Domenico De Gaetano - Mediateca Del Cinema Indipendente Italiano
Effettonotte prosegue nel suo percorso di scoperta della Torino del cinema incontrando Domenico De Gaetano, della Mediateca del Cinema Indipendente.
Allora Domenico, la vostra è una realtà attiva da diversi anni nel panorama torinese. Quale l'origine del vostro progetto e le sue finalità?
Si tratta di un progetto nato nel 1992 e inserito in una serie di iniziative che stava portando avanti l'Assessorato alla Gioventù della Città di Torino. Tutto ruotava attorno all'idea di un archivio del cinema indipendente italiano e a quella che è stata la nostra prima pubblicazione, un catalogo che si intitolava Cinema e Video a Torino. Nel rivolgersi ai giovani, il catalogo raccoglieva tutti coloro che operavano a Torino nell'ambito del cinema, con particolare attenzione professionisti o semiprofessionisti under 35.
Parallelamente partiva l'attività della Mediateca come luogo dove reperire informazioni. I ragazzi venivano qui per scoprire quali maestranze lavoravano a Torino, quali le strutture per la post produzione, i fonici, i direttori della fotografia, ma anche quali erano i festival cui potevano spedire le loro opere. Insomma, una sorta di servizio informazioni per chi voleva fare un film a Torino e poi farlo circolare.
È un po' il lavoro che fa anche la Film Commission.
Naturalmente parte delle nostre peculiarità sono andate a finire nella Film Commission, una struttura indubbiamente più grande, per tutta una serie di motivi politici di cui è inutile parlare. Il fatto però è che loro sono ripartiti da zero. Non gliene fregava nulla della nostra esperienza e hanno costruito un loro archivio ignorando dieci anni di lavoro. Ma questa è una cosa a normale a Torino, dove si tende a non collaborare e mantenere le iniziative distinte le une dalle altre.
Per farti un altro esempio, due anni dopo la nascita del nostro progetto di archivio, l'Aiace ha fondato il CIC, Centro Italiano per il Cortometraggio. Ma scusa che senso ha? Non c'eravamo già noi? Tanto valeva metterci assieme, piuttosto!
Se non sbaglio portate avanti anche progetti formativi?
In questi dieci anni di attività ci siamo resi conto di quanto sia importante fare della formazione e di come i ragazzi abbiano le idee poco chiare riguardo a quelle che potremmo definire le professioni del cinema. Abbiamo avviato una serie di pubblicazioni con l'intento di fornire degli strumenti a questi aspiranti filmaker. Abbiamo pubblicato due testi sul cortometraggio: Come vendere un cortometraggio (Lindau, 1998) una guida a cura di Jan Rofekamp con consigli utili per gli autori e
Come scrivere un cortometraggio (Lindau, 1999) di Pat Cooper e Ken Dancyger, che chiariva le strategie della narrazione fornendo una serie di esercitazioni pratiche.
Poi abbiamo pubblicato In un batter d'occhi (Lindau, 2000) di Walter Murch, in cui l'autore, tra l'altro montatore di Apocalypse Now, presenta fondamenti estetici e problemi pratici legati al montaggio cinematografico. Altri testi che abbiamo pubblicato trattavano la sceneggiatura cinematografica e l'avviamento all'audiovisivo.
Abbiamo anche una collana di tesi di laurea di cui al momento abbiamo pubblicato due testi: una tesi di Cosimo Santoro sul rapporto tra cinema e pittura (Lezioni dal vero. Il cinema dei pittori, 2001) e una di Claudio Cappelletti sul rapporto tra cinema e nuove tecnologie digitali (Il cinema digitale. Nuove visioni dalla settima arte, 2001). Sono testi che distribuiamo gratuitamente a chi interessa e ce li chiede.
In collaborazione con il DAMS avete organizzato I MESTIERI DEL CINEMA, un ciclo di incontri con i professionisti nei quali portavate le maestranze direttamente tra gli studenti. Com'è nata l'idea?
La cosa che abbiamo notato è che in Italia esiste un'infinità di festival cinematografici, quasi uno per ogni città. Qui da noi ad esempio c'è Anteprima Torino, che accetta qualunque cosa, senza discriminare nulla. Ma questo dare la possibilità a chiunque di partecipare mandando qualcosa, crea una serie di aspettative soprattutto in persone che hanno davvero in mente questa strada. Non essendoci scuole di cinema qui a Torino, come fanno questi a capire il modo giusto di lavorare? Se non possono studiare, non possono fare la gavetta, come fanno?
