Mira Nair
Il destino nel nome
di Eva Maria Ricciuti
La prima, ardua, prova che si affronta nel diventare genitori è la scelta del nome da imporre al nascituro. Nel mondo occidentale siamo abituati a pensare che il nome scelto accompagnerà il piccolo per tutta la sua vita, pertanto la scelta è oggetto di discussione sin dai primi mesi della gravidanza. Non in tutto il mondo è così. In India, ad esempio, un bambino può vivere senza nome anche per diversi anni, sino a quando cioè la nonna materna non decida qual è il nome più adatto al nipote. Nel periodo di passaggio, il piccolo verrà chiamato con un vezzeggiativo, che lascerà il posto al vero e proprio nome con lo svolgersi della cerimonia dell'imposizione del nome. Dunque, ricapitolando: nel mondo occidentale, in America ad esempio, il nome viene scelto dai genitori e registrato al momento nella nascita; in India, invece, il nome viene scelto dalla nonna materna solo dopo che l'identità del piccolo si sia in qualche modo definita. Diverse culture, diversi costumi. Ma cosa avverrebbe se i neo-genitori fossero proprio indiani immigrati negli Stati Uniti, divisi tra la voglia di rispettare le tradizioni della propria cultura e l'esigenza di adeguarsi alle leggi del loro nuovo paese?
Mira Nair, nel suo ultimo lavoro Il destino nel nome, con un tocco delicato e velato di tenera ironia, ci mostra come a volte da situazioni simili possano nascere compromessi bizzarri, facendo chiamare dai sui protagonisti Ashima e Ashoke - coppia bengalese appena trasferitasi da Calcutta a NewYork - il loro primogenito, il primo nato della nuova generazione, Gogol. Gogol Ganguli, per l'esattezza. Ed è proprio dall'imposizione di questo buffo nome, che nell'immaginario dei genitori il piccolo avrebbe poi potuto cambiare in futuro secondo le indicazioni della nonna (tanto in America si può cambiare, basta pagare), che prende le mosse la vicenda. Il destino di cui si parla nel titolo, però, non è quello del piccolo Gogol (la cui vita sarà segnata e scandita dall'orgoglio di un nome unico nell'infanzia, poi dal rifiuto dell'essere "speciale" e poco americano durante l'adolescenza, e infine dalla riconquista dell'identità e dalla fierezza delle proprie origini nella maturità), ma quello che ha portato il padre a scegliere proprio quel nome, che è insieme carico di significati intimi per lui e buffo per il mondo intero. Sviluppandosi nell'arco di circa un trentennio, la pellicola ci racconta la vita quotidiana e le quotidiane difficoltà di questa coppia di bengalesi trapiantati a New York, dal trauma del passaggio dal calore di Calcutta al rigido clima del Queens alle differenti abitudini di vita, alla solitudine della lontananza di una famiglia che per tradizione è famiglia allargata, dalla nascita del primo figlio (Gogol) alla morte di uno dei due. Un'esistenza, quella di Ashima e Ashoke, divisa tra la voglia di mantenere vivo il legame con la terra di origine, l'esigenza di adattarsi alla realtà locale e la delusione del rifiuto delle proprie origini da parte dei figli, che si sentono (e lo sono per nascita e cultura) americani veri.
Una parabola perfettamente descritta con alternanza di ironia, commedia e tragedia, con il sapiente tocco che contraddistingue la Nair nel gestire numerosi personaggi e un coloratissimo universo popolato da una miriade di comparse che si muovono sullo schermo con un'armonia naturale che non sfocia mai nel coreografato artefatto. Il destino nel nome è una storia semplice, la storia della scoperta di un nuovo mondo e della riscoperta del nostro, lo sforzo nella comprensione di ciò che vive e pulsa intorno a noi e la rivalutazione di ciò che è dentro di noi. Una scoperta in cui i significati si moltiplicano e tutto può apparire in modo diverso se guardato dalla giusta prospettiva. Un film gradevole nel quale si moltiplicano i sottotesti e le performance degli attori, misurate e pudiche, esplicano perfettamente un modo di vivere altro dal nostro, dove il rispetto, la misura e la compostezza non significano rigidità e arretratezza, ma armonia e gioia di un sorriso, l'amore coniugale espresso con la carezza di uno sguardo.
Un mondo sussurrato. Un mondo descritto delicatamente e non volgarmente spiattellato. Una rarità di grandissimo valore in una realtà di cinema che sempre più spesso, invece, è urlato e sparato
IL DESTINO NEL NOME
(India, Usa, 2006)
Regia
Mira Nair
Sceneggiatura
Sooni Taraporevala
Montaggio
Allyson Johnson
Fotografia
Frederick Elmes
Musica
Nitin Sawhney
Durata
122 min