Pedro Almodóvar
Volver
di Massimo Pornale
Gli occhi delle donne, i loro segreti più intimi e la forza generatrice di un potere femmineo: questo è il cuore pulsante del nuovo film di Pedro Almodòvar, Volver. I quartieri popolari di Madrid, animati da donne "neorealiste" che irradiano fulgore da ogni loro gesto, e le ventose e magiche strade della Mancha, fanno da cornice alla storia tutta al femminile dell'ultima fatica del regista spagnolo. Le donne di Pedro sono uniche, solo lui riesce a catturarne l'essenza più intima, a liberarne lo spirito più puro: e come spesso accade nei suoi film, è l'utero materno a rappresentare quell'universo di vita che scatena la realtà oggettiva, dominandola. Solidarietà e passione i sentimenti che guidano i suoi personaggi.
La malattia di un'anziana e malata zia riporta le sorelle Raimunda e Sole in una surreale La Mancha, permeata da un senso della famiglia radicato nelle tradizioni ispaniche e una superstizione tanto popolare quanto "vera". L'incontro con Augustine, l'amica di infanzia delle due sorelle, che fino all'ultimo ha curato la zia, rievoca nelle loro menti l'atroce fine dei genitori, vittime anni prima di uno strano incendio. L'intreccio si infittisce quando la figlia di Raimunda, per difendersi dalle minacciose attenzioni paterne, accoltella accidentalmente il padre, sporcando definitivamente con il sangue le loro quotidianità. Come se non bastasse, la morte della zia provoca nel paese di origine una serie di particolari avvistamenti: molte persone, infatti, dicono di aver percepito in diverse occasioni la presenza della madre delle due donne, Irene. La quale, animata dal grande talento di Carmen Maura, s'insinuerà nella vita delle due, provocando in esse più di un tormento sul senso spirituale ed il significato del suo ritorno. Dovranno investire tutte le loro forze per districarsi nei molti colpi di scena che le attenderanno, in un film che mescola sapientemente registri e generi, che spiazza e colpisce allo stomaco. Ma alla fine il cerchio si chiuderà e la morte tornerà a suggellare nuovamente l'intensa unione matrilineare della famiglia.
Ancora una volta Almodòvar, con la grazia di cui è maestro, dipinge i lineamenti di una Spagna intima, popolare e mistica. Viene quasi spontaneo riflettere sul modo in cui la macchina da presa interagisca con la scena: è come se fosse lo stesso regista a scrutare metafisicamente, con inquadrature dall'alto, le sue protagoniste, come se incarnasse egli stesso una presenza spirituale. Lo sguardo superiore di chi sa, ma non giudica mai, fotografando la vita nella sua più incredibile e spietata spontaneità, come le mani di Raimunda che lava i piatti o un coltello insanguinato, o come le donne agghindate a lutto che si contendono comicamente le condoglianze di Soledad. E lo fa grazie anche all'esplosiva verve di una Penelope Cruz in stato di grazia: trasformata dal trucco nella moderna Magnani (citata direttamente attraverso una scena di Bellissima in tv), l'attrice sembra fiorire scena dopo scena. Le sue movenze, i suoi sguardi e i sorrisi, la sua bellezza tipicamente ispanica e l'insistenza dell'obbiettivo sulle sue giunoniche curve, stigmatizzano Raimunda come un'icona d'altri tempi, radicata in un'esistenza tormentata, ma reale, di madre, sorella, figlia e donna. È tutto il cast, d'altronde, a far brillare questa pellicola, in un'opera corale che sembra guardare al passato: generazioni di donne a confronto, che nascondono stoicamente nel cuore i segreti più atroci, ma che, quando questi vengono svelati, restano comunque sempre in piedi, come presenze coraggiose e sagge. E Almodòvar le corteggia, le fa volare sulle parole di una sceneggiatura appassionata e sulle note delle splendide musiche di Alberto Iglesias, per poi infine restituire loro la pace che meritano, tra le finestre e il vento della loro infanzia perduta.
Ma Volver è anche una meditazione sull'esistenza e sulla morte, intesa come un rito collettivo da consumare insieme, da condividere nel dolore e, infine, nella sua catarsi. La fine non è mai davvero tale in questo film, ed anche quando questa sopraggiunge, la forza inesauribile dei legami darà nuova vita a ciò che non c'è più. Un'eruzione di sensi ammalia lo spettatore e lo esalta: il cibo, la musica, gli odori, la sensualità, i colori, sono tutti elementi che Almodòvar sa cucire sulla pelle delle proprie opere in maniera tanto perfetta, quanto leggera e penetrabile.
Così, anche quando la vita si fa spietata, basta una canzone, "Volver", a far tornare il sorriso sugli occhi struccati dalle lacrime di Raimunda.
VOLVER
(Spagna, 2006)
Regia
Pedro Almodóvar
Sceneggiatura
Pedro Almodóvar
Montaggio
José Salcedo
Fotografia
Jose Luis Alcaine
Musica
Alberto Iglesias
Durata
121 min