La sposa cadavere e dintorni PDF 
di Maria Viteritti   

Victor Victoria
Nel 1933, Rheinhold Schünzel firmò una pellicola che sarebbe stata successivamente oggetto di numerosi remake, Viktor und Victoria. Più nota al grande pubblico per la versione girata nel 1982 dal padre della commedia degli equivoci targata Hollywood, Blake Edwards, la storia è quella di una cantante di cabaret disoccupata che per arrivare al successo decide di spacciarsi per uomo. Le cose si complicano quando un gangster s'innamora di lei, inconsapevole del travestimento. Il remake del 1982, ancor più per il titolo semplificato, quasi schematizzato, Victor/Victoria, sembra resuscitare ventitre anni dopo, per opera di Tim Burton e Mike Johnson. In realtà, ne La sposa cadavere, di gangster e cantanti disoccupate non c'è neanche l'ombra, anche se la musica resta la colonna portante dell'opera. Ma come nella migliore tradizione hollywoodiana, anche l'intreccio sentimentale de La sposa cadavere si basa su un equivoco di fondo: Victor chiede a Elizabeth, la ragazza cadavere, di sposarlo solo per finta, facendo le prove per il matrimonio che dovrà affrontare l'indomani. Le prime scene del film ci hanno mostrato il giovane recarsi nel castello (come vuole la legge della fiction burtoniana, anche stavolta la storia ruota attorno un antico maniero), dove lo aspetta Victoria, la sua immagine speculare a cui i genitori lo hanno promesso. Un matrimonio che consentirà alla famiglia di lui di elevarsi ad un rango più elevato, e a quella di lei, composta di nobili caduti in disgrazia, di "rifarsi" economicamente.

Un destino tragico, quello che sembra prospettarsi ai due giovani, intrappolati dalla cupidigia degli adulti che, dopo la parentesi edulcorata de La fabbrica di cioccolato, tornano a coprire il ruolo di nemici dichiarati dell'infanzia. Un'infanzia che, pur nella sua conclamata incompletezza, si identifica in una serie di condizioni che Burton identifica con purezza. Come quella di cui Victor dà prova sedendosi al piano ed esprimendo con la musica il proprio dolore: è quanto succede quando cerca di fare chiarezza con la sposa cadavere e ancora prima, quando entra nel castello di Victoria. È grazie a quella musica che i due promessi sposi si incontrano per la prima volta e si accorgono di non essere finiti poi tanto male: fra Victor e Victoria è amore a prima vista. La storia sarebbe destinata a un immediato "happy ending" dunque, se non fosse che, durante le prove, Victor non vuole saperne di fare un giuramento nuziale come si deve. Lapsus freudiano o meno, il pupazzo cerca di allenarsi nel vicino bosco. E quando infila la fede nuziale nel dito scheletrico di un cadavere, scambiandolo per un ramoscello, lo fa perché se non imparerà il giuramento, non potrà sposare la ragazza che ama. Ma l'amore è mutevole, sembra volerci dire Burton, e Victor/Victoria, due metà della stessa mela, sembrano destinati a cercare ciò che manca alla loro coppia incompleta in un elemento esterno. Allo stesso modo in cui Victor, il protagonista di Frankenweenie (1984), con cui gli aspiranti sposini condividono il nome, cerca di eliminare la solitudine riportando in vita il suo cane.

Victor e Sparky
La figura di Victor Frankenstein, bambino che si improvvisa scienziato nel secondo cortometraggio di Burton per resuscitare Sparky - il cagnolino morto in un incidente -, torna con un doppio volto ne La sposa cadavere. Non solo per la presenza di un quattrozampe zombie a cui, come il protagonista di Frankenweenie, anche Victor è legato. Abbiamo visto come i cani, per Burton, siano protesi dei propri padroni umani, servono cioè a completare i ragazzi a metà delle sue storie. A metà, perché, anche se più completi dei coetanei, sono pur sempre tenuti a distanza da loro. Ne La sposa cadavere, Briciolo (il nome originale è Scraps, pezzetti) è solo una diversa versione dei cani che lo hanno preceduto, estensioni in carne e/od ossa, a seconda dei casi, di una lunga serie di freaks: è il caso non solo di Sparky, ma anche di Abocrombie (Vincent) oppure dei "cuccioli delle tenebre" di Bela Lugosi (Ed Wood).

