Exit through the gift shop PDF 
Paolo Fossati   

“We are all fakes!” afferma un famoso slogan di Banksy. Di conseguenza, coerenza vuole che l’artista inglese abbia costruito il suo primo film autobiografico come un gioco di finzioni incrociate. Vicende che si nascondono l’una nell’altra, come in scatole cinesi. Gatto e topo a seconda delle circostanze, Banksy non solo mantiene fede al progetto di non svelare la propria identità, ma conduce gli spettatori in un viaggio alla scoperta delle origini della Street Art, delle urgenze comunicative e dei valori messi in campo dai principali artisti attivi. L’attenzione per il contesto trasforma quindi il film in un documentario su un fenomeno culturale.

In Exit through the gift shop Banksy emerge come capofila di un’avanguardia, senza risultare arrogante grazie allo slittamento narrativo che trasforma lo stravagante filmaker Thierry Guetta da regista in protagonista. La sovrastruttura disegnata intorno a Guetta rende l’opera un mockumentary, senza annientarne la matrice documentaristica: il bizzarro aspirante artista diventa un veicolo per mostrare innumerevoli filmati che testimoniano la produzione dei più importanti writers in circolazione. Guetta è un investigatore, un canale, un personaggio, la cavia di un esperimento di Banksy per svelare i meccanismi perversi, ma affascinanti, del mercato dell’arte. È il bianconiglio da inseguire per esplorare un universo tutto da scoprire.

Presentato al Sundance e a Berlino, candidato all'Oscar 2011 per il miglior documentario, Exit through the gift shop esce in Italia edito da Feltrinelli, accompagnato da un testo di approfondimento, ricco di brevi saggi e interviste. In apertura l’intervento provocatorio di Matteo Bittanti L’arte contemporanea è morta mette a fuoco i problemi attuali di un mercato dell’arte in bilico tra democratizzazione e logiche da supermarket, sempre più schizofrenico e ammaliato dai fenomeni emergenti nella Street Art. I giovani artisti sono ormai abbastanza arguti da intuire in anticipo come esprimersi per farsi notare. I muri diventano così luoghi dove lasciare una firma che è sempre più simile a un biglietto da visita, piuttosto che a uno sfogo interiore disinteressato alle logiche del successo. Oggi tutto è lecito, sono saltati in aria tutti gli schemi preordinati per raggiungere gli obiettivi professionali più standardizzati, figuriamoci il riconoscimento del ruolo di artista. Banksy parla di microcelebrità per tutti attraverso le vite vicarie sui social network e parafrasando Andy Warhol ne ribalta il concetto dei 15 minuti di fama, trasformandoli nel sogno di una meritata pausa nell’anonimato.

Il vandalismo, connaturato per sua natura alla Street Painting, rappresenta parte integrante del messaggio di dissenso rispetto alla cultura dominante. L’adrenalina che scaturisce dall’illegalità delle performance messe in atto è una caratteristica determinante per la riuscita stessa del gesto artistico. Banksy riflette senza evitare di assumere il ruolo di imputato, e dichiara: “Mi dico che uso l’arte per promuovere il dissenso, ma forse sto solo usando il dissenso per promuovere la mia arte. Mi dichiaro non colpevole di svendere. Ma lo dichiaro da una casa più grande da quella in cui vivevo prima”. E non si fa mancare l’ironia nemmeno scardinando il sistema economico e l’atteggiamento sociale legati al suo operato: “L’opinione del mio avvocato è che i poliziotti potrebbero non accusarmi più di vandalismo perchè a dire il vero i miei graffiti incrementano il valore di una proprietà piuttosto che abbassarlo. Questa è la sua teoria, ma il mio avvocato crede anche di essere elegante indossando cravatte con vignette”.

Tra i vari interventi sull’arte e sulle tecniche di comunicazione presenti nel libro spiccano le pagine su Banksy di Sabina De Gregori dedicate alla costruzione di un personaggio tra Guerrilla Art e anonimato, tratte dal lavoro edito da Castelvecchi Banksy. Il terrorista dell’arte. L’autrice ripercorre le imprese più significative dell’artista inglese, che vanta un percorso eclettico iniziato ormai da una quindicina di anni. Shepard “Obey” Fairey elogia le imprese di Banksy, definendolo protagonista di “un’arte accessibile e non elitaria, che veicola un potente messaggio politico arricchito dal senso dell’umorismo, che certamente rende più agevole ingoiare l’amara pillola”. “Obey” sottolinea il sapiente uso dei meccanismi comunicativi di Banksy, al quale chiede di rendere conto dei murales eseguiti in Palestina. La risposta è semplice, ma efficace come i migliori slogan, quelli capaci di sedimentare nella mente del lettore per innescare riflessioni: “Ogni writer dovrebbe andare là. Stanno costruendo il più grande muro del mondo”.

Titolo: Exit through the gift shop (DVD) + We are all fakes! (Libro); Autore: Banksy + F. Baiardi (a cura di); Editore: Feltrinelli (Collana Real Cinema); Anno: 2011; Pagine: 128; Prezzo: 14,90€

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.