Nanni Moretti
Il Caimano
di Alberto Gallo
L'ultima fatica di Nanni Moretti, Il Caimano, è un'opera veramente scioccante. Da un punto di vista prettamente cinematografico, non si tratta di un film particolarmente riuscito, né particolarmente interessante e originale. La regia è invisibile, e questo non è un difetto, la recitazione dei protagonisti è misurata ed efficace, ma la sceneggiatura è spesso piatta e prevedibile, i personaggi sono poco approfonditi e, come nel caso della pur brava protagonista Jasmine Trinca, persino un po' banali. Talvolta non si sa bene dove il film voglia andare a parare: è un film su Berlusconi? È un film sulle difficoltà che si incontrano nel fare un film su Berlusconi in Italia (e dove, altrimenti)? O è forse un film su due persone che, semplicemente, cercano di girare un film, nonostante mille traversie (inesperienza, mancanza di fondi, scarso appoggio da parte delle istituzioni)? Il Caimano, però, potrebbe anche essere letto come un'opera che parla della decadenza, professionale e personale, di un uomo ormai maturo, in contrasto con l'ascesa di una giovane e determinata ragazza che cerca di sfondare con entusiasmo nel mondo del cinema. Il film, forse, è tutto questo e molto altro. Alcune scene sono inutili, altre persino di cattivo gusto (i b-movies italiani degli anni '70, nonostante le recenti rivalutazioni, sono opere troppo scadenti per poter essere prese in giro: come si può fare il verso a un genere che già di per sé era un'involontaria autoparodia?), ma, in generale, si può dire che il film viaggi per un'ora e mezza, pur tra gag poco divertenti e scene strappalacrime, su un buon livello. Niente di più, niente di meno.
Ciò che però veramente conta, ne Il Caimano, è l'ultimo quarto d'ora, agghiacciante e sorprendente lezione di cinema e, direi, di storia. In poche parole: vedere Nanni Moretti che interpreta la parte di Berlusconi è qualcosa che si avvicina molto a ciò che Freud chiamò "il perturbante". Come le migliori scene finali dei migliori film di Hitchcock, gli ultimi 15 minuti de Il Caimano rappresentano un finale inaspettato, scioccante, eppure perfettamente plausibile, anzi quasi necessario. Ciò che sconvolge, nell'interpretazione che il regista e attore romano dà di Berlusconi, è la totale assenza di ironia, di parodia, ma anche di immedesimazione, di mimesis: Moretti non si è tagliato la barba, non ha cambiato pettinatura, non ha assunto l'accento brianzolo né il tipico mezzo sorrisetto del nostro (ormai ex) Presidente del Consiglio. In questa interpretazione c'è solo dramma, tragedia, un'assoluta e inquietante serietà. Sembra che Moretti creda davvero in ciò che dice, ovvero nelle parole di Berlusconi, parole spietate, inverosimili, più cinematografiche di una sceneggiatura hollywoodiana. Si scaglia contro la sinistra e contro la giustizia con un odio senza paragoni, memore soltanto dei propri scopi, delle proprie sofferenze e dei propri trionfi.

Parafrasando lo stesso Moretti, si può affermare che in questo film non venga detto nulla "di sinistra": non è un film da propaganda elettorale, né uno spot per l'Unione, ma è un'opera che, nei suoi momenti migliori, parla di un solo uomo, di ciò che ha fatto e di ciò che ancora sta facendo al nostro Paese. Berlusconi non è simbolo né metafora di niente, se non di se stesso: non è un male necessario, non è frutto di un determinato periodo storico, e non è nemmeno considerabile come la punta di un iceberg che alcuni potrebbero identificare con la politica o la società italiana di fine '900: Berlusconi è un cancro maligno. Il suo dio è il denaro, e i mezzi per ottenerlo sono molteplici: la corruzione, il mondo dei mass media (spaventosa la scena in cui il Caimano è circondato da migliaia di lettere di "massaie" che lo ringraziano per aver migliorato la loro vita con le sue televisioni), gli appalti truccati, e, naturalmente, la politica. Questo film non dice nulla "di sinistra" per il semplice fatto che non ce n'è bisogno. Non è affatto necessario essere comunisti per rendersi conto della pericolosità di Berlusconi: basta possedere una cultura minima, basta prestare un'attenzione, anche superficiale, a ciò che accade nel mondo che ci circonda, basta non avere pregiudizi ideologici. Il partito del Caimano è il partito dell'ignoranza, della disinformazione, dell'intontimento televisivo, e non ha niente a che vedere con la vera destra, che in Italia, nonostante tutto, è ancora rappresentata da politici seri e degni di stima: la faccia di Fini durante il "monologo del kapò" tenuto da Berlusconi al Parlamento Europeo (scena presente nel film di Moretti) la dice lunga su come la pensino i veri politici italiani riguardo l'uomo venuto da Arcore.
Ma torniamo all'ultima scena del film: il Caimano è sotto processo per una delle sue innumerevoli malefatte. Accusa i giudici di essere comunisti e di attentare alla democrazia, e aizza irresponsabilmente contro di loro le persone che si trovano in quel momento di fronte al tribunale. I fischi e gli insulti rivolti dal popolo nei confronti dei magistrati si trasformano rapidamente in lanci di oggetti e di improvvisate bombe incendiarie. Berlusconi si allontana in macchina dal Palazzo di Giustizia, lasciando dietro di sé quella che ormai si è trasformata in una piccola guerriglia urbana. L'interpretazione di Moretti è assolutamente perfetta, drammatica, inquietante: Moretti diventa, si fa Berlusconi, e lo fa nel modo più convincente, ovvero rimanendo se stesso. Quella che vediamo sullo schermo non è l'ennesima imitazione di Berlusconi: è il daimon del Caimano che ha preso luogo nel corpo di Moretti, rendendolo, pur diversissimo, assolutamente identico a sé. La bellissima e drammatica musica che commenta gli ultimi minuti del film continua durante i titoli di coda, accompagnando lo spettatore fuori dalla sala cinematografica. Il messaggio è chiaro: Il Caimano è finito, il Caimano no. Non ancora.
IL CAIMANO
(Italia, 2006)
Regia
Nanni Moretti
Sceneggiatura
Nanni Moretti, Federica Pontremoli, Francesco Piccolo
Montaggio
Esmeralda Calabria
Fotografia
Arnaldo Catinari
Musica
Franco Piersanti
Durata
112 min