Neri Parenti
Natale a Miami
di Roberto Castrogiovanni
Il film inizia con una videochiamata. Alla videochiamata segue un sms. Entrambi gli espedienti sono utilizzati per comunicare ai protagonisti del film, i sempiterni Boldi-De Sica (abbiamo sempre creduto si trattasse di un'unica entità: come faranno adesso a separarsi?), di essere stati abbandonati dalle rispettive mogli. Non potrebbe esserci un manifesto poetico più esplicito. Il nuovo cinetormentone natalizio di Neri Parenti ormai si dirige oltre la barriera del televisivo per giungere direttamente nella sfera del videotelefonico. Natale a Miami non sfigurerebbe affatto in formato portatile, pronto per essere degustato, con la nuova Playstation o con un telefonino di ultima generazione, durante il cenone di Natale, o magari mentre si gioca a tombola. Sfigura invece al cinema, e pure tanto. Del resto, la sigla del film è identica al sottofondo musicale della pubblicità Tim, dove, come se non bastasse, compare anche il nostro Christian De Sica. E durante la visione del film si ha come l'impressione che tra le bianche spiagge di Miami debba comparire da un momento all'altro Adriana Lima. Al suo posto, invece, troviamo l'ennesima top model, Vanessa Hessler, ma va bene lo stesso. Anche l'integrazione del cast con esponenti della "Mtv generation", i popolari vj Francesco Mandelli e Paolo Ruffini, è funzionale al perseguimento dell'estetica da videoclip. Coerentemente con questa scelta, stavolta non compaiono tra gli interpreti vip televisivi (con l'eccezione della new entry Massimo Ghini, che appartiene di più al cinema).

Tanti indizi per un'esplicita dichiarazione di poetica. La mancanza di una trama a lungo termine, la durata infinitesimale dei segmenti narrativi, l'assenza di trasformazioni emotive nei personaggi (in una frazione di secondo si passa dalla depressione post-abbandono all'euforia vacanziera), il riciclo di situazioni comiche ingiallite, riconoscibili anche dai più distratti (la coscienza di De Sica scissa tra l'angioletto e il diavoletto ad esempio), la totale mancanza di definizione del contesto (a Miami non si sente neanche una parola di inglese), le gag telefonatissime (pardon, videotelefonatissime): è tutto studiato, cosa credete? Preparare un cinepanettone è una cosa seria. Si tratta di uno dei generi più inossidabili del cinema italiano (forse l'unico rimasto ancora in vita), un filone seriale e autorigenerante, un cinepacco confezionato a tavolino con gli strumenti del marketing.

Per risultare anche quest'anno campioni d'incassi, e scalzare nientemeno che il colosso King Kong dal podio di film più visto durante le feste, ci vogliono solidi argomenti. E in Natale a Miami si ricorre a un tema eterno, presente sin dagli albori nelle rappresentazioni del mondo greco e romano: il fallo. Il film è una continua esaltazione priapea, un florilegio di doppi sensi, allusioni molto poco velate, ammiccamenti in cui il membro maschile è l'unico perno fisso. Piantato nella sabbia, incastrato in un apparecchio per i denti, morso da una pianta carnivora e da un dobermann, cucinato e mangiato da un serial killer (!), sgradevole scoperta sotto le vesti di un gruppo di transessuali, continuamente toccato, invocato ed evocato: il fallocentrismo di Natale a Miami (e la conseguente eclissi delle figure femminili) rasenta il patologico e farebbe la felicità di un qualunque psicanalista freudiano.

Cambiare tutto per non cambiare niente, questa è la filosofia del cinepanettone.
NATALE A MIAMI
(Italia, 2005)
Regia
Neri Parenti
Sceneggiatura
Marco Martani, Fausto Brizzi, Neri Parenti
Montaggio
Luca Montanari
Fotografia
Tani Canevari
Durata
100 min