Non lasciarmi PDF 
Felicia Buonomo   

Prima scena: messa a fuoco sull’umana ombra di Kathy che dà il via ad una narrazione fuori campo; sullo sfondo la sfocata immagine della sala dove si consuma il dramma della morte consapevole. Un tragico epilogo che si tenta di rinnegare attraverso la beltà del ricordo dei tempi andati, dove il canto dell’inconsapevolezza poteva ancora rendere umani, perché sintomo di un universo emotivo che ad Hailsham (il collegio dove risiedono i bambini “programmati per donare”) si tentava di dimostrare attraverso la galleria nella quale venivano esposti i disegni.

È questo, infatti, o così sembra essere, il filo conduttore che attraversa Non lasciarmi del regista statunitense Mark Romanek: dimostrare che anche un clone ha un’anima, nella pellicola “personificata” da tre vite, quella di Kathy, Ruth e Tommy, tali ancora per poco. È impressionante osservare lo sgretolarsi della puerile innocenza dinanzi alla necessità di timbrare un cartellino di riconoscimento, in quel mondo di privazione libertaria che inibisce anche l’oltrepassare di una banale recinzione. Nemmeno le bambole hanno il candore tipico della fanciullezza, quell’infanzia negata che ricorda (pur se in un contesto dissimile e di ben altra e più elevata portata registica) il Quattrocento colpi di François Truffaut. Il tutto in un’atmosfera di cupo grigiore, anche quando il sole splende sulle teste dei protagonisti.

Siamo nell’Inghilterra degli anni Settanta, un tempo passato che è per noi già futuro. I bambini, ligi al dovere loro imposto, apprendono da un’audace insegnate (successivamente allontanata) il futuro di morte che li attende, che non arresta tuttavia il sorgere di umani sentimenti. È in quella tenera età che nasce e si consuma il triangolo amoroso dei tre protagonisti. Si giunge così velocemente agli anni Ottanta, i protagonisti, ormai adolescenti, vengono trasferiti nei cottage, preparandosi all’eventualità di iniziare il programma di donazione degli organi, inseriti in un contesto di amore, amicizia e gelosie che mai si svilisce di fronte all’imminente futuro di morte. Complice forse la parte più dinamica e accattivante, Keira Knightley (nel ruolo di Ruth) firma un’intensa interpretazione, al pari di Carey Mulligan (Kathy), composta e commovente, e dell’ineccepibile Andrew Garfield (Tommy). Altro salto temporale, fino agli anni Novanta. Dopo essersi persi di vista, Kathy continua la sua attività di assistente ai donatori, prima di passare dall’altra parte della barricata. Ed è in ospedale che re-incontra, dopo dieci anni, Ruth, malandata, decisa a completare il ciclo con la terza donazione. Non prima, tuttavia, di aver tentato di aiutare gli amici con l’obiettivo di ottenere un rinvio attraverso la dimostrazione dell’amore reciproco. Il tempo passa velocemente, anche se la cadenza è alquanto lenta. La portata della trama sembra così abbandonarsi eccessivamente alla svenevolezza, probabilmente nel tentativo di rendersi fedeli alla narrazione del romanzo da cui il film è tratto, firmato dal giapponese (naturalizzato britannico) Kazuo Ishiguro e vincitore del Premio Alex nel 2005.

Tuttavia, il mestiere dell’ex regista di videoclip Romanek (One Hour Photo, 2002) e la sceneggiatura di Alex Garland (The Beach, 1996, e 28 giorni dopo, 2001) riescono ad erigere un impianto visivo e narrativo di sicura presa, mai artefatto e macchinoso. Benché pedestre, appare interessante la visione escatologica che si attribuisce all’arte figurativa quale fonte di liberazione, la quale tuttavia non assolverà al compito che le viene attribuita. Tommy completerà il ciclo con l’ultima donazione mortale e Kathy inizierà il suo, chiudendo i 120 minuti di film con una riflessione sull’esistenza di un clone, forse non troppo diversa da quella di chi sono deputati a salvare. Come il Gattaca di Andrew Niccol (1997), Non lasciarmi sa accattivare, ma a differenza di quest’ultimo tocca tematiche (paradossalmente) più vicine alla nostra realtà, quegli inesorabili scenari di malattia e morte che attraverso la scienza chiunque vorrebbe eludere.

TITOLO ORIGINALE: Never Let Me Go; REGIA: Mark Romanek; SCENEGGIATURA: Alex Garland; FOTOGRAFIA: Adam Kimmel; MONTAGGIO: Barney Pilling; MUSICA: Rachel Portman; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2010; DURATA: 120 min.

 


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