Biancaneve e il Cacciatore PDF 
Giulia Palmieri   

Ci sono film da guardare accoccolati sulle poltrone imbottite di qualche cinema d’essai, di quelli con le casse che gracchiano ad ogni cambio di volume, con lo schermo tanto piccolo da invidiare la qualità degli LCD. Ed altri film da subire incastonati nella plastica dei multisala, dove il Dolby Digital ti fa rizzare anche i peli delle sopracciglia e la sola cosa che gracchia sono le mascelle del pubblico intento a divorare popcorn. Biancaneve e il Cacciatore appartiene a questa seconda categoria di pellicole. Un bel patchwork di generi, impreziosito da una computer grafica di tutto rispetto, dalle musiche di James Newton Howard (sul suo curriculum già Hunger Games e Il cavaliere oscuro) e dai costumi della vincitrice di ben tre Academy Awards, Coleen Atwood, (Alice in Wonderland, Chicago e Memorie di una Geisha).

Ad immergersi nella reinterpretazione di una favola, dopo il contrastato Alice in Wonderland e lo scarso Cappuccetto Rosso Sangue, stavolta si cimenta l’uomo degli spot da premio Oscar (della pubblicità) Rupert Sanders, doppio Golden Lions all’International Advertising Festival di Cannes per Halo 3: ODST. Il quale si cimenta in un perfetto collage di generi e di citazioni. La sua rilettura della favola dei Fratelli Grimm vuole forse essere il baluardo di un nuovo femminismo, ma si perde nella ricerca della perfezione formale, risultando carente a livello di contenuto. Ce n’è un po’ per tutti i gusti: il fiabesco resta, seppure goticizzato in un universo dark dove il vermiglio del sangue macchia il candore della neve, mentre il nero inghiotte la poca vita che regna attorno. E poi cavalli bianchi che sprofondano nel fango (ma non era La Storia Infinita?), Troll e Dissennatori che escono dallo Specchio delle Brame (povera J.K. Rowling). E i nani, chiaramente: otto (come otto?), ma poi no, uno muore, quindi siamo salvi. Cantano e lottano come quelli de Il Signore degli Anelli, mentre la scena dell’attacco alla roccaforte della regina cattiva (lungo piano sequenza in slow motion di truppe che corrono a briglia sciolta sul bagnasciuga) è un rimando fin troppo chiaro al Robin Hood di Ridley Scott. Se vogliamo vedere il marcio ovunque, c’è persino spazio per Le Cronache di Narnia, quando il bianco cervo (era proprio necessario?) appare nella foresta delle fate.

Insomma, questo Rupert Sanders ci ha provato e si salva solo grazie al cast: i britannici in primis, Ian McShane e Bob Hoskins (sì, proprio lui, quello di Chi ha incastrato Roger Rabbit?). E poi lei, Charlize Theron. Bella e maledetta in tutti i sensi, una pazza isterica che succhia la vita alle fanciulle del regno per rimanere giovane in eterno. Minacciata dalla “purezza” di Kirsten Stewart, che prova a improvvisarsi la Giovanna d’Arco della situazione, ma deve ancora lavorare parecchio per spogliarsi del ruolo della tanto odiata (perché parliamone: nessuno la ama, visto che tutte la invidiano) Bella Swan. La sua capacità espressiva, limitata a un paio di smorfie, le impedisce, soprattutto nel finale, di riscattare un personaggio come quello di Biancaneve, che da secoli volevamo vedere meno passivo e più votato al senso della giustizia. Invece, ci ritroviamo di nuovo di fronte a una ragazzina impaurita, tentata da ben più di una mela: il bamboccione azzurro interpretato da Sam Clafin (ovvero il missionario innamorato della sirena ne I Pirati dei Caraibi 4) e il macho man Chris Hemsworth, ormai lanciatissimo Thor, già alle prese col sequel. Insomma, come in Twilight, anche a qui, il pubblico si ritrova a cantare Il triangolo no. Per fortuna il finale ci risparmia la scelta e lascia aperte le interpretazioni. Ma siamo sicuri che questo sia veramente un bene?

Titolo originale: Snow White and the Huntsman; Regia: Rupert Sanders; Sceneggiatura: Evan Daugherty, John Lee Hancock, Hossein Amini; Fotografia: Greig Fraser; Montaggio: Conrad Buff IV, Neil Smith; Scenografia: Dominic Watkins; Costumi: Colleen Atwood; Musiche: James Newton Howard; Produzione: Roth Films, Universal Pictures; Distribuzione: Universal Pictures International Italy; Durata: 127 min.; Origine: USA, 2012

 


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