Philippe Garrel
Les amants réguliers
di Marzia Gallo
Philippe Garrel, l'ex allievo di Truffaut e Godard, realizza con Les amants réguliers un film bello e pungente, facendo rivivere sugli schermi "le joli mai" in tutte le sue contraddizioni. I suoi protagonisti sono: studenti, perché il principale teatro degli eventi fu la scuola, e in particolare il mondo universitario; agitatori, perché tutta la loro azione ebbe come principale nemico l'immobilità, l'indifferenza, la mancanza di sogni e generosità; visionari perché quella fu l'epoca in cui proprio l'agitazione produsse le visioni più diverse: sull'amore, sulla felicità, sulla famiglia, sulla giustizia, sull'espressione, e naturalmente sulla politica, che passo dopo passo arrivò a dominare la scena credendo di poter inglobare tutto il resto, digerendolo sotto forma di teoria. Fu un decennio di grandi parole, difficili da frenare con divieti e censure. Ma prima di tutto Les amants réguliers è un film d'amore e sull'amore, nel suo senso più ampio. Solo che le storie d'amore acquistano risonanze diverse a seconda del contesto in cui sono calate.
Il film ci porta nella Parigi ardente di attivismo politico, una Parigi che sogna pace, amore e (contro)cultura per tutti. La storia segue l'iniziazione ideologica e amorosa di un giovane poeta romantico, e si suddivide in due grossi capitoli. È solamente nel primo, tuttavia, che si rintracciano in modo diretto i sintomi del '68: la militanza, le barricate, la repressione e la violenza. Si comincia con gli scontri e le barricate, che Garrel gira come se dipingesse un quadro: inquadrature fisse, lunghe, che lasciano per lo più al sonoro la descrizione di quanto avviene fuori campo, mentre i giovani rivoluzionari rimangono minuti interi accovacciati dietro le auto rovesciate o le collinette di pietre strappate alle strade. È lì, in questo tempo perduto tra le nebbie della memoria, ma sempre vivo e pronto a riemergere, che nasce l'amore fra i protagonisti. Lui, François (interpretato dal figlio del regista), poeta squattrinato e perso nelle sua difficile condizione morale ed economica, lei, Lilie, aspirante scultrice. È l'arte nelle sue diverse forme che in qualche modo unisce i due, insieme a quel mondo che scoppia di tormento e orrori, quello contro cui si lotta. Nelle due ore successive, la giovane coppia si barrica in una casa insieme ad altri giovani più o meno amici e più o meno "balordi", chiudendosi nella deriva e nella perdizione d'animo che quel tempo e quei giorni imponevano. Si fermano, come fosse una reazione diversa a qualcosa che non andava, un'alienazione ribelle. E allora tra continue fumate d'oppio ed estenuanti discussioni filosofiche, la storia d'amore procede, finchè la ragazza, chiusa in quella sua profonda ricerca esistenziale, in quella sorta di comune sessantottina ristretta, decide di seguire a New York un affermato pittore per cui lavora come modella, il quale le promette di lanciarla nel mondo dell'arte, quello tanto desiderato. Il giovane sprofonda nella solitudine più nera e, disperato, medita il suicidio. La malinconia e il senso incombente della fine coprono la memoria della ribellione.
Il film assume le sembianze di un canto di morte alla memoria dei ragazzi che sognarono in quei giorni la rivoluzione e poi pagarono sulla propria pelle la colpa di aver chiesto l'impossibile. Il prodotto è ricercato e girato con una coerenza stilistica rigorosa, dura e impostata, ma a tratti anche anarchica e illuminante, e la scelta dell'uso del bianco e nero è particolarmente d'effetto, tanto da fungere come naturale e diretto portale ai continui flashback sulla visione di un passato neanche troppo lontano. Per Garrel, sembrerebbe l'amore l'unico antidoto. Quel sentimento caro e ossessivo che un altro grande regista francese, Truffaut, definiva "il soggetto dei soggetti", il protagonista ombra di tutti i racconti possibili. Quell'amore che partendo dai segni della vita, non vuole verosimiglianza, ma preferisce nutrirsi di eccesso e follia, che lava le ferite di una sconfitta politica poco argomentata e nutre le anime complesse di giovani bellissimi. E che non può far altro che arrendersi all'oppio per cancellare la visione di una vita rubata.
LES AMANTS RÉGULIERS
(Francia/Italia, 2005)
Regia
Philippe Garrel
Sceneggiatura
Marc Cholodenko, Philippe Garrel, Arlette Langmann
Montaggio
Françoise Collin
Fotografia
William Lubtchansky
Musica
Jean-Claude Vannier
Durata
178 min