Acciaio PDF 
Valentina Rossetto   

Secondo lungometraggio di Stefano Mordini, Acciaio, presentato alla 69 Mostra del Cinema di Venezia, racconta le vicende di Francesca (Anna Bellezza) e Anna (Matilde Giannini), due quattordicenni di Piombino che cercano nel loro rapporto la serenità e l'equilibrio che non trovano in famiglia. Francesca deve fare i conti con un padre padrone che la picchia e umilia e una madre passiva che non la difende. Anche Anna ha un rapporto difficile con il padre, spesso assente e impegnato in attività dubbie, una madre rassegnata e un fratello più grande, Alessio (Michele Riondino), che cerca di fare quello che può per tamponare la mancanza del genitore. Alessio lavora in acciaieria, come gran parte delle persone che abitano a Piombino, e dopo alcuni anni ritrova la fidanzata di un tempo Elena (Vittoria Puccini), tornata dopo l'università a lavorare alle acciaierie Lucchini.

Per il suo ritorno al lungometraggio Mordini decide di trasporre il romanzo omonimo di Silvia Avallone perché, come dice, gli permette di trattare una serie di problematiche - in parte già presenti nel suo primo lungometraggio, Provincia meccanica (2005) - esemplari del periodo che stiamo vivendo: lo smarrimento delle giovani generazioni, il problema del lavoro e della vita in fabbrica, la comune difficoltà di immaginare un futuro. Mordini tratta di questi temi operando due cambiamenti fondamentali rispetto al libro. Il primo è lo spostamento delle vicende ai giorni nostri, che come sottolinea Avallone ha prodotto una riflessione interessante su quelle che erano certe aspettative: “il romanzo era ambientato nel 2001, là dove una fase storica stava cominciando, mentre il film riprende quella fase ai giorni nostri, esattamente alla fine (...) Nel romanzo c'erano delle illusioni rispetto al lavoro e alla vita in generale spesso sbagliate che ci hanno portato qui dove siamo oggi”. Il secondo è il concentrare maggiormente l'attenzione sulle due ragazze, sintetizzando o eliminando alcune linee narrative, riflettendo sull'adolescenza, momento difficile, ma, come sottolinea il regista, pieno di potenzialità ed energia. L'estate di Anna e Francesca scorre tra le preoccupazioni e le aspettative tipiche della loro età, la voglia di indipendenza, i primi approcci con i ragazzi, la scelta della scuola in cui continuare gli studi. Il loro legame è particolarmente stretto ed esclusivo, spesso sono isolate dai coetanei e si incontrano in una rimessa vicino al mare, unico posto in cui possono passare serenamente il tempo senza doversi preoccupare delle famiglie e del mondo che le circonda. Qui parlano del futuro che le aspetta, del diventare adulte, del loro rapporto, si scambiano promesse. Silvia Avallone, sempre a proposito dello scarto temporale tra il suo romanzo e il film, parla della differenza nelle aspettative di Anna e Francesca, dell'assenza rispetto al libro "di certe aspirazioni, di certe scorciatoie, di certi miti televisivi per sfuggire alla provincia". Sono passati insomma i tempi di adolescenti come quella interpretata da Nicoletta Romanoff in Ricordati di me di Gabriele Muccino (2003), che puntavano tutto sul loro aspetto per poter diventare famose e vincenti subito. Cambia l'atteggiamento delle ragazze nei confronti del loro futuro perché a cambiare sono le prospettive. In una scena, Francesca legge sul giornale che le nuove generazioni nascono con un enorme debito pubblico sulle loro spalle e quando Anna le chiede cosa significa lei risponde che significa che sono già fregate. Perse le illusioni di dieci anni prima, le protagoniste non sanno cosa aspettarsi dal futuro, ma hanno la loro amicizia, vero centro di gravità per entrambe, così importante che quando viene meno genera un vero e proprio sbandamento, soprattutto in Francesca.

