L’uomo che uccise Liberty Valance: miti e magagne della frontiera americana PDF 
Tiziano Colombi   

ImageDove comincia e dove finisce il West? A sparare per primi sono i cattivi, una pallottola conficcata dritta nella fronte degli spettatori nel 1903 dal capo dei rapinatori del film di Porter The Great Train Robbery. Primo piano stretto e Bang! Seguiranno Thomas Harper Ince e altri figli più o meno legittimi di David W. Griffith. I racconti e le storie del West: polvere, speroni e rivoltelle come i canti dei poemi omerici per bocca degli aedi, il mito americano è lì con buona pace di Roland Barthes e della sua teoria sull’“evaporazione della storia”.

Image“Sebbene mitizzassero una storia ben altrimenti complessa e atroce, come quella della conquista del West e del genocidio dei pellerossa, i film western, sulla falsariga della precedente e contemporanea letteratura della frontiera, contribuivano a tener viva una tradizione e a divulgarla oltre i confini degli Stati Uniti”. Così si legge nella Storia del Cinema di Gianni Rondolino. Di fatto in molti, con gli occhi bambini e la tv sintonizzata su Rete 4, abbiamo creduto, per lungo tempo, che a far fuori gli indiani si rendesse un sacrosanto servizio alla giustizia. Poi, un grande studioso di miti come il torinese Furio Jesi ha spiegato che esiste una bislacca strategia che definiva “tecnologizzazione del mito” basata sull’evocazione forzata, per scopi politici e sociali legati alla contingenza, della narrazione mitica. Il mito non è più un racconto fondante, condiviso, ma diviene maschera, storia che si piega alle esigenze della propaganda: esempio calzante, il richiamo alla gloria romana del fascismo. Il West con i suoi valori di lealtà, onore, giustizia è il proiettile nella canna del fucile hollywoodiano, nativi morti stecchiti e avanti con il grande sogno, puntellare bene le fondamenta del mono-mito con massicce dosi di piombo. Bang! Bang! dunque.

ImagePistolero veloce e spietato si rivelerà il più americano dei registi americani, l’irlandese John Ford. Nato alla scuola del cinema di frontiera girò una trentina di western tra il 1917 e il 1920 che lo imposero come autore affidabile, produttivo e soprattutto redditizio. Ford mise in scena per decenni l’american way of life tanto cara alla politica di Roosevelt: celebrò il mito dell’eroe solitario, attraversando l’America della Grande Depressione e ritagliando la figura dell’Ulisse a stelle e strisce intorno all’ingombrante faccione bianco di John Wayne. Vero e proprio fabbricante di modelli cinematografici, Ford inchiodò i tasselli del genere western e costrinse il genio di Orson Welles a prendere lezioni di regia dal suo Ombre Rosse. Nelle centinaia di pellicole girate da Ford si solidificò il magma della poetica americana, del film di genere, in definitiva del film alla Ford. Ma anche i cecchini più spietati e meccanici a volte spostano, di poco, il mirino e puntano altrove il loro fuoco implacabile. È il caso di uno dei capolavori meno datati del regista, L’uomo che uccise Liberty Valance, girato nel 1962.

ImageLo chef prepara gli ingredienti per il pranzo di gala, non si fa mancare nulla: trama solida, cast stellare (James Stewart e John Wayne su tutti) e un bianco e nero limpido come l’acqua minerale. Poi però ci pensa su e rivolge l’orecchio agli anni Sessanta che, urlando da dietro le imposte della solida casa del film di genere, gli ricordano che la terra è finita, gli spazi sono tutti conquistati e Roosevelt è diventato un presidente da libro di storia. Pare che la cosa disturbi non poco il vecchio maestro tanto da indurlo a smontare il rassicurante sapore dei buoni vecchi piatti della tradizione. Ne L’uomo che uccise Liberty Valance la frontiera cede il passo alla ferrovia, gli eroi solitari stanno chiusi in una bara di legno e a piangerli rimangono in pochi. James Stewart è un giovane procuratore con una incrollabile fede nella legalità che decide di andare a cercare fortuna nel selvaggio Ovest. Dovrà imparare in fretta che laggiù le regole le dettano i più rapidi a fare fuoco, in particolare Liberty Valance, spietato cattivo al soldo dei grandi proprietari terrieri. A rendere edotto il giovane uomo di legge ci penserà il rude John Wayne, altro scaltro pistolero ma con il cuore tenero. L’orizzonte della storia è limitato alla piccola città di Shinbone e alla sua stazione ferroviaria, gli spazi sono ristretti e le famose terre selvagge scorrono veloci nei riquadri dei finestrini del treno. Tutti i personaggi si muovono in una mini metropoli contadina che ricorda le ambientazioni nere dei gangster movie. Stewart e Wayne sono personaggi ambigui, il primo perennemente in bilico tra fanatismo legalitario e deriva pistolera, il secondo, granitico nella mole quanto fragile nelle questioni amorose. In mezzo una donna che, destinata al forte e rassicurante Wayne, finirà per sposare il burocrate Stewart, salvo mal celare un tardivo e inutile senso di colpa.

