Tutta colpa di Giuda PDF 
Maurizio Ermisino   

“La galera è come la recita a teatro, facciamo tutti finta”. È una delle prime battute di Tutta colpa di Giuda, il nuovo film di Davide Ferrario, una commedia con musica. Non un film sul carcere, come tiene a sottolineare lo stesso autore, ma un film “nel” carcere, quello di Torino, per essere precisi, che fa da sfondo alla storia esattamente come la Mole Antonelliana faceva da sfondo a Dopo mezzanotte, altro gioiello del regista torinese.

La storia è quella di una regista teatrale (Kasja Smutniak) che viene incaricata dai servizi sociali di aprire un laboratorio di teatro in carcere. E che, su impulso del cappellano della prigione, decide di mettere in scena la Passione di Cristo. “Messa e messa in scena, in fondo abbiamo la stessa missione”, dice il prete. Ecco che il carcere da sfondo si trasforma in protagonista assoluto. “Quell’istituzione che serve a quelli che stanno fuori per tirare una linea, che è come buttare la monnezza sotto il tappeto. Nessuno vede il problema. Che è il tappeto”. Come dice il direttore del carcere (Fabio Troiano), che, ironia della sorte, si chiama Libero. Mentre libero non è neanche lui. Capiamo allora fin da subito che ad andare in scena, nella finzione del teatro, è la Passione di Cristo. Ma questa non fa altro che rispecchiare la Passione dell’uomo. C’è un filo sottile che lega le due cose: il concetto cattolico di Penitenziario, nato nel Settecento, che basava la reclusione sull’idea cristiana di “penitenza”, presuppone un luogo nel quale si entra per espiare e venire mondati. Ed è la stessa Costituzione che prevede per il carcere una funzione di riabilitazione e reinserimento. Cosa che, come è noto, non accade quasi mai. Per questo nessuno vuole fare Giuda. Per questo sognano un mondo senza dolore, senza croce, senza Giuda, senza tradimento. Ed è proprio questa mancanza di speranza, questa idea del carcere come Passione senza redenzione, che possiamo ritrovare nei volti e nella parole dei veri detenuti che affiancano gli attori professionisti. E ai quali il metodo di lavoro libero di Ferrario, che non segue una vera e propria sceneggiatura, dà voce: molte delle battute, spassose, sono loro. Ed è un continuo alternarsi tra cultura alta e cultura popolare, tra la poesia e il reale.

Ne esce un film lontano da tutti gli stereotipi del genere carcerario, dove ci sono i buoni e i cattivi, i direttori carcerari bastardi e laidi, e le fughe da Alcatraz. Ne esce il carcere vero, che è una zona di mediazione, dove i detenuti convivono con la polizia penitenziaria, gli operatori sociali e i preti e le suore. Ne esce un film pieno di vita, una commedia con musica (la bellissima colonna sonora è di Cecco Signa e dei Marlene Kuntz) che non è un vero e proprio musical dove i personaggi si mettono a cantare senza ragione. Qui le musiche e i canti fanno parte dello spettacolo che deve andare in scena. I ritmi scaturiscono dalla vita stessa dei luoghi, come accadeva in Dancer in the Dark di Lars Von Trier: i tubi, i pezzi di acciaio (come nel musical Stomp), il rotolo di nastro adesivo che servono alla scenografia diventano le percussioni, il cuore pulsante della musica. Oppure, in una scena drammatica nel suo contrasto, i manganelli della celere battuti sugli scudi fanno da ritmo a una canzone reggae durante un sit in di protesta davanti al carcere. Ma il film di Ferrario è interessante a ogni livello, per ogni scelta di regia: dagli inserti di animazione alle scelte mai banali di montaggio, come quella che alterna sapientemente le immagini di Cristo in croce a quelle del carcere, con le chitarre lancinanti dei Marlene Kuntz a fare da contrappunto sonoro. Cristo soffre e le chitarre sanguinano.

Tutta colpa di Giuda è questo e molto altro. Si interroga sul rapporto tra delitto e castigo, ma è anche una profonda riflessione sulla fede. Ed è soprattutto un altro importante tassello nella cinematografia di Ferrario, che va a comporre il suo personale mosaico sulla resistenza umana. Citando il titolo di un suo documentario, possiamo ben dire che il cinema di Davide Ferrario è ancora e fieramente materiale resistente.

TITOLO ORIGINALE: Tutta colpa di Giuda; REGIA: Davide Ferrario; SCENEGGIATURA: Davide Ferrario; FOTOGRAFIA: Dante Cecchin; MONTAGGIO: Claudio Cormio; MUSICA: Marlene Kuntz, Cecco Signa, Fabio Barovero; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2009; DURATA: 102 min.

 


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