Paiono davvero lontani, per Paul Haggis, i fasti della magnifica sceneggiatura di Million Dollar Baby, e, con il senno di poi, è evidente quanto la misura di Eastwood sia stata importante per mantenere il suddetto titolo sui binari del capolavoro, evitando scivoloni retorici senza rimedio. Gli evidenti limiti di coraggio, a fronte di un discreto mestiere del regista e sceneggiatore di questo The Next Three Days, erano del resto già noti al pubblico dai tempi di Crash – Contatto fisico, Oscar a sorpresa qualche anno fa e pellicola di stampo altmaniano dallo spessore ben diverso rispetto ad opere come America oggi. Seguì il sicuramente meglio costruito Nella valle di Elah, certamente salvato dalle ottime interpretazioni dei protagonisti Tommy Lee Jones e Charlize Theron, che faceva pensare ad un passo avanti compiuto dal regista canadese. Passo avanti clamorosamente smentito da quest’ultima fatica.
In bilico tra il legal thriller e il film d’azione, The Next Three Days non possiede lo spessore del primo, tanto meno l’adrenalina del secondo, risultando un ibrido che, occorre ammetterlo, mantiene alta l’attenzione dello spettatore nel corso del suo pur eccessivo minutaggio, ma non riesce a collocarsi in nessun genere ed è incapace di intrattenere alla maniera di un blockbuster, così come di scatenare riflessioni degne di un film di denuncia o d'autore. Le assonanze con il pessimo Giustizia privata, inoltre, paiono davvero troppe: nonostante alcune buone idee (l’uso di internet per apprendere tecniche quali la fabbricazione di una chiave ad urto o scoprire come è possibile aprire la portiera di un’auto con una pallina da tennis), la costruzione narrativa appare poco solida e, proprio perché motivata da ambizioni alte, impossibile da accettare per lo spettatore rispetto alla “rivincita” di quest’uomo comune in grado di elaborare, nel tempo libero, un piano perfetto, o quasi, per assicurare l’evasione della moglie, accusata ingiustamente di omicidio e destinata all’ergastolo. Rimanendo legati alla situazione della donna appare poi evidente un altro grande limite di The Next Three Days: tutto è velato di una patina di buonismo esasperato che, con ogni mezzo, cerca di indurre lo spettatore a schierarsi dalla parte della famiglia Brennan, a partire dalla scelta di un protagonista solo contro tutti – un Russell Crowe che ricorda le sue interpretazioni di A Beautiful Mind e Insider, senza raggiungerne neppure lontanamente l’intensità –, fino all’uso ricattatorio del figlio dei due protagonisti, dei genitori di John e del sistema legale.
Nessun “poliziotto cattivo”, nessun insabbiamento, nessun dubbio sull’effettiva innocenza della donna e, soprattutto, sulla risoluzione della trama. E, al contempo, una totale assenza di coraggio nelle scelte: John, disperato, non riesce a rapinare una banca, ma assalta senza problema alcuno la casa di uno spacciatore per recuperare il denaro necessario a finanziare il suo piano, manifestando esitazione di fronte al criminale quando gli dice di avere un figlio. Insomma, un gioco a scagliare il sasso per ritrarre la mano che risulta falso e piuttosto ruffiano, e che rende vani alcuni passaggi interessanti dello script. A questo si aggiungano, inoltre, almeno un paio di sequenze di dubbio gusto – il testacoda in autostrada durante la fuga è una delle sequenze peggiori viste in sala in questo inizio 2011, e il gioco di sceneggiatura che apre la pellicola un vero colpo basso per mantenere ancora più viva l’attenzione del pubblico –, in grado di affossare anche una qualità discreta legata alla parte tecnica della pellicola, soprattutto il montaggio. Un’occasione persa per Haggis, dopo le speranze lasciate intravedere con Nella valle di Elah, per uno dei risultati più deludenti del cinema americano recente. L’impressione, infatti, è di aver assistito ad uno spot da maggioranza silenziosa, all’interno della quale tutti sono buoni e bravi e nessuno ha le mani sporche, neppure quando, giuste ragioni o no, rovista dove il sole non arriva.
TITOLO ORIGINALE: The Next Three Days; REGIA: Paul Haggis; SCENEGGIATURA: Paul Haggis; FOTOGRAFIA: Stéphane Fontaine; MONTAGGIO: Jo Francis; MUSICA: Danny Elfman; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2010; DURATA: 122 min.
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