Hypercube: un confronto inevitabile PDF 
di Davide Morello   

Hypercube (Andrzej Sekula, 2002) non è un seguito, non riprende la vicenda dell'originale The Cube (Vincenzo Natali, 1998) prolungandola e sviluppandola nel tempo diegetico: è un ricalco esplicito, un remake. I protagonisti sono sempre rinchiusi in un labirinto futuristico composto da stanze cubiche nelle quali sono contenuti diversi tipi di trappole e dove regnano la paranoia, la diffidenza, la paura e la violenza.
Nella prima pellicola la ripetizione svolge un ruolo centrale nel comportamento dei personaggi, nel linguaggio da loro utilizzato, nell'attraversamento di uno spazio sempre uguale, ma in continuo movimento, in cui il tempo tende a rarefarsi e dove particolari spostamenti di macchina e insoliti punti di vista, nel loro carattere ripetitivo, accentuano il senso di disorientamento dei prigionieri stessi e dello spettatore. The Cube 2 è ripetizione di un film sulla ripetizione, ma è anche altro: una significativa variazione. Il tono sperimentale del primo, semplice nello sfruttamento del mezzo espressivo e capace di creare attese e suspense, è qui sostituito da un ampio utilizzo di effetti digitali. È un cubo moderno: non si getta più lo scarpone per verificare che non vi siano trappole taglienti o sputafuoco, ora si entra in una stanza e poco dopo si riesce perché le pareti iniziano a fluttuare, forze invisibili occupano il settore, o un quadrato sospeso a mezz'aria si trasforma in un'arma letale. Altri casi sono spostamenti di gravità o variatori di velocità dimensionale che producono effetti di rallentamento o accelerazione.

Questo secondo film possiede un taglio maggiormente classico, non solo per questi aspetti appena citati, ma anche per la quantità e il livello di informazioni di cui lo spettatore dispone per contestualizzare la storia narrata. The Cube è un testo volutamente lacunoso: non si conosce la provenienza dei personaggi, non esiste un fuori rispetto alla prigione, un prima e un dopo del percorso all'interno del cubo. Si è sempre con i protagonisti e se ne sa quanto loro. Questa macchina di morte in cui è rinchiusa gente apparentemente normale e innocente, senza alcun legame reciproco, potrebbe essere un progetto del governo, un'arma in mano alla polizia, al pentagono, agli alieni, oppure potrebbe essere il gioco di qualche ricco psicopatico. Quesito che non viene risolto, così come nel finale il superstite Kazan si perde in una luce che potrebbe indicare l'uscita, oppure no.

 

Ora non vi è più mistero e tutte le aspettative sono soddisfatte. I protagonisti sono tutti legati direttamente o indirettamente a una grande e potente industria di armi chiamata Izom che è riuscita a realizzare in termini pratici un progetto virtuale e teorico: l'Hypercube appunto.
Nel prologo una plongée mostra i personaggi distesi su dei lettini in una sorta di magazzino, e, successivamente, si verrà a sapere che è tramite il teletrasporto che entreranno nel cubo. All'uscita, la superstite Kate si ritrova di fronte a un responsabile di tale fabbrica accompagnato da un plotone di militari schierati e viene uccisa perché scomoda testimone. Inoltre proprio nell'epilogo una voce narrante ipotizza che il futuro di cui ci ha parlato questa storia non è poi così lontano.
Le possibili letture a cui ci apre il primo film, la sua indeterminatezza e le domande senza risposta che rendono l'atmosfera più inquietante qui vengono indirizzate a favore di una maggiore trasparenza e linearità narrativa. È un rifacimento che sviluppa e amplifica con chiarezza elementi già presenti nella prima pellicola aggiungendovi effetti e informazioni che rendono la storia più spettacolare e più verosimile.
Ma non si tratta solo di questo, poiché diversi aspetti della messa in scena del film precedente vengono in quest'ultimo ripresi e accentuati, creando così un complesso gioco di citazioni, ripetizioni e variazioni.
Innanzitutto l'immagine dell'occhio che apre i due film ancora prima dei titoli di testa. È la prima inquadratura di The Cube: la pupilla di Alderson che sta riprendendo conoscenza e poco dopo morirà in un settore che sta esplorando. Shock della visione nel secondo film, in cui nel prologo, al dettaglio dell'occhio, seguono, come dei flash, veloci zoom in avanti su oggetti e apparecchiature.


