Per gli occhi magnetici. Campana Pasolini Erice Tarantino PDF 
Matteo Marelli   

Per gli occhi magnetici è un testo che dà vertigine, che costringe il lettore a porsi di sguincio, ad andar per sghembo per seguire le traiettorie oblique tracciate dall’autore. Luigi Abiusi si mette a confronto con Dino Campana, Pier Paolo Pasolini, Victor Erice, e Quentin Tarnatino, autori tra loro eterogenei, caratterizzati da percorsi formativi ed espressivi autonomi, ma nei quali, con sguardo liminare, coglie una comune tensione allo sconfinamento. Il filo rosso tracciato da Abiusi individua nello sforzo a valicare la soglia, sospinto da suggestioni provenienti da diversi codici comunicativi, il comun denominatore che lega queste quattro figure, anagraficamente distanti, ma accomunate dalla tendenza a esondare dal proprio alveo tradizionale per spingersi in altri spazi-tempi. Quasi a indicare l’interdisciplinarità come il tratto peculiare attraverso cui raccontare il Novecento; un secolo per il quale la formula codificata da Pasolini per descrivere la sceneggiatura, "struttura che vuol essere altra struttura", può essere applicata a qualsiasi dominio mediale.

E il cinema è sicuramente il figlio prediletto del secolo appena conclusosi; è stato l’universo espressivo che meglio ha saputo rappresentarlo, ed è il costante termine di riferimento dei quattro saggi in cui si articola il testo di Abiusi. Ma l’immagine cinematografica che da qui ne scaturisce è metamorfica, mai definita e definitiva; un’immagine anarchica, derivante o tendente alla translinguisticità. Per Campana, la forma cinematografica è inconsapevole approdo della propria ricerca poetica, indirizzata "verso una dimensione iconografico-sonora" {p.28}. Abiusi mette in evidenza come "al poeta interessano le immagini e il modo della loro creazione (che è concatenazione, cammino, soluzione aperta); allora la poesia anela alla visione, al suono e alla cifra temporale del loro farsi, e, in particolare, la scrittura, a trascorrere in icona, quadro, e poi in sequenza, segmento musico-visivo" {p.29}. Il percorso pasoliniano, procedendo lungo questa direttrice, è quindi compiuta realizzazione dell’utopia campaniana. Per Pasolini il cinema rappresenta una differente realtà comunicativa  che gli permette di continuare la ricerca di nuovi moduli espressivi, di nuovi segni, attraverso i quali riuscire a rinnovare il proprio impeto creativo, la propria ispirazione, il proprio bisogno di penetrare nel reale, di aderirvi con maggiore incisività. Abiusi si concentra su quei lavori più direttamente aderenti all'idea pasoliniana del cinema come "lingua scritta della realtà", e quindi ricchi di annotazioni antropologiche, ideologiche e paesaggistiche. Cinema in forma di analisi saggistica (Sopralluoghi in Palestina), forma alla quale egli, in seguito, conferirà un carattere apparentemente occasionale di "appunti cinematografici" per progetti di film (Appunti per un film sull'India, e Appunti per un'Orestiade africana). Un’"opera programmaticamente spuria, aperta (alla rappresentazione dell’altro, marginale), costituita dall’interpretazione e avvicendamento di un’oggettiva indagine dell’intento conoscitivo, e dalla sperimentazione di una diversa modalità di espressione cinematografica, destinata a sublimare in sequenze poetiche l’obiettività del referto" {p.57}. Se per questi due primi autori il cinema è vocazione destinale, per Victor Erice è punto di partenza da cui condurre "una dissertazione coerente sui concetti di tempo e durata" {p.76}. Se per Pasolini la forma cinematografica è un ritorno al reale, per Erice l’"oggettività della realtà vivente" {p.82} è il principio da cui muovere a un discorso generale sul divenire del sensibile, "una ricognizione che gradualmente passa dal fattuale dell’immagine-rappresentazione al fittivo del pensiero-immagine" {p.84}. Tarantino è inevitabile termine ultimo; l’autore "schiavo delle apparenze" {p.94}, per il quale l’unico vero referente reale è l’immagine cinematografica, il solo retroterra possibile con il quale rapportarsi. Ecco dunque che in Bastardi senza gloria "si rivolge alla grande Narrazione della Storia e ai suoi luoghi, sostituendogli delle storie dislocate e parallele, cioè delle formazioni d’avanguardia in territori ignoti (virtuali), entro cui vivono minuti personaggi […], i quali nel loro contestuale deambulare incrociano le strade dei grandi personaggi storici […], apportando in questo modo imprevisti strati di senso" {p.90}.

Un testo vertiginoso, s’è detto in apertura, anche per il fatto che Abiusi pretende molto dal proprio lettore; a questi è subito chiesta un’immediata concentrazione. L’autore non ha tempo da perdere in accompagnamenti introduttivi, è troppa l’urgenza che ha nell’esporre le proprie intuizioni (una vera e propria "triplice capriola" com’è detto, in prefazione, da Lorenzo Esposito e Bruno Roberti), argomentate attraverso un linguaggio mai prono alla politica culturale dell’immediato. Qui si ha a che fare con una notevole complessità autoriale, e l’esposizione deve esserne all’altezza. Perché "chi parla male, pensa male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!". E questo Abiusi lo sa bene.

TITOLO:
Per gli occhi magnetici. Campana Pasolini Erice Tarantino; AUTORE: Luigi Abiusi; EDITORE: CaratteriMobili; ANNO: 2011; PAGINE: 96; PREZZO: 10€

 


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