Ecco allora che nasce l'idea di proporre degli incontri con professionisti che hanno voglia di raccontare la loro esperienza, di dire come hanno iniziato. Sono incontri che abbiamo organizzato in collaborazione con il DAMS, sei incontri ogni primavera, che seguono un vero è proprio iter per chi ascolta, toccando di volta in volta i vari mestieri collegati al mondo del cinema. Le lezioni si integrano e completano fra di loro.
Abbiamo iniziato con Silvio Pederzoli dell'Unistudio, poi Claudio Meloni come direttore della fotografia, Giovanni Gebbia come operatore steadycam, Buttafarro come produttore, tutti professionisti che spiegavano il loro mestiere e davano l'occasione ai ragazzi più svegli di creare un contatto e magari proporsi come assistenti alla produzione.
C'è poi stato incontro molto interessante con Roberto Stradella, produttore del Gruppo Cooper che da dieci anni lavora nella pubblicità a Torino, un caso più unico che raro di realtà produttiva molto forte, importante. Stradella non è un personaggio famoso e naturalmente i ragazzi lo guardavano un po' così, comunque ne è venuto fuori una bella chiacchierata. L'ultimo incontro che abbiamo fatto è stato con Peter Greenaway, che era a Torino in cerca di location per il suo prossimo film e la sala era piena.
A settembre uscirà un video e un testo che raccoglieranno tutti questi interventi, insieme ad una breve guida del cinema italiano di Paolo Russo.
Avete già in mente un nuovo ciclo per l'anno prossimo?
Per il prossimo anno abbiamo pensato qualcosa che tratti esclusivamente la fase delle riprese, con tutti quelli che ci lavorano attorno. A distanza di un paio d'anni le cose sono andate bene e i ragazzi sono riusciti bene o male a trovare qualche sbocco. Questo dimostra che siamo sulla strada giusta.
Comunque non facciamo mai molta pubblicità agli incontri anche perché preferiamo che ragazzi li scoprano da sé. Spesso i professionisti che invitiamo non sono abituati a parlare in pubblico del loro lavoro e se c'è poca gente è facile che si rilassino e l'incontro venga meglio.
Se qualcuno avesse in mente una storia da cui trarre un film e fosse in cerca di produttori.
Per quanto riguarda la produzione, strutture come la nostra hanno gli stessi problemi degli enti pubblici, e cioè in quale modo scegliere. Capita che ci siano 150 persone che fanno video e magari sulla carta 50 sono delle belle idee. Chi finanzi allora? Chi scegli? Se scegli sicuramente ti tiri addosso delle critiche.
Il consiglio che diamo agli aspiranti filmaker è di trovarsi un committente, magari il comune o la provincia e mettere insieme la loro idea con quelle che sono le esigenze dell'ente committente, ad esempio ambientando la storia in un luogo che il comune sta cercando di valorizzare.
A Torino ci sono strutture che sono più aperte a collaborazioni di questo genere e noi diamo essenzialmente indirizzi di persone che possano aiutarli e con il tempo devo dire che sono nate delle collaborazioni.
E poi un po' di gavetta bisogna pur farla, non è che dato che esiste la penna bic tutti pensano di esser scrittori. Nel video è un po' così e i giovani dovrebbero mettersi in testa che o hanno un'idea folgorante e la possibilità di farla bene oppure tanto vale aspettare un po' e poi vedere.
E che mi dici di tutte queste iniziative per fare di Torino la città del cinema?
Torino non può essere la città del cinema, ma è la città dei festival. Nessun'altra città italiana ha così tanti festival. Il fatto è che questa non è una domanda che è venuta fuori dal pubblico, ma dagli enti pubblici, che da sempre hanno bisogno di certezze cui destinare i loro soldi, per cui a questo punto è molto difficile far nascere una rassegna che sottolinei altri aspetti. Tutti questi festival trattano sempre lo stesso tema, spesso in maniera poco interessante e sarebbe meglio che ogni anno si chiamassero diversamente, così da dare spazio un po' a tutti.
Per quanto riguarda i film prodotti a Torino, finché non ci saranno produttori radicati nel territorio rimarremo una realtà periferica. La stessa Film Commission fatica così tanto a portare delle produzione a Torino, che poi non ha potere contrattuale per imporre delle maestranze che siano di qui e allora accade che le produzioni vengano a girare con la troppe già al completo.
In fondo a Torino di professionisti ce ne sono, anche se chi può se ne va a Roma e il circuito indipendente che si pensava scardinasse il potere politico oltre che artistico della capitale si è rivelato una bufala. Anche questa scommessa del Virtuality e Multimedia Park che si spera diventi attivo prima che le attrezzature diventino obsolete, è una specie di cattedrale nel deserto.