Ancora più simile a Briciolo è Zero, il cane fantasma di Jack Skellington in Nightmare before Christmas. Proprio a Zero, o meglio, a una versione di Zero non ancora fantasmizzata, sembra ricongiungersi Briciolo, nel momento in cui Victor ed Emily tornano sulla terra dei vivi per celebrare le proprie nozze. Quando i morti in visita sulla terra incontrano i propri cari, in un proseguo di citazioni che culmineranno con il finale di Via col vento, Burton sembra così rendere omaggio a Jack Skellington, grande assente del film. Ma più che la passione per i cani, Victor/Victoria condividono, con il protagonista del cortometraggio di Burton, l'esperienza col mondo dei morti. Ma se il piccolo Frankenstein usava le proprie conoscenze scientifiche per riportare in vita il proprio cane, Victor in questo caso fa il contrario: trascina se stesso nell'aldilà, e anche se inizialmente lo spostamento è frutto di un equivoco, in seguito sarà lui stesso a chiedere a Emily di celebrare una vera cerimonia nuziale che, uccidendolo, gli permetterà di sposarla per davvero.

Vincent, Jack, Victor
Abbiamo definito il paese di Emily "mondo dei morti". In realtà, l'esperienza con l'aldilà di Victor ne La sposa cadavere non è meno positiva rispetto a quella degli altri personaggi di Burton che varcano confini proibiti. Ciò si verifica non solo in Frankenweenie, ma anche nelle altre due opere in stop motion del regista: Vincent e Nightmare before Christmas. In entrambi i casi, i protagonisti cercano un varco: Vincent gioca a morire per fuggire all'opprimente scenario familiare, mentre Jack vorrebbe abbandonare le tenebre di Halloweentown per tuffarsi nelle luci e nei colori di Natale. Victor, in bilico tra i due pupazzi che lo hanno preceduto, finisce nell'Oltretomba senza volerlo, perché trascinato dalla sposa cadavere, a causa della proposta di matrimonio involontaria. Ma nell'Erebo, la musica, i colori, la vivacità dei defunti segnano una netta contrapposizione con la monocromatica terra "al piano di sopra", come i pupazzi la definiscono. "Di sopra": un termine più appropriato, del resto, non esiste. Mondo dei vivi, Realtà. Eppure, pochi metri più sotto, i morti sono più vivi dei vivi. Mai come in questo caso il termine "vivo" andrebbe sostituito con "non morto", Nosferatu: e proprio come in un film di Murnau, gli esseri umani si aggirano fra bianchi e neri che delineano architetture allungate, scorci surreali presi in prestito da Anton Gaudì e spigoli gotici battuti da una pioggia intermittente. Forse la stessa che si abbatte sulla Gotham City di Batman.

Il senso di incompletezza che pervade luoghi e persone passa anche in questo caso, come per tutti i film di Burton, per la frammentazione dei corpi. Corpi scomponibili, come quello della sposa cadavere. In questo caso è automatico il paragone fra la protagonista del film e Sally, la bambola di pezza amata da Jack Skellington. Come Sally, anche Emily può entrare in contatto con il reale scomponendo se stessa a piacimento. Può farlo grazie all'organo deputato da Burton al sentire per eccellenza: le mani. La sua storia comincia da una mano scambiata per un ramoscello. Proprio le mani, che anni prima mancavano a Edward Scissorhands, o che erano stigmatizzate per Ichabod (Il mistero di Sleepy Hollow), consentono a Emily di mantenere il controllo su di sé e, in parte, su ciò che la circonda, allo stesso modo in cui consentivano a Sally di togliersi dai guai.

