La donna che canta PDF 
Viviana Eramo   

Alle richieste di una madre, defunta per giunta, non si resiste. Da qui parte il quarto lungometraggio di Denis Villeneuve, regista canadese che adatta per il grande schermo la pièce di Wajidi Mouawad, Incendies. Alla lettura del testamento della madre, i due gemelli Jeanne e Simon scoprono l’esistenza di un fratello e vengono a conoscenza del fatto che il padre che credevano morto è, invece, vivo e vegeto. Come se non bastasse, la madre allega al testamento due buste e chiede ai due gemelli di consegnarle al fratello e al padre. A partire però è soltanto Jeanne, in un viaggio che la porterà dal Canada al paese natale della madre, alla scoperta del passato dei genitori, e che, ovviamente, non mancherà di fornire risposte al suo presente.

Inizia così il film, nel segno della violenza – la prima sequenza mostra un bambino alle prese con  dei miliziani – e della morte. Tuttavia, il passaggio a miglior vita più che mettere fine ad un’esistenza moltiplica le possibilità di comprensione di un vissuto, anche e soprattutto nel tentativo di rimettere insieme una famiglia. La pellicola alterna il “percorso investigativo” di Jeanne ai flashback sulla vita della madre, che progressivamente svelano allo spettatore la difficile storia di questa donna, sullo sfondo di quella che ricorda da vicino la guerra in Libano tra gli anni Settanta e Novanta. I luoghi frequentati dalla madre prima di trasferirsi in Canada, ed ora battuti dalla figlia in cerca di risposte, pur rispondendo a nomi precisi, non configurano però uno spazio univocamente localizzabile. Come del resto accade al “clima storico” messo in scena. Più che indicare con sicurezza questa o quell’altra guerra, il film si focalizza invece sul vissuto individuale di una donna che sceglie con convinzione da che parte stare, assumendosene appieno le responsabilità.

Il viaggio di Jeanne, che verrà poi raggiunta dal più refrattario fratello e dal notaio (ultimo datore di lavoro della mamma), è un percorso senza ritorno alla scoperta di un passato difficilissimo su cui sapientemente la sceneggiatura, supportata da un’ottima regia, sa giocare in termini di attese e colpi di scena. Che i toni siano quelli della tragedia lo si capisce quasi subito, ma il finale dall’amaro gusto edipico è di quelli che difficilmente si dimenticano. Più che figlio di un meccanismo ad effetto, l’epilogo è il contrappunto ideale di una storia sull’odio e sull’amore, e del rapporto che intrattengono. Che è in fondo la scena primaria di tutte le religioni, professate in maniera più o meno ortodossa, su cui Villeneuve, pur astenendosi dal metterle al centro del suo discorso, non può far meno di farci riflettere.

Il regista firma una regia piuttosto asciutta che tratteggia i contorni tragici di una storia capace di diventare corpo ruvido, rappresentazione scomoda eppure pulita di una storia terribile, nonostante l’ultimo finale gesto di speranza. Splendide le sequenze girate in piscina, nelle quali la direzione si fa più esplicitamente lirica e simbolica interpretando la vasca e l’acqua come locus di verità. L’unica nota stonata rimane il tentativo poco riuscito di ricondurre la passione di Jeanne per la matematica pura all’amore per una razionalità che ad un certo punto, complice il finale, sembra venir meno. È l’unica suggestione rimasta acerba in un film di grande forza espressiva che, con giusta pulizia formale, accumula tensione tragica senza cercare il melodramma né la catarsi.

TITOLO ORIGINALE: Incendies; REGIA: Denis Villeneuve; SCENEGGIATURA: Valérie Beaugrand-Champagne, Wajdi Mouawad, Denis Villeneuve; FOTOGRAFIA: André Turpin; MONTAGGIO: Monique Dartonne; MUSICA: Grégoire Hetzel; PRODUZIONE: Canada; ANNO: 2010; DURATA: 130 min.

 


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