Il poliziotto Quentin, violento e autoritario, è sostituito dal detective Simon che, per non smentire la sua natura, sin dalla presentazione, minaccia Kate con un coltello. Arma che conficcherà nella schiena della ragazza scomparsa su cui stava indagando, quando la troverà in un settore. Anche Quentin, nel suo primo contatto con Holloway, la scaraventa a terra cercando di difendersi e nel finale colpisce la studentessa Leaven conficcandole una punta d'acciaio nelle spalle.
La donna medico Holloway è diventata Kate, l'autistico Kazan, genio della matematica, è sostituito dall'anziana docente di fisica Mrs. Paley. Anche in questo film ci si vuole liberare di lei perché d'intralcio e insopportabile, intenzione che si concretizzerà per mano di Simon. E si noti quando viene ritrovato il cadavere del professore candidato al premio Nobel: il suo corpo in decomposizione scatta in avanti, avvicinando il volto alla macchina da presa, ricordando Rannes il cui viso viene ustionato dall'acido e la cui persona successivamente si ritrova come cadavere lungo il percorso.
Levin e Sasha sono entrambe studentesse che svolgono una vita normale, entrambe risultano impaurite e ambedue possiedono occhiali che cadono a terra rompendosi e che, nei due film, la macchina da presa isola in un dettaglio. Si veda ancora Worth, che nel primo è l'impiegato disegnatore dello scudo esterno del cubo, qui rimpiazzato da Jerry, l'ingegnere che ha progettato gli sportelli scorrevoli.

I personaggi riprendono quindi numerosi caratteri, qualità o professioni dei loro modelli e vengono affiancati da altre figure che completano e arricchiscono l'intrigo: il colonnello che prega e si suicida cosciente, sin dall' inizio, di non avere via di scampo; Max, il programmatore informatico che riconosce nel cubo un gioco di sua invenzione; e Julia, l' avvocato che difende la causa della Izom in un processo in cui proprio Max è la controparte. A differenza che in The Cube, qui non vi è più casualità, tutti conoscono il motivo della loro prigionia: è lo stesso programmatore a intuirlo e rivelarlo.

Nella sua Tipologia della ripetizione Umberto Eco, nella categoria del dialogismo intertestuale, inserisce la citazione stilistica che si verifica "quando un testo cita, in modo più o meno esplicito, una cadenza, un episodio, un modo di narrare cui rifà il verso", e, poco più avanti, "...interessante è quando la citazione è esplicita e cosciente: siamo allora prossimi alla parodia, o all'omaggio, oppure, come avviene nella letteratura e nell'arte postmoderna, al gioco sopra le intertestualità"(1); e se con quest' ultimo termine s'intende una riflessione del cinema sul cinema, gli effetti di rallentamento e accelerazione, le figure di Kate e Sasha che fuggono da Simon e rimangono impresse sulla sua retina a scatti, come dei fotogrammi, sono richiami diretti al mezzo cinematografico.
Ritornano forme espressive quali marcati movimenti di macchina, come quelli circolari intorno ai protagonisti, qua più vorticosi, insistenti, quando Max vuole aprire il portello che dà su una dimensione parallela e Simon lo minaccia, oppure quando Mrs.. Paley si avvicina al quadrato sospeso al centro della stanza.

Lo spazio è ancora più instabile a causa dei capovolgimenti improvvisi della macchina da presa e dello spostamento della pareti oltre alle quali si pongono punti di vista del tutto insoliti.

Nel primo film, Rannes fa la sua comparsa e dice di sentirsi spiato. Subito il gruppo è ripreso a distanza, in un'inquadratura dall'alto; qui accade con Max, che ironizza e dice di trovarsi in uno show televisivo, seguito da telecamere.
In un'altra inquadratura verticale Simon attende l'entrata di Jerry sotto un portello: questi si sporge, viene lanciato a terra e poi minacciato. Stessa situazione, stessa dinamica nell' incontro già indicato fra Quentin e Holloway: stesso punto di vista.
Anche per quanto riguarda il trattamento temporale, sempre nell'ambito espressivo, vi sono palesi citazioni. Sono due le sequenze a episodi che riassumono l'avanzamento lungo le stanze con le voci fuori campo dei protagonisti. Sequenze che mostrano i passaggi nei cunicoli, le aperture delle porte o le varie disposizioni dei corpi all'interno di una stanza ripresa dall'alto e con evidenti ellissi temporali.
Si assiste in questa seconda pellicola alla messa in atto di un sistema il cui funzionamento è basato sulla ripetizione, sulla variazione e sullo stretto rapporto che essa intrattiene con il primo film, ma è nelle differenze fondamentali che si scorge "l'originalità" di Hypercube, la capacità di integrazione e completamento rispetto al precedente.
In The Cube l'aspetto temporale passa in secondo piano, i ricordi sono legati alle professioni dei personaggi, alle loro famiglie, e sono espressi attraverso semplici dialoghi, le ore trascorse si misurano con la lunghezza della barba del poliziotto, ma il tutto non è così rilevante: il tempo tende ad annullarsi.

