Sesso e potere PDF 
Simone Dotto   

Gli americani e la loro fede nel potere taumaturgico dei media. Per ogni dieci pellicole che esaltano la figura del mudracker, il reporter che si sporca le mani pur di sbugiardare il Pezzo Grosso di turno (“è la stampa, bellezza”), ce n’è una che scuote cinicamente la testa. Wag the Dog rientra nell’ultima categoria. Il titolo gioca in antitesi al watchdog, “il cane da guardia” che una tipica mentalità liberale anglosassone suppone dover essere l’informazione a tutela dei cittadini. Di contro, il cane che “si morde la coda” rappresenta proprio i mezzi di comunicazione e la stessa opinione pubblica, in un circolo vizioso che inizia dalle stanze dei bottoni.

Come nell’ultimo Clooney, il Presidente in questione (futuro in Le Idi di marzo, in carica e a caccia di un nuovo mandato qui) conta poco nulla, e nel caso specifico nemmeno si vede. Eccezion fatta per qualche capriccio, a tenere le fila è una squadra di spin doctors e addetti stampa in continua fibrillazione, capitanata dal geniale Conrad Brean (Robert De Niro). Ma Levinson ha ancora legato al dito il flop e le delusioni dal suo film precedente, Rivelazioni, che l’aveva portato polemicamente a traslocare fuori da Hollywood: anche a questo episodio personale si deve, forse, la satira contro gli Studios, verso la quale il film si sposta da quando entra in scena il personaggio di Dustin Hoffmann. Produttore cinematografico, ma con frustrazioni da mattatore mancato, Stanley Motts sarà il “partner in crime” di Brean nel costruire un’arma di distrazione di massa per l’elettorato. Il caso scottante da cui far distogliere l’attenzione è, tanto per cambiare, un affare di lenzuola del Presidente, che coinvolge addirittura una scout girl (da cui il “sesso” del titolo italiano, in realtà un mero pretesto narrativo). Per far cambiare discorso a giornali e tv si pensa bene di mettere su una (finta) guerra, contro l’Albania, giocando tutto sull’ignoranza dell’americano medio in fatto di geografia e politica estera. I potenti mezzi delle megaproduzioni si mettono allora al servizio di un grande inganno in technicolor, escogitando una sceneggiatura in corsa, con tanto di musiche originali, attori, comparse, colpi di scena e happyending che non sempre finiscono bene.

Vale la pena dare un’occhiata alla cronologia: perchè il 1997 non anticipa soltanto il Sexgate (che il film quasi preannuncia) ma anche l’intervento della Nato in Kosovo contro la Serbia di Milosevic. A vederle col senno di poi, le affinità tra lo scenario prospettato da Wag the Dog e quello poi effettivamente concretizzatosi sono inquietanti, ancor più in un copione che parla di cospirazioni segrete. Senza avventurarsi in (ulteriori) congetture su chi sapeva cosa, quello che Levinson mette bene a fuoco è la nuova, disincantata consapevolezza che i governi statunitensi hanno imparato a sviluppare a proposito dell’argomento Guerra. Dopo l’esperienza del Vietnam, un altro conflitto “in diretta” sarebbe un’impensabile ingenuità: per questo si fa censura senza coprire le immagini, anzi moltiplicandole. Il caso limite di un attacco inventato dal nulla per distrarre da altre questioni serve soprattutto a dimostrare come la manipolazione della realtà passi necessariamente per l’ipermediazione, in piena sintonia con l’estetica hollywoodiana: al pubblico non si negano i fatti, gliene si dà quanti ne vuole per come li vuole, con aggiunta di effetti speciali. Le uniche verità certe restano quella che i media danno in pasto al pubblico (“è vero se l’ha detto la televisione”) e quelle che non devono uscire dal retrobottega: lo imparerà a sue spese il produttore Motts, quando deciderà di seguire le sirene della vanità personale per porre la firma in calce al suo lavoro. Ma il gioco della politica dietro le quinte è un gran Teatro che non ammette riflettori.

Titolo originale: Wag the Dog; Regia: Barry Levinson; Sceneggiatura: Hilary Henkin, David Mamet; Fotografia: Robert Richardson; Montaggio: Stu Linder; Scenografia: Wynn Thomas, Robert Greenfield; Costumi: Rita Ryack; Musiche: Mark Knopfler; Produzione: Baltimore Pictures, New Line Cinema, Punch Productions, Tribeca Productions; Distribuzione: Cecchi Gori; Durata: 97 min.; Origine: USA, 1997

 


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