Stefano Mordini le segue nei loro spostamenti, dentro le loro case, nei lunghi pomeriggi passati nel capanno. Il regista dice che ha voluto mantenere una giusta distanza della macchina da presa dai loro corpi, mostrarle in tutta la loro presenza fisica ma fermandosi a un certo punto senza invadere la loro intimità. Una scelta di messa in scena che permette allo spettatore di osservarle da vicino e di seguirle discretamente. L'altra grande protagonista del film, sia dal punto di vista visivo che narrativo, è l'acciaieria, luogo con il quale direttamente o indirettamente tutti i personaggi devono confrontarsi. Le acciaierie rappresentano la storia del luogo, ci sono da sempre e ci saranno sempre, idea espressa pienamente dalla sequenza di immagini di repertorio verso la fine del film, dopo l'incidente di Alessio, che stanno a dirci che, a prescindere da tutto e tutti, la vita dell'acciaieria va avanti, è qualcosa che sta al di sopra delle tragedie umane. L'acciaieria è anche un punto di riferimento visivo, è presente in gran parte del film, sia quando è mostrata direttamente al suo interno (Mordini ha potuto riprendere gli altiforni grazie alla disponibilità della Lucchini stessa) sia quando è sullo sfondo, come nelle giornate al mare di Anna e Francesca. Anche quando non è visivamente in campo la fabbrica è nei dialoghi e nelle allusioni dei personaggi, non si può prescindere dalla sua presenza. In una scena del film Elena dice ad Alessio che dopo la laurea ha cercato lavoro in molti posti, ma solo la Lucchini ha risposto, e nelle sue parole questo ritorno ha il sapore di qualcosa di inevitabile, come se la fabbrica possedesse una forza contro la quale è difficile opporsi. “Alessio è l'emblema della fabbrica”, così lo definisce Michele Riondino. Certamente Alessio è il personaggio che più di ogni altro è legato alla Lucchini e al suo lavoro, che rappresentano per lui un forte elemento di identità. È solidale con i colleghi, non si risparmia sul lavoro, rivendica la sua appartenenza alla fabbrica (e viceversa) con Elena, e quando il padre torna e critica la sua scelta di fare l'operaio dice che preferisce la sua vita a spaccarsi la schiena piuttosto che una passata a fregare la gente. Mordini definisce il modo di parlare del lavoro nel film rispetto al romanzo "meno connotato ideologicamente, non “urlato”, nel senso che il rapporto con il lavoro è più fragile che nel 2001": così Alessio e tutti gli operai sanno che dalla fabbrica dipende la sopravvivenza loro e delle loro famiglie e cercano di conciliare questa consapevolezza con la necessità di mantenere e difendere i diritti sul lavoro, una situazione estremamente attuale. L'unico luogo posto in contrasto con l'acciaieria è quello di cui parlano spesso Anna e Francesca, un luogo, non così lontano, dove nella loro visione si va in vacanza ed è pieno di famiglie felici, l'Isola d'Elba. Un posto in cui le protagoniste vogliono andare per poter entrare in contatto con una realtà differente e forse trovare anche delle alternative alla vita che sembra prospettarsi per loro a Piombino. 

Parlando di Acciaio, Mordini dice di aver fatto un lavoro “piuttosto documentaristico”, affermazione interessante da molti punti di vista e che trova riscontro nelle sue scelte di messa in scena, tanto della vita delle due protagoniste quanto del lavoro all'interno dell'acciaieria. In Acciaio la presenza del regista è molto discreta (ma non assente), lascia spazio ai personaggi e all'evoluzione delle loro vicende, li accompagna attraverso un percorso. Una grande differenza rispetto allo stile un po' greve di Provincia meccanica, probabilmente dovuta al proseguimento da parte di Mordini dell'attività di documentarista. Negli anni che separano i due film ha girato, tra gli altri, il documentario Come mio padre (2009), che presenta molti spunti di riflessione sulla famiglia validi anche per la rappresentazione che ne viene fatta in Acciaio. Anche in ragione di questo registro stilistico, il film sembra scorrere tranquillamente, senza scossoni, presentando tuttavia, in alcuni momenti, spunti di riflessione su problemi estremamente attuali in modo tutt'altro che banale.

Titolo originale: Acciaio; Regia: Stefano Mordini; Sceneggiatura: Giulia Calenda, Stefano Mordini, Silvia Avallone; Fotografia: Marco Onorato; Montaggio: Jacopo Quadri, Marco Spoletini; Scenografia: Luciano Ricceri; Costumi: Ursula Patzak; Musiche: Andrea Mariano; Produzione: Palomar Television & Film Production, Rai Cinema; Distribuzione: Bolero Film; Durata: 95 min.; Origine: Italia, 2012

 


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