La novità di Hypercube è invece proprio lo sviluppo della dimensione temporale. Il nome stesso identifica un cubo a cui viene aggiunta una quarta dimensione. È Jerry a spiegarlo ai presenti, fra cui Max che sottolinea il fatto che per lui la quarta dimensione corrisponde al tempo e viene contraddetto dall'ingegnere il quale dice che a livello teorico può esistere una quarta dimensione spaziale. Questo pretesto è sufficiente per mettere in moto un labirinto temporale, una simultaneità di presente, passato e futuro che coesistono così come coesistono diverse dimensioni spaziali.
Fin da quando i prigionieri si presentano con lo scopo di chiarire la loro situazione e parlano di se stessi e del loro luogo di provenienza, lo schermo si suddivide mostrando contemporaneamente varie azioni quotidiane, le loro immagini mentali, i loro flashback. Anche Mrs. Paley ha dei flashback quando vede il professore morto, evento al quale reagisce in modo confuso, riportando alla coscienza pensieri che erano stati rimossi.

Kate e Sasha entrano in una stanza e lo sguardo della donna coglie i cadaveri dei personaggi rinchiusi nel cubo, fra cui il suo e quello della compagna: è una realtà parallela che rappresenta un possibile futuro oppure, per dirla con le parole del medico, "...come se le cose fossero andate diversamente", come in un labirinto borgesiano. Si vedano Max e Julia che fanno l'amore volteggiando in una stanza senza gravità, momento che, successivamente, lascia spazio alla visione, attraverso un portello, dei loro corpi mummificati, ancora uniti, ancora sospesi nell'aria; oppure si pensi anche al colonnello, prima salvato dal suicidio e poi ritrovato appeso come se niente fosse.
Jerry ritrova un orologio identico al suo, morirà e tornerà più volte sempre ucciso da Simon, il quale inizia a prenderci gusto ed esibisce una collezione di orologi tutti uguali presi dal polso dell'ingegnere. Una vera e propria proliferazione di doppi; nota Jourde: "la proliferazione appare come il segno paradossale di una situazione bloccata che genera una fuga in avanti", facendo riferimento ad un universo a parte, che funziona con leggi indipendenti, diverse da quelle della realtà(2).

Ancora più eloquente è la sequenza in cui Kate e Sasha fuggono da Simon: la donna apre il portello e si trova di fronte l'antagonista con il coltello di cui ella si appropria per infilzargli l'occhio. Nella continuità spazio-temporale, se lo ritrova alle spalle con la ferita ormai cicatrizzata e pronto per la vendetta. La donna nota come il fatto sia appena accaduto e l'uomo ribatte dicendo che il tempo in quel contesto non ha importanza.
Mentre la labilità del tempo in The Cube è data dalla carenza di dati e informazioni, da una sorta di neutralizzazione della sfera temporale, qui eccedono, coesistono e si sovrappongono tempi diversi. Il caos e il disorientamento dominano, ma a causa di opposti fattori: da un lato la negazione del tempo cronologico, dall'altro una proliferazione di tempi coesistenti e dei doppi.

Significativo è il fatto che i numeri nel primo film, così insistentemente ripresi e pronunciati, forniscano la chiave per una possibile via di uscita, che consiste in una determinata coordinata spaziale in cui il ponte dovrebbe coincidere con un portello e permettere la fuga. In Hypercube il numero che ritorna costantemente fa riferimento ad una coordinata temporale, cioè le 6. 06. 59, attimo esatto in cui, se ci si trova nella prima stanza, avviene l'implosione e quindi il trapasso alla realtà esterna.
Si può quindi osservare come questa seconda pellicola appaia come una rivisitazione che, anche se meno efficacie sul piano drammatico, è in grado di ripercorrere e sviluppare fino all'eccesso gli elementi strutturali dell'originale. Sostiene Giorgio Tinazzi: "il concetto di variazione sul precedente si è andato rinforzando con l'acuirsi del dato di autocoscienza presente in gran parte dell'arte contemporanea (...), lo sfondo può servire da confronto per la trasgressione, ma è anche referente segnico per la continua mobilità dell'opera"(3).

1 U. Eco, Tipologia della ripetizione, in F. Casetti, L' immagine al plurale, Marsilio Editori, Venezia 1984, p. 29
2 P. Jourde, Le visages du double, Nathan université, Paris 1998, p. 127

3 G. Tinazzi, La copia originale (serialità e invenzione), in F. Casetti, op. cit., p. 41

 


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