Eli Roth
Hotel: Part II
di Christian Olivo
Tre giovani studentesse americane in viaggio nel vecchio continente stanno trascorrendo un'estate a Roma con l'intento di studiare arte. Un giorno vengono invitate da una ragazza brillante e raffinata, conosciuta a scuola, a passare un weekend in un'esotica località fra terme naturali e altri lussi per rilassarsi, rinvigorirsi e rafforzare i legami tra loro. Dietro l'invito però si cela uno spietato piano per sequestrare le malcapitate e portarle negli oscuri anfratti di un ostello diviso in varie stanze della tortura e affollato di facoltosi clienti, che per alleviare il proprio tedio si dilettano a stuprare e a torturare gli avventori.
Quale migliore stagione per proporre uno scervellato (è proprio il caso di dirlo) horror che almeno in quanto a sangue e grandguignol non potrà che fare la gioia di teenager e di quanti hanno amato i generi gore e splatter negli anni Ottanta, e cioè quella vecchia schiera di fan che "ah-ce-ne-fossero-ancora-di-film-così"? Per tutti gli altri, nelle seppur deserte sale di metà luglio, non c'è posto. Perché Hostel: Part II nasce e muore con le suddette categorie di spettatori, quelle pronte a difendere a spada tratta un film che non ha nulla da offrire a livello di trama, poiché si parte dal finale del capitolo precedente per… ritrovarsi nel medesimo film! Con la sola differenza che a farla da padrone sulla scena ci sono delle bellezze mozzafiato pronte a fagocitare ben presto gli ultimi sussulti di attività cerebrale estiva anestetizzandoli per 90 minuti, e gettare così fumo negli occhi con un materiale che a livello visivo - ammettiamolo - è davvero potente. Perché Eli Roth è lungi dall'essere il trentenne viziatello che dapprima cerca l'appoggio lynchiano per il suo pregevole ma sgraziato esordio, Cabin Fever, per poi accaparrarsi le simpatie di un altro appassionato di cotanto cinema, il buon Tarantino, dal quale si fa presentare Hostel e infine co-produrre il sequel in oggetto (oltre a condividere con il vecchio Quentin, in questa stagione cinematografica, la stessa propensione alle "quote rosa"). No, Eli Roth è uno che con la macchina da presa ci sa fare, eccome. Il gusto per l'immagine è straordinario, la tecnica registica raffinata, la fotografia pulita. La presa voyeuristica di cui il ragazzo è effettivamente dotato, poi, impregna ogni singola sequenza, da quella softcore a quella splatter. E meno male, perché senza tali pregi questo film non varrebbe neppure il prezzo del biglietto il lunedì sera. Hostel: Part II ha il medesimo, enorme difetto del predecessore: non c'è tensione alcuna. Certo, c'è la classica suspense su chi morirà per primo o su quale strumento verrà utilizzato, ma ciò che manca è una vera e propria sceneggiatura (trenta minuti per sviluppare un personaggio quasi monodimensionale paiono effettivamente troppi, senza contare l'interminabile parte centrale che mette a dura prova anche la pazienza dello spettatore più scafato).
Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, visto che si tratta della stessa penuria imputabile a Saw III (e dalle prime indiscrezioni neppure Saw IV sembra discostarsi troppo) e a un'interminabile lista di horror di ultima generazione. E nulla di ispirato o di lontanamente accattivante, se non i tre camei - un citazionismo che mai come in questo caso è adeguato definire tarantiniano - offerti da tre vecchie conoscenze del cinema di genere nostrano: Edwige Fenech, starlette e sogno erotico dichiarato di qualsiasi maschio italico negli anni 70, oggi produttrice dal fiuto sopraffino; Luc Merenda, francese ma di adozione cinematografica tutta italiana, con alle spalle un'invidiabile carriera nei cult del "poliziottesco"; e infine Ruggero Deodato, il celeberrimo regista di Cannibal Holocaust (di cui si vociferano un seguito e un remake americano: si salvi chi può!), che - manco a dirlo - per la legge del trapasso finirà per deliziarsi (e deliziarci) con un succulento bocconcino. Chi aspettava l'Italia tanto citata come pretesto narrativo rimarrà deluso: il tutto si esaurisce in una manciata di sequenze iniziali, per poi dar spazio, ancora una volta, alla più stimolante Slovacchia, mai così cupa, desolata e sanguinaria. Cosa resta di tutto questo? Un ammasso di resti umani e i cervelli in fase di essiccazione degli spettatori. Superfluo.
HOTEL: PART II
(Usa, 2007)
Regia
Eli Roth
Sceneggiatura
Eli Roth
Montaggio
George Folsey Jr., Brad E. Wilhite
Fotografia
Milan Chadima
Musica
Nathan Barr
Durata
93 min