ImageSono finiti i tempi delle ferree certezze, della giusta strada da percorrere, il New Deal  e la politica salvifica che risollevò l’economia americana dopo la Grande Depressione degli anni Trenta non sonno più totem inviolabili, gli USA sono gravidi di nuovi eroi, John Kennedy annuncia l’avvento della “nuova frontiera”. Il giovane senatore democratico, ex studente (mediocre) all’Università di Harvard, ex giornalista (con tanto di Pulitzer vinto nel ’57), ex rampollo di una ricca e facoltosa famiglia di origini irlandesi diviene Presidente sconfiggendo il conservatore Nixon e traccia la nuova rotta, territori inesplorati della scienza e dello spazio, dei problemi non risolti della pace e della guerra, delle sacche di ignoranza e di pregiudizio, delle spinose questioni della povertà e degli sprechi. L’America spalanca le finestre e fa entrare aria pulita nel salotto di casa, Ford coglie i segnali e ne L’uomo che uccise Liberty Valance, aggiorna il menù mettendo indosso a James Stewart i panni del maestro di scuola che alfabetizza le minoranze emarginate delle vecchie praterie, ne fa uno strenuo difensore della democrazia come rappresentante dei piccoli allevatori che lottano contro il monopolio dei proprietari terrieri e infine sostenitore e salvatore della carta stampata, dei “nuovi media”, vedi la sequenza dove soccorre il redattore dello “Shinbone Star” picchiato a morte da Liberty Valance nella redazione del piccolo quotidiano locale.

Le rose però hanno anche le spine e il vecchio Ford non pare abbagliato dal nuovo corso della politica americana. Il bel JFK è un’icona con le scarpe sporche, riprende e aggiorna la via già battuta da Roosevelt con un pizzico di diritti civili e tematiche sociali, ma finisce per trascinare il paese nel pantano del Vietnam e nella Baia dei Porci a Cuba. Immagine patinata e radicalizzazione della Guerra Fredda convivono, come i manuali di diritto e  le canne fumanti nelle mani di James Stewart nel film di Ford. Si spara a Liberty Valance perché è il cattivo di turno, salvo poi mantenere un’immagine limpida che poco spazio lascia alle contraddizioni del reale. Ma lo spietato Valance, in realtà, muore sotto il fuoco nascosto di Wayne, che spiana la strada al suo amico e rivale Stewart il quale, per ringraziarlo, diventerà senatore e gli porterà via la moglie condannandolo alla solitudine e alla disperazione. Che centrino Marilyn Monroe e Robert Kennedy? Forse sono solo suggestioni, sta di fatto che JFK ristruttura il sogno americano messo in piedi da Roosevelt e nasconde la spazzatura nel vialetto dietro casa, l’America non è più selvaggia è indomita, il mito tecnicizzato della frontiera è aggiornato per gli schermi televisivi piazzati nel salotto di milioni di americani. Il West è gravido di storie ma non tutte verranno raccontante e disseppellite da giornalisti e storici, perché, come dice il nuovo direttore dello “Shinbone Star” in una delle ultime sequenze del film, “qui siamo nel West, dove se la leggenda supera la realtà vince la leggenda”.


SCHEDA FILM

TITOLO ORIGINALE: The Man Who Shot Liberty Valance REGIA: John Ford SCENEGGIATURA: James Warner Bellah, Willis Goldbeck FOTOGRAFIA: William H. Clothier MONTAGGIO: Otho Lovering MUSICA: Cyril J. Mockridge PRODUZIONE: USA ANNO: 1962 DURATA: 110 min.

 

Piccola bibliografia

-          Tommaso Detti, Giovanni Gozzini, Storia contemporanea – Vol. II Il Novecento, Milano, Mondadori, 2000

-          Giampiero Frasca, Road Movie, Torino, Utet, 2001

-          Gianni Rondolino, Storia del Cinema, Torino, Utet, 1996

-          Orson Welles, Peter Bogdanovich, Io, Orson Welles,  Milano, Baldini & Castoldi, 1996

-          Florence Dupont, Omero e Dallas, Roma, Universale Donzelli, 1993

-          Dario Tomasi, Lezioni di regia, Torino,Utet, 2004

-          Roland Barthes, Miti d’oggi, Torino, Einaudi, 1973

-          Michel Mourre, Dizionario Mondadori di storia universale, Milano, Mondadori, 1973

-          Furio Jesi, Spartakus. Simbologia della rivolta, Torino, Bollati Boringhieri, 2000

-          Wu Ming 1, Lezione su 300, su www.carmillaonline.com

 


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