Ma le mani non sono il solo modo di entrare in contatto con ciò che esiste. È stato detto come gli occhi, in particolare, facciano da varco tra interno ed esterno, per i personaggi da Burton. Gli occhi racchiudono il senso delle cose, anche se spesso il principio di frammentazione costringe a utilizzare quelli di altri: in Big Fish, Edward Bloom vede il suo destino attraverso l'occhio di una strega. Ne La sposa cadavere, sono gli occhi di Emily ad aprire un varco. Il suo occhio, che ogni tanto cade dall'orbita, ospita un verme che le fa da grillo parlante. Diventa spazio dell'esistere. Ma il suo sguardo, come quello degli altri personaggi de La sposa cadavere è soprattutto uno sguardo capace di rettificare la realtà attraverso la percezione distorta. L'aspetto grottesco degli adulti, e ancor più dei genitori, oltre ogni limite caricaturale, è il culmine di ogni tentativo di "denuncia famigliare" compiuto da Burton finora. Vincent vedeva solo il corpo della madre e della zia, private della testa dalla macchina da presa che non osava spingersi verso la sfera della ragionevolezza. Victor riesce invece ad alzare gli occhi e a vedere ciò che sfugge al suo predecessore: l'inguardabile deformazione degli adulti. Ai volti severi, allungati, incapaci di sorridere, si contrappone la cordialità gioiosa dei veri vivi del film, gli abitanti dell'oltretomba, che Johnson e Burton fanno danzare al ritmo imposto dalla musica dell'immancabile Danny Elfman. E anche se tra quei personaggi non riusciamo a trovare Sally, Jack o il Bau Bau, la loro Halloweentown sembra comunque estendersi a soli pochi metri dalla terra dei morti.

"L'aldilà - ha dichiarato lo stesso Burton, in merito alla scelta di rappresentare un Oltretomba così vitale - è un'esperienza che tutti dobbiamo fare. Nella zona dove sono cresciuto si tratta ancora di un tabù, mentre in altre culture viene considerato un evento festoso. Perché non prendere la morte in maniera positiva, anziché considerarla semplicemente come un qualcosa da sotterrare? Questa idea fa parte del concept alla base della storia, della sua identità. La terra dei morti è più affascinate di quella dei vivi"(1).

Una storia d'amore
La sposa cadavere è, in fondo, un film d'amore e di morte. Un film che condensa, come un immenso contenitore, tutte le opere di Burton. Attraverso la cornice della stop motion tanto cara al regista e del sound pop-horror di Danny Elfman, Burton propone una versione aggiornata della sua idea di infanzia, e dunque d'amore, poiché il sentimento non può prescindere dalla purezza tipica dei bambini. Un amore che però, per la prima volta, è coronato, a costo della perdita di quella stessa purezza. La fedeltà inderogabile per altri personaggi (Edward Bloom ne è il caso più lampante) è minata dal triangolo che si forma con l'entrata in scena di Emily. Nonostante l'attrazione per la promessa sposa, Victor finisce per legarsi alla ragazza zombie, al punto da scoprirsi disposto a morire per diventare davvero suo marito. La scelta fra Victoria-Vita e Emily-Morte, o viceversa, non viene effettuata dal ragazzo, ma, come è stato notato da Federico Pontiggia, la soluzione si dovrà alla solidarietà femminile(2). Emily rinuncia all'amato, e prima di congedarsi, saluta i futuri sposi, spiegando loro di avere ottenuto la libertà. A quel punto uscirà di scena, dissolvendosi come un'aggiornata Sirenetta che si libra in volo anziché sparire nell'oceano.

Ma in quella libertà riecheggiano le parole pronunciate poco prima dal suo assassino, incisive come l'epitaffio che potrebbe avere la sua lapide: "Emily, sempre damigella e mai sposa". Alla scena, assistiamo immersi nella malinconia del bianco e nero che accompagnerà il futuro dei due promessi sposi. Narciso raggiunge per una volta la sua immagine, nell'unificazione finale di Victor e Victoria. Che si ritrovano in Victor, e prima ancora in Vincent, e forse, prima ancora, in quello schizzo, quel disegno giovanile, il ragazzo con le forbici al posto della mani che ha ossessionato Burton per anni, prima di chiamarsi Edward. Questo lungo flashback, la regressione sottolineata dallo scomporsi di Emily nell'aria, chiude un ciclo di venticinque anni e insieme il film. Che è, abbiamo detto, un film d'amore e un film di morte. Ma in fondo, non cambia molto.

Note:
(1) Intervista a cura di Marco Spagnoli, I miei piccoli mostri, in "La rivista del cinematografo", ottobre 2005, p. 22.
(2) Cfr. Federico Pontiggia, Senso di coppia, in "La rivista del cinematografo" ottobre 2005, p. 39.

 

Appendice

La sposa cadavere sul web:
http://www.bonymail.com/ per inviare e-mail dall'oltretomba.
http://www.askthedead.com/ per interrogare la tavola ouija della sposa cadavere.

Alcune citazioni nel film:
- Il piano con cui suona Victor è un "Harryhausen". E' un chiaro omaggio a Ray Harryhausen, il precursore della stop motion, vera passione di Tim Burton.

- La Jam session degli scheletri è un omaggio al cortometraggio disneyano La danza degli scheletri ideato nel 1929 da Ub Iwerks e dal musicista Carl Stalling, che apre la serie musical-sperimentale dei Silly Symphonies.

La leggenda originale:
La storia è tratta da una leggenda russa del diciannovesimo secolo. Un ragazzo in procinto di sposarsi parte con un amico verso il villaggio dove risiede la promessa sposa, a due giorni di distanza dal suo. Durante la notte, i due si accampano lungo un fiume. Il futuro sposo nota allora uno strano ramoscello simile ad un dito, spuntare dalla terra. Il ragazzo, scherzando con l'amico, infila la fede nuziale nel rametto. Mentre il compagno ride, il futuro sposo comincia a danzare, recitando il rituale ebraico per il matrimonio. Il divertimento finisce quando dalla terra emerge uno scheletro grondante di ragni e vermi, avvolto in un vestito nuziale. I due amici, terrorizzati, corrono al villaggio della promessa sposa, raggiungono il rabbino e gli chiedono se il giuramento debba considerarsi reale, mentre il cadavere li raggiunge. L'uomo, indeciso sulla risposta, si assenta per consultarsi con i rabbini degli altri villaggi. Nel frattempo la giovane promessa sposa viene a sapere dell'accaduto e si dispera. Ma i rabbini giungono a una conclusione: anche se il matrimonio è stato celebrato, la morte non potrà averla vinta sulla vita. La sposa cadavere capisce così che perderà l'unica possibilità di essere felice, quella che non ha avuto in vita e muore una seconda volta. La giovane sposa allora si avvicina a lei e la stringe. "Non ti preoccupare - le dice - vivrò i tuoi sogni per te, vivrò le tue speranze per te, avrò abbastanza bambini per entrambe e tu dormirai in pace sapendo che i nostri figli e i figli dei nostri figli riceveranno amore e non si dimenticheranno di noi". Deposta in una nuova tomba, la sposa cadavere sembra felice. I due giovani si sposano con una solenne cerimonia. Ai loro figli, e ai figli dei loro figli, sarà tramandata la storia della sposa cadavere, perché la sua memoria si mantenga viva per sempre.

La sposa cadavere è una storia ispirata a eventi reali della Russia nell'Ottocento, ai tempi in cui l'antisemitismo si stava diffondendo in Europa. Gruppi antisemiti si introducevano nelle feste nuziali e, dato che la sposa era colei che avrebbe portato in vita le future generazioni, le rapivano per poi assassinarle. Ma le origini della leggenda ottocentesca risalgono al racconto di un grande mistico ebreo del sedicesimo secolo, il rabbino Isaac Luria. Il racconto si chiama Il dito. In quel caso la sposa cadavere non è uno zombie ma un demone. L'adattamento successivo parla di una donna uccisa durante il matrimonio. Secondo la tradizione ebraica, le persone devono essere seppellite con gli abiti che indossano nel momento in cui muoiono, così le spose vengono sotterrate con il proprio vestito nuziale.

 


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