La bellezza e l'inferno: il cinema secondo Saviano PDF 
Paolo Fossati   

Roberto Saviano è, tra le altre cose, un critico cinematografico. Rappresenta l’unica idea di critica cinematografica realmente necessaria per il nostro tempo. Esercita nei confronti dei film la stessa attività che attribuisce a Vittorio De Seta come documentarista (prendendone in esame i lavori nel testo "Combattere il male con l’arte", in La bellezza e l’inferno): “uno sguardo ossessionato dal vero e distratto dal bello. Una distrazione necessaria per generare continuità tra spettatore e pellicola”. Anche Saviano è ossessionato dal vero e utilizza, in vece del “bello” di De Seta,  il “conosciuto”, l’identificabile perchè popolare, ovvero: la citazione cinematografica.

Rileggendo in volume gli scritti degli ultimi cinque anni e tentando di andare oltre ai contenuti dirompenti e alla forza delle asserzioni, per osservare lo stile dello scrittore, appare l’accurata analisi che Saviano riserva allo scenario mediale contemporaneo, la consapevolezza del giornalista che si rende conto che l’idea di mondo che i suoi lettori possiedono è per la maggior parte fondata su immagini e racconti audiovisivi. Tracciando le coordinate delle vicende che, di volta in volta, racconta non dimentica mai di misurarsi con quell’idea di mondo vaga, ma condivisa, sdoganata dalla messa in scena cinematografica. Il cinema è un orizzonte con il quale Saviano si confronta sia per analizzare gli effetti che la settima arte ha avuto sulla letteratura (considera Hollywood l’unica roccaforte per la produzione di un’epica della contemporaneità), sia per tracciare il contesto culturale intorno alle storie che decide di raccontare. È per narrare il nostro tempo, insomma, che nella raccolta ci parla di Full Metal Jacket, Apocalypse Now e 300, risultando ancorato al presente anche quando cita Il signore degli anelli, Il Gladiatore, Troy, Alexander.

Saviano, scrivendo di cinema e utilizzando il cinema come chiave d’ingresso a mondi sconosciuti, allinea lo sguardo dei suoi lettori con l’orizzonte delle storie. Gli uomini dei quali espone le gesta vengono così percepiti come personaggi. Identificarsi, per i lettori, è così più facile. Ci si lascia trasportare dall’autorevolezza rassicurante della parola letteraria, che a poco a poco ci svela una realtà che appare ai nostri occhi interessante perché ben descritta. Lo scrittore ci conduce nel concreto del mondo, come il critico d’arte che c’insegni a leggere un’opera astratta. Pagina dopo pagina siamo ammaliati dal sopraggiungere della consapevolezza di poter davvero capire i meccanismi che muovono l’universo che ci circonda, processi dei quali spesso ci eravamo accontentati solo di osservare gli effetti. Immergersi nel reale, oggi, significa conoscere l’immaginario. Saviano in Gomorra si sporca le mani, perché si cala nelle storie che racconta, osserva in prima persona i cadaveri, intervista le vittime del sistema camorrista, s’infiltra tra i lavoratori cinesi e nei meandri di Scampia per ascoltare le testimonianze di chi vive la realtà che riempirà le sue pagine, insomma tocca con mano la materia che vuol raccontare. Ad un certo punto del libro, però, cerca l’adesione fisica con i propri modelli di riferimento letterari e viaggia fino alla tomba di Pasolini. Questa è l’essenza del lavoro di Saviano: un continuo ondeggiare tra due diversi poli, fra uno scandagliare i fondali delle storie e un’ascesa verso l’olimpo dei suoi maestri. Oggi vive in una versione ancor più feroce di quell’ossimoro, ha accesso al pantheon dei Nobel, ma è recluso in uno stile di vita che gli impedisce il mimetismo tra la gente comune, quell’umanità nella quale immergersi che è essenza del suo sondare la realtà.

Lo scrittore indaga l’immaginario della nostra società, trattando i film come elementi di un panorama condiviso universale. Seguendo la scia di un’intuizione già insita in Gomorra, dove nel capitolo "Hollywood" racconta il paradosso dei giovani camorristi affascinati dalle rappresentazioni di mafiosi e criminali viste sul grande schermo, tanto da farsi costruire in Campania ville in stile Scarface o da adottare soprannomi mutuati dal cinema americano. Ma c’è di più, il legame tra il Sud Italia e Hollywood passa anche attraverso sarti di provincia che nell’ombra producono abiti da sera destinati a inconsapevoli star del cinema, come Angelina Jolie (mentre nel film di Garrone si allude a Scarlett Johansson). Si consolida nei testi dello scrittore e giornalista che incontra Joe Pistone, l’uomo che fu il vero Donnie Brasco e lo intervista. A Saviano non sfuggono i legami reali o immaginari tra cinema e realtà e per questo riesce a compiere l’ardua missione dello scrittore di non-fiction e forse ancor di più: addirittura, in incognito, rinnova e sdogana il ruolo del critico cinematografico, traccia nuovi confini per un’attività da troppo scissa tra militanza e funzione promozionale, restituendone il ruolo intellettuale che le spetta. Saviano nei suoi testi ci dimostra che in fondo esiste un collegamento tra la cultura epica e il nostro vivere quotidiano: si tratta del cinema, fucina di storie in grado di raccontarci il reale “fingendo” di volerci intrattenere. Di instillare in noi curiosità per fatti che a priori non avremmo creduto interessanti, perché li cita con la grazia di chi non ti obbliga a sentirti inadeguato se non cogli i riferimenti. Lo scrittore, che non fa mistero del proprio amore per la cultura classica, riscontra successo popolare perché è in grado di parlare ai propri lettori intersecando i loro modelli di riferimento condivisi. Senza rinunciare alla propria lingua e ai riferimenti colti in favore di un linguaggio comprensibile alle masse, dimostra il proprio rispetto per tutti i lettori evitando l’abiura della cultura e, per evitare di non esser compreso, trovando strade alternative per sdoganare l’epica. Un percorso privilegiato è quello di evocare il senso epico degli eventi reali attraverso i modelli cinematografici.

C’è una gioia ludica, insita nel cinema tout court, capace di esplodere improvvisa anche a distanza, nei ricordi delle menti degli spettatori. Il cinema stesso, per eccellenza arte della modernità, è postmoderno ante litteram: fonda il suo statuto comunicativo sulla salvaguardia di frammenti, sulla rielaborazione attraverso il montaggio, sulla costruzione di relazioni tra elementi distinti. La distanza tra finzione e realtà risulta spesso impercettibile, perché è colmata dal desiderio dello spettatore, dal suo sognare altri mondi o un mondo migliore, raggiungibile solo dopo aver compreso l’universo in cui viviamo, il punto di partenza. Per capire la contemporaneità è necessaria sia la capacità di cogliere la distanza tra cinema e vita che la voglia di farne oggetto d’analisi, esattamente come nel testo dedicato da Saviano al Festival di Cannes, "Da Scampia a Cannes", dove delinea il cortocircuito tra personaggio e attore: pensando ad Indiana Jones ed incontrando Harrison Ford al festival, lo scrittore non può fare a meno di notare che “la contraddizione tra l’immagine eterna del personaggio e quella mortale dell’attore è un retrogusto che avvertirà qualsiasi fan” e di paragonare il divo ad un Babbo Natale a pagamento, che rassicura i bambini dell’esistenza dell’immaginario. Saviano è uno spettatore che, in sala, nel buio, si accorge del fascio di luce che fende l’oscurità. Decide di non ignorarlo. Non si concentra solo sul film, né troppo sul proiettore. Comprende l’importanza di osservare i volti dei suoi compagni di viaggio – gli altri spettatori – illuminati dal bagliore proveniente dal mondo immaginato sullo schermo cinematografico. In quel chiarore niente è ombra. Sul viso di ogni uomo si dipingono paure e desideri. Ogni minima espressione è un’autentica opinione, una reazione che lo scrittore osserva per capire e raccontare la sua epoca.

Oggi spaventa di più non saper essere spettatori, piuttosto che non capire il reale intorno a noi.  Roberto Saviano è consapevole di questo timore umano e nei suoi testi, prima di giungere a narrare la contemporaneità, ci rassicura mostrandoci che tutt’intorno a noi (r)esiste ancora quell’universo immaginario del quale abbiamo bisogno per orientarci. Come il cieco Omero affascinava popoli estremamente pragmatici rendendo piacevoli i propri racconti attraverso l’utilizzo di elementi di fantasia, creando così l’epica della propria era, Saviano conosce il nostro tempo e, per farsi ascoltare, ha capito l’importanza di costruire cornici letterarie intorno a storie reali, intervallandole con il gusto della citazione cinematografica, necessaria per richiamare l’attenzione di un popolo ormai accecato dalla frenesia delle immagini, ma talmente assuefatto all’orizzonte fantastico da sentire il bisogno di utilizzarlo come mappa mentale per tentare l’odissea del ritorno al reale.

TITOLO: La bellezza e l’inferno. Scritti 2004-2009; AUTORE: Roberto Saviano; EDITORE: Mondadori; ANNO: 2009; PAGINE: 264; PREZZO: 17,50 €

 


#01 FEFF 15

Il festival udinese premia il grandissimo Kim Dong-ho! Gelso d’Oro all’alfiere mondiale della cultura coreana e una programmazione di 60 titoli per puntare lo sguardo sul presente e sul futuro del nuovo cinema made in Asia...


Leggi tutto...


View Conference 2013

La più importante conferenza italiana dedicata all'animazione digitale ha aperto i bandi per partecipare a quattro diversi contest: View Award, View Social Contest, View Award Game e ItalianMix ...


Leggi tutto...


Milano - Zam Film Festival

Zam Film Festival: 22, 23 e 24 marzo, Milano, via Olgiati 12

Festival indipendente, di qualità e fortemente politico ...


Leggi tutto...


Ecologico International Film Festival

Festival del Cinema sul rapporto dell'uomo con l'ambiente e la società.

Nardò (LE), dal 18 al 24 agosto 2013


Leggi tutto...


Bellaria Film Festival 2013

La scadenza dei bandi è prorogata al 7 aprile 2013 ...


Leggi tutto...


Rivista telematica a diffusione gratuita registrata al Tribunale di Torino n.5094 del 31/12/1997.
I testi di Effettonotte online sono proprietà della rivista e non possono essere utilizzati interamente o in parte senza autorizzazione.
©1997-2009 Effettonotte online.