Schermi d'Amore - XIV edizione PDF 
Michele Segala   

Schermi d’Amore ha iniziato 14 anni fa la sua corsa come Festival del Cinema, con una sua identità ben chiara, ­quella di contenitore di film mélo e sentimentali­, e una più che discreta presenza nelle varie edizioni di ospiti e nomi (leggi: VIP). Talvolta in guisa di ospiti veri e propri (a presentare magari un film in concorso o in anteprima), talaltra come giurati. In questa quattordicesima edizione, macchiata indelebilmente dai danni dei pesanti tagli di bilancio che già avevano segnato (seppur meno gravemente) la scorsa annata, seppure il nome e l’identità del festival siano ancora lì, lo stesso non si può dire della visibilità e della credibilità della manifestazione: già sono stati persi l’anno scorso diversi giorni di programmazione (sono ormai soltanto sei, senza alcuna proiezione mattutina peraltro), ma quello che fa davvero male è l’aver vista di fatto amputata la testa della manifestazione, con l’eliminazione già dal 2009  della Giuria qualificata (evidentemente una spesa ritenuta eccessiva per l’amministrazione comunale che, con un’agilità tutta politica, ha lasciato integra la dicitura “festival”, seppure a giustificarla ci siano soltanto la Giuria Giovani e la Giuria Popolare…). Conseguentemente, l’edizione 2010 di Schermi d’Amore è scorsa con pochi sussulti, qualche certezza, e un discreto numero di delusioni.

Detto della non­chalance con cui il comune di Verona ha trattato la “vicenda festival”, va comunque ricordato come ­non molto differentemente dall’anno scorso­ il responsabile del programma Paolo Romano abbia probabilmente fatto i tripli salti mortali per mettere su una programmazione con qualcosa come solo 40 giorni di preavviso (!). Ma è anche gioco forza che, nonostante gli sforzi profusi, il concorso di quest’anno  ­ rispetto ai precendenti ­ ne sia risultato indebolito prima in qualità (mentre l’anno precedente ancora era riuscito a reggere bene), e poi nei numeri. Solo otto sono stati infatti i lungometraggi presenti a quest’edizione, di cui, tra questi, pochi hanno figurato davvero bene, mentre di alcuni l’impressione che si è avuto è che si trattasse più di scarti di distribuzione che di selezioni da festival. Tanto che risulta più facile richiamare alla mente il ricordo delle pellicole scialbe e poco meritevoli presenti, che spendere qualche parola per le poche buone sorprese (come il godibilissimo ed implacabile thriller spagnolo El Corredor Nocturno di Herrero). Da dimenticare sono infatti il Villa Amalia, con una Huppert vista e rivista, e il Mademoiselle Chambon, che prima promette (bene) e poi delude malamente con un finale che grida vendetta. Inoltre, vista la mancanza di una Giuria di esperti e addetti ai lavori, anche quest’anno non ci sembra significativo riflettere più di tanto sulla scelta del film vincitore ricaduta sull’(a dir poco ingenuo se non piuttosto imbarazzante) anglo­-spagnolo Little Ashes.

Non meglio fa la galleria dei film in anteprima (quasi gli unici, questi, ad essere premiati da un’ottima presenza di pubblico, complice talvolta anche la proiezione gratuita ad inviti), inaugurata da un titolo “pesante” come il nuovo Cosa voglio di più di Soldini (e dove Schermi d’Amore si gioca quasi tutti i “lustrini” che ha, con il regista e la Rohrwacher in sala), e che prosegue così così con il (non più che discreto) La straniera di Marco Turco e con Le Refuge, l’ultima fatica ­ piuttosto sottotono ­ di Ozon, per poi incartarsi come peggio non si poteva dando spazio al macchiettistico filmettone para­harmony per soli teenager Dear John di Lasse Hallström. Ma, fortunatamente, se districarsi tra Concorso ed Anteprime è stato un affare piuttosto pericoloso, ecco che Schermi d’Amore 2010 riesce comunque a riguadagnare punti con una delle sue certezze, ovvero la scelta delle retrospettive: non sempre autori molto conosciuti, questo è vero, ma solitamente più che meritevoli di tale trattamento. E così come nel 2009 a farla da padrone era stata una Isabel Coixet tutta da scoprire per i cinefili italiani, in questa edizione la piccola sorpresa (ma non per i veronesi, che avevano premiato un suo film nell’annata 2002 del Festival) è stata quella del cinema di un altro spagnolo, quel Miguel Albaladejo che con le sue pellicole ricche di umorismo e dialoghi (se non battibecchi veri e propri) ottimamente scritti e altrettanto ben recitati, ha saputo più volte divertire ed emozionare il pubblico in sala. Dei sei film proposti non se ne sconsiglia nessuno e, allo stesso modo, si fatica a preferirne uno. Altra retrospettiva ed altro discorso per il ben più noto Ken Russell: certo qui sei film sono pochi per rappresentare l’interezza della produzione del cineasta inglese, ma, comunque sia, è difficile non rimanere a bocca aperta davanti al suo cinema lussurioso e tutto di testa. Un’esperienza piena e più che dovuta, in questo senso, la visione su grande schermo e su pellicola di questi film pensati per essere grandi. Meno fortunata (e più datata per età delle pellicole e per contenuti) la rassegna Music Lovers dedicata ai biopic americani sui musicisti più disparati (Gershwin, Beiderbecke, Chopin…).

Infine, ad incorniciare l’apertura e la chiusura del Festival ci sono stati due classici della vecchia Hollywood: Scarpette Rosse e Narciso Nero, di Powell e Pressburger. Come a dire: ecco, questa è la Storia del cinema. L’impressione è che anche Schermi d’Amore (a sentire le Cassandre che si aggirano per Verona) stia per diventare Storia. Se così fosse sarebbe certamente un peccato per gli operatori che vi si sono dedicati con passione in questi anni, ma soprattutto per tutti quegli amanti del cinema che nella città di Romeo e Giulietta credono ancora che un Festival non sia da considerarsi solo una spesa (economica), ma piuttosto un’occasione per fare dell’arricchimento (culturale).

 


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