Joel Coen
Prima ti sposo, poi ti rovino
di Andrea Castelli
"Tutto ciò che accade nella vita è frutto di compromessi; la soddisfazione personale dipende dalla sagacia e dall'intelligenza usate per perseguire i propri obiettivi". Questa frase, pronunciata da uno svogliato George Clooney durante una noiosa causa tra due anziani coniugi, racchiude la concezione che i fratelli Coen hanno del proprio lavoro e del rapporto instaurato con l'industria hollywoodiana; un rapporto fatto di amore e odio, o meglio, di amore e gioco: scopo dei due cineasti americani è, infatti, da sempre quello di omaggiare, scardinare e reinventare i generi tipici del cinema americano (il gangster movie di Crocevia della morte, il noir di Fargo e L'uomo che non c'era, la commedia di Mister Hula Hoop) riutilizzandone stili, atmosfere e personaggi in modo sempre personale, inventivo e originale; tutto questo processo è innegabilmente mosso anche appunto da una componente ludica.
Anche questa volta Joel ed Ethan (come sempre rispettivamente regista e sceneggiatore, anche se i loro ruoli sono praticamente intercambiabili) affrontano la commedia, e in particolare la screwball comedy, resa celebre da capolavori quali Scandalo a Filadelfia di Cukor, Susanna di Hawks, Mancia competente di Lubitsch. I Coen non tradiscono quello che è sempre stato il motivo portante della commedia classica, il tema del matrimonio, ma lo aggiornano ai tempi che corrono: le nozze non sono più il coronamento del rapporto spesso tormentato e conflittuale tra un uomo e una donna (pensiamo ad esempio ai fantastici duetti Grant-Hepburn), ma piuttosto un contratto che non prevede coinvolgimento sentimentale, ma al contrario è finalizzato unicamente ad acquisire con astuzia vantaggi economici. Ciononostante, in questo caso i due autori, oltre che al cinema, sembrano guardare alla realtà offrendo un affresco tagliente e insieme realistico (la stessa Catherine Zeta-Jones ha stipulato un accordo pre-matrimoniale con l'attuale marito Michael Douglas) della società americana. Come in tutti i loro film la realtà rappresentata è dominata da cinismo e violenza e il loro è uno sguardo 'scientifico' che non prova indulgenza o compassione per alcun personaggio.
Il meccanismo funziona alla perfezione, gli spettatori non si annoiano un solo momento e come già ne Il grande Lebowski alcune scene strappano davvero l'applauso (una per tutte, la morte di Joe Fischietto). In questo senso Intolerable cruelty rappresenta probabilmente uno dei più riusciti tentativi di fondere un cinema di grandi incassi con un cinema d'autore (paragonabile in ciò ad opere quali Truman show o all'ultimo Spielberg): la finalità commerciale è confermata anche dal titolo italiano Prima ti sposo, poi ti rovino, con cui il distributore ha inteso collocare il film nel filone della commedia sentimentale. Tuttavia la ricerca di un cinema commerciale è forse anche la ragione per cui il discorso appare questa volta più superficiale rispetto ad altre prove dei due autori, pensiamo ad esempio al raggelato Fargo o al complessissimo L'uomo che non c'era, che rappresentano finora le opere qualitativamente migliori nella già ammirevole filmografia dei Coen. Da segnalare, infine, i bellissimi titoli di testa animati dal gusto retrò che valgono da soli il prezzo del biglietto ed il titolo azzeccatissimo, come al solito ridicolmente snaturato nella versione italiana.
PRIMA TI SPOSO, POI TI ROVINO
(Usa, 2003)
Regia
Joel Coen
Sceneggiatura
Robert Ramsey, Matthew Stone, Ethan Coen, Joel Coen
Montaggio
Joel Coen, Ethan Coen
Fotografia
Roger Deakins
Musica
Carter Burwell
Durata
100 min