini e dar loro l'illusione di quell'amore che mai potranno trovare altrove, se non in un ipotetico Eden, chiamato appunto 2046. Cosa sia di preciso non si sa, se un paese, una data o un luogo della memoria. Si dice che laggiù tutto rimane immutato. Solo supposizioni ovviamente, perché nessuno è mai tornato indietro.

Dopo In the Mood for Love Wong Kar-Wai torna sugli schermi con una pellicola che ricorda molto la precedente (stesse le atmosfere, stessa l'ambientazione, stessi gli attori), ma con caratteristiche molto diverse. Il film è un "noir dell'anima", un viaggio in quel sentimento difficile e vitale che è l'amore. Attraverso una messa in scena che si fa veicolo profondo e prezioso di una continuità emotiva, il film scorre come composto in un disegno circolare che porta sempre alla situazione precedente. Nella ricerca del passato nel presente o nel futuro, nel tentativo di comporre gli sfasamenti temporali del "troppo presto" o del "troppo tardi", la vita di Chow si trascina monotona e ripetitiva attraverso il piacere delle sigarette, le cene con gli amici, le avventure sessuali. Corpi di donne, dee, anime fragili, misteri luccicanti e insondabili, lo accompagnano nell'inesorabile flusso del tempo, nella speranza di riappropriarsi di ciò che è stato, nel tentativo di trovare frammenti del suo unico amore perso, Su Li Zhien. Tutti i personaggi femminili non fanno che sottolineare ed enfatizzare la sua mancanza, conferendole il ruolo di protagonista in absentia. È lei - oltre che se stesso - che lo scrittore cerca nelle sue storie d'amore. Chow si ritrova a spiare le esistenze altrui da un piccolo buco nel muro, ad osservare i gesti di quelle donne che sanno ancora soffrire e innamorarsi, ad ammirarle e a sognarle, scrutando, allo stesso tempo, un orizzonte che non ha tuttavia alcuna speranza da offrire.

L'incubo dell'apprezzamento del sentimento solo dopo che svanisce, si concreta nell'incapacità di afferrare l'istante e vivere pienamente l'esistenza, nella consapevolezza che il suo essere eterna è diretta conseguenza della possibilità reale di trasfigurare il ricordo attraverso la dimensione della memoria. 2046, numero di una stanza d'albergo, ma anche titolo di un romanzo, assurge a metafora di un luogo dove riporre e nascondere i propri ricordi, dove conservare i pochi attimi di felicità amorosa, dove tutto cambia per rimanere sempre uguale a se stesso. Il treno verso il futuro trasforma le passioni non vissute in proiezioni, tra ciò che non è stato e ciò che non sarà mai, collegandole al filo rosso dell'immaginazione, del ricordo, del fantastico. Tra una scena e l'altra, tra una vigilia e l'altra, tra uno scrutare oltre gli stipiti e un guardare attraverso gli specchi, precipitano altrettanti pianti, sguardi, amplessi, ipotesi di film possibili e virtualmente inesauribili. La cinepresa è come un personaggio silenzioso che indaga senza intromettersi, che cerca, dietro ogni angolo, di "afferrare" le persone, di spiarle, di svelarne la stupidità, la vanità, la semplicità, la verità.

L'ambientazione "al chiuso" dona un'intimità particolare ad ognuna delle storie vissute dal protagonista. Il gusto feticistico per il dettaglio, la precisione ossessiva delle inquadrature, la forza poetica dei cromatismi, la fluidità del ritmo visuale, la scelta meravigliosa del commento musicale, fanno del film una sinfonia visiva, a volte incompleta (la sceneggiatura sembra non effettuare una reale evoluzione narrativa), a tratti confusionaria, ma costantemente immersa nella sacra luce dell'arte. Le lacrime accarezzano le guance, scivolano quasi di nascosto, senza farsi notare tra la malinconia avvolgente, l'espressione fissa delle donne-robot, la morbidezza dei corpi femminili, i loro occhi che vedono, sanno, hanno sempre saputo, i particolari che incalzano tra poesia ed erotismo, letteratura e cinema, e affiorano in un linguaggio fatto di tante sedimentazioni.

 


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