Ballo a tre passi PDF 
di Leone Augusto   

Un certo cinema ama evocare più che raccontare, far intuire più che spiegare, dare sensazioni più che definizioni ed analisi, offrire spunti più che descrivere compiutamente ambienti ed individui , osservare più che far parlare ed agire. E' indubbiamente una strada sdrucciolevole che spesso non porta da nessuna parte, ma è anche testimonianza di coraggio e di volontà di dire qualcosa di nuovo e diverso a rischio di essere fraintesi o ignorati . Il regista sardo Salvatore Mereu affronta audacemente il pericolo nel suo primo lungometraggio, fidando sulla sua grande capacità di sguardo, sulla sua maestria nell'utilizzo della macchina da presa e sulla suggestiva bellezza della sua isola.

Ballo a tre passi è in effetti una pellicola dalle grandi ambizioni, un film, per dirla con il suo autore, che va all'inseguimento della vita. Se la vita procede per fasi e momenti, come a passo di danza , dando un ritmo al nostro animo nell'intervallare scoperte gioie e dolori, inevitabilmente un 'opera che la rappresenti poeticamente nel suo incessante evolversi e mutarsi deve assumere la forma di un balletto atto a raffigurare le stagioni interiori dell'esistenza umana.

Il primo quadro è la primavera, la rifioritura, cioè la seconda nascita dopo quella dal grembo materno:l'infanzia significa scoperta, accorgersi per la prima volta della bellezza o del mistero di ciò che ci attornia nella sua immensa disponibilità, e ciascuno rinasce a suo modo, chi piangendo di commozione, chi dandosi all'autoerotismo, chi stando seduto sulla spiaggia a contemplare da dietro gli occhiali: per quanto orribile sia stato il dopo, il crescere, per tutti c'è stata una prima volta in cui abbiamo visto il mare, abbiamo conosciuto l'esultanza di essere parte di qualcosa e l'innocente beatitudine del gioco.

Poi è arrivata l'estate, l'età del vigore e della giovinezza, dell'apprendistato all'amore e all'eros, dei voli e dei viaggi di esplorazione nell'ignoto in tutte le sue forme e infine delle grandi delusioni: di tutto ciò è traccia vaga l'anomala love story fra il pastore sardo e l'esotica aviatrice francese e l'urlo di gioia dell'uomo dopo l'atto erotico è efficace immagine di ciò che significa essere e sentirsi giovani.

La malinconica fine sulla spiaggia al tramonto anticipa l'autunno, la pioggia che cade sulla festa di nozze, il rimpianto per ciò che poteva essere e non è stato, la nostalgia e la malinconia, l'impossibilità ormai di uscire dal convento edificatoci intorno dalle circostanze, ma anche un rifugio nelle certezze raggiunte come la croce del rosario afferrata dalla religiosa mentre se ne va dal paese: sentimenti e sensazioni traspaiono tutte nel volto espressivo della bellissima suora ( l'attrice israeliana Yael Abeccassis) di ritorno al paese per il matrimonio della sorella.

E arriva infine la vecchiaia e la morte: la solitudine e lo squallore della casa vuota, la desolazione degli incontri anonimi, i ricordi, il rivivere momenti già vissuti, come avviene al protagonista dell'ultimo episodio, che si congeda dalla vita, però allegramente, accompagnato da un corteo di felliniana memoria, portato in volo verso chissà dove dall'aviatrice francese , l'amante ardente dell'"estate".

Dunque è un personaggio unico e multiforme quello di cui Ballo a tre passi delinea l'intima metamorfosi ed è questo il senso del continuo riemergere di scorcio dei personaggi da un episodio all'altro.
Certo , data la vastità del messaggio , non si resta convinti fino in fondo, qualche dettaglio manca e qualche altro è di troppo, le idee di regia non sempre si concretano in un dato tramico originale, ma la pellicola arriva lo stesso là dove vuole arrivare, se si rammenta che si sta assistendo a uno spettacolo di danza.

E nelle poetiche figure accompagnate nelle loro giravolte dalla macchina da presa di Mereu, civiltà e progresso non si intersecano mai direttamente con l'anima individuale: affiora e colpisce solo lo spontaneo paragone fra lo scenario dell'estate, il laghetto in mezzo alle rocce in cui il pastore e l'aviatrice si amano alla maniera forse di Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, e la bruttura delle vie cittadine. Ma un paesaggio nasce anche dal nostro sguardo " importano non le cose che guardi ma come le guardi" diceva Andre Gide e dunque la prospettiva è anche in questo caso del tutto soggettiva , il sociale e il politico ne sono radicalmente esclusi o entrano solo per equivoco. Il regista ha di fatto dotato la sua Sardegna della capacità di parlare un linguaggio universale , alternando senza caratterizzare e tipizzare panorami arcaici da umanità agli albori e frammenti di metropoli contemporanee , pastori e turisti : significativo forse in questo senso la riluttanza di un adolescente a una festa di nozze nel prendere in mano il fucile .

Viene comunque da pensare , vedendo film come questo o Respiro di Crialese, che il cinema dovrebbe essere in prima linea nella lotta per la tutela dell'ambiente, forse l'unico attore insostituibile per le sue